30/12/09

I BRONZI SLOGGIATI DAL MUSEO IN "CURA" NEL PALAZZO DEGLI INQUISITI

C'è un viavai di gente, a palazzo Campanella, dove sono stati "ricoverati" i Bronzi di Riace per il restauro conservativo: i due giganti distesi sulle barelle, attorno è un continuo affaccendarsi di tecnici, c'è chi scatta foto, chi prende appunti, chi usa il computer.
Mi mescolo alla piccola folla di curiosi e osservo, il cronista d'una vita il vizio non lo perde mai. Guardo i Bronzi schiodati dai loro piedistalli e mi pare di cogliere nei loro sguardi immobili qualcosa d'umano, quasi volessero dire qualcosa, esprimere i loro pensieri, dopo tutto al centro della scena sono loro.
Mi pare di vederli piuttosto scocciati, questa trasferta forzata nel palazzo della politica, che ospita, ancora per qualche mese, il consiglio regionale unanimemente definito il più inquisito d'Italia, non deve averli divertiti.
Certo, ne hanno approfittato un pò tutti per fare passerella, il giorno in cui, con una scenografia degna d'un colossal cinematografico, è avvenuto il trasloco dal Museo per il momento chiuso anche lui per restauro, all'edificio tutto angoli e cubi che ospita il parlamentino calabrese.
Il presidente Bova, mi raccontano, non ha mai smesso di sorridere, quasi a voler fare concorrenza alla ormai nota assessoressa ai piccoli e grandi eventi; è diventato serio quando nel palazzo ha fatto irruzione il sindaco Scopelliti che, per la mole e l'imponenza qualcuno non ha esitato a definire il terzo Bronzo, quello che forse ancora dorme nei fondali dello Jonio.
I due potrebbero essere rivali nella corsa alla presidenza della giunta regionale che Loiero è ben lontano dal voler abbandonare, guai a sottovalutare l'ex parlamentare di non ricordo più quali partiti, che le sue carte se le giocherà, col suo sguardo sornione.
Non solo li hanno costretti ad abbandonare la loro comoda casa di piazza De Nava, non solo li lasceranno chissà quanto tempo distesi mentre tante mani frugheranno sul loro corpo, in aggiunta i malcapitati Bronzi devono anche sorbirsi le chiacchiere dei politici tutti sorrisi in pubblico, pugnalate alla schiena in privato.
Comunque, faccio anche a loro gli auguri di buon anno: quando la "cura" sarà completata potranno tornare, ma non si sa quando, nella loro sede naturale, a meno che qualcuno, se lo scenario politico sarà nel frattempo cambiato, non penserà di mandarli altrove.



25/12/09

IL NATALE DEI CALABRESI NON E' QUELLO CHE CI FA VEDERE LA RAI

Il Natale dei calabresi, nelle sue varie rappresentazioni, non è certamente quello che il tg Rai ci ha presentato in questi giorni, fatto solo di feste, mangiate pantagrueliche, servizi allo zucchero filato, solo sorrisi e tante, tantissime, favole cui la gente ormai non crede più.
I colleghi della sede Rai della nostra regione, alcuni dei quali stimiamo dal punto di vista professionale ed ai quali, tra l'altro, ci lega un rapporto d'antica amicizia, hanno trovato, e ci spiace sottolinearlo, il sistema in questi giorni di festa, ma non per tutti, di eludere la realtà, che è drammatica, per proporci solo l'aspetto eno gastronomico e la sagra dei mille presepi, viventi o no.
Nel momento in cui la crisi fa sentire ancor più i suoi morsi, non è possibile proporre servizi che, sia ben chiaro, servono solo a nascondere sotto il tappeto la polvere di un degrado che si fa ogni giorno più preoccupante. E adesso incombe la campagna elettorale per le regionali con due personaggi, o forse tre, che si daranno battaglia per conquistare la poltrona più ambita a suon di promesse che puntualmente non verranno mantenute.
Certo, ai calabresi, se toccherà scegliere tra Loiero e Scopelliti, sarà un bel problema, sapendo in partenza che dalla padella finiranno direttamente nella brace. Il sindaco più amato dai reggini, come viene definito dai suoi corifei in servizio permanente effettivo, pur rilasciando dichiarazioni a getto continuo, quale che sia l'argomento, e tenendo in pratica una conferenza stampa al giorno, festivi inclusi, ha dimenticato che Reggio è precipitata agli ultimi posti della classifica delle città dove si vive peggio.
Ancora una volta, troveremo nelle liste cariatidi della prima e seconda repubblica, riciclati, assolti o prescritti, gente che dire chiacchierata è far loro un complimento. Poi ci sono le famiglie della mafia, che qualche indicazione, visti alcuni cambi di casacca che si sono registrati in questi giorni, l'hanno già data. E ci saranno, anche stavolta, i loro uomini ad entrare direttamente nell'istituzione principale della Calabria che resta la regione del Paese più militarizzata, più spiata, più sottoposta a pressione da parte degli organi inquirenti. Nei giorni della festa, un invito ai calabresi, ai reggini in particolare: riflettete bene, prima di scegliere, perchè poi non ci sarà più tempo per pentirsi.
Intanto, auguri a tutti quelli che amabilmente in quest'anno hanno seguito il mio blog ed anche a quelli, veramente pochi per fortuna, che non gradiscono, anche se sanno di rappresentare la parte peggiore della nostra società. Sono loro che talvolta ti fanno vergognare di essere calabrese, quando vivi altrove.


19/12/09

SEQUESTRO MEDICI, UN SILENZIO CHE DURA DA 20 ANNI


C’è una donna che, ogni notte, da venti lunghissimi anni, fa lo stesso sogno.
Poco prima che scocchi la mezzanotte, sente qualcuno che bussa alla porta: è uno che ha la chiave di casa, ma che non può usarla, perché da migliaia di giorni è scomparso, come inghiottito dalle tenebre, sparito nel nulla.
E’ uno dei sequestrati che non sono tornati, è Vincenzo Medici, rapito il 21 dicembre del 1989 a Bianco e di cui, come recita l’arida forma dei mattinali di polizia, “non si hanno più notizie”.
Giovanna Ielasi, la moglie, lo rivede col suo sorriso bonario sul faccione rubizzo, ha in mano un enorme fascio di rose.
Era il mestiere suo, quello di coltivare piante e fiori, e anche quella sera, sotto un cielo stellato, era andato in azienda a vedere se tutto fosse a posto, a seguire, quasi tenendo il fiato sospeso, la crescita nelle serre illuminate in quel mare di verde.
Casa e lavoro, famiglia e lavoro: pur non avendo avuto figli, Vincenzo, Enzo per gli amici, e Giovanna erano assai uniti, colmavano questa lacuna riversando ondate d’affetto sui nipoti, i fratelli.
E su un mobile, nella casa silenziosa, dove nessuno quasi mai, da “quel” giorno, apre le finestre, c’è una bella foto a colori, che ritrae Vincenzo Medici (“zio Enzo”) con la nipote Patrizia, figlia del fratello Giulio, l’avvocato, che venne bloccato a Roma all’uscita d’una banca con nella borsa il denaro che faticosamente era riuscito a raccogliere, nella speranza di poter aprire una trattativa con gli spietati “esattori” della cosiddetta Anonima sequestri della Locride.
Lo Stato mostrò la sua faccia più dura, i soldi vennero sequestrati, e il telefonista della banda non fece più sentire quella voce metallica, quasi spaziale, una voce che ancor oggi mette i brividi, a risentirla, incisa sul nastro d’una vecchia cassetta.
I Medici vivono questo dramma in dignitoso silenzio: non si sono affidati ad altri, se non alla speranza.
Niente taglie, neppure appelli sui giornali, una composta sofferenza vissuta ogni giorno, una sorta di calvario che lascia dietro di sé soltanto un senso d’impotenza, una spossatezza morale.
Niente più visite in Procura, a Locri, dove ancora non si è riusciti a squarciare il velo del mistero sui cosiddetti “riscatti di Stato”, pagati, eccome, per la liberazione di altri sequestrati. Una pagina nera per le Istituzioni, mentre c’è chi si gode ancora il denaro ricevuto in cambio di presunte “informazioni”.
Il caso è ufficialmente ancora aperto, l’inchiesta è però inesorabilmente finita sul binario morto dell’archiviazione.
Si è sperato, in questi anni, nella pletora di pentiti più o meno attendibili, ma nessuno di loro, almeno finora, ha detto di sapere qualcosa della sorte di Vincenzo Medici, uomo generoso, che aveva creato lavoro e benessere per tanta gente, in una zona dove, a tratti, il profumo intenso della salsedine, si mescola a quello del gelsomino in fiore, e ne viene fuori un’essenza inebriante, che stordì i primi coloni greci sbarcati migliaia d’anni fa, che dalla costa risalirono le sassose fiumare fino ad incontrare i brulli calanchi tipici d’un paesaggio che ispirò Cesare Pavese, esule a pochi chilometri, a Brancaleone.
Giovanna Medici non ha ancora smesso di credere in quella gente ionica, è rimasta tra loro, non cova odio, rivendica soltanto il diritto di sapere e non vuol rassegnarsi alla rassegnazione.

11/12/09

ITALO, QUEL RAGAZZO BRUNO CHE ACCAREZZAVA IL PALLONE


Era una serata fredda e piovosa, quella del giorno in cui Italo Falcomatà concluse la sua avventura terrena e la ricordo come fosse ora. Anch'io, in quei giorni stavo male, il cuore aveva fatto i capricci, dopo intensi mesi di lavoro, le tensioni accumulate, i rapporti non facili con il mio ex direttore (che Dio lo abbia in gloria) mi avevano costretto al riposo. Non potei partecipare ai funerali, come avrei voluto e mi tenni dentro questo rammarico. Ad un anno dalla scomparsa, durante la mia breve ma importante esperienza al Quotidiano della Calabria, preparammo uno speciale ed io scrissi il pezzo che leggerete (se vorrete, miei affezionati amici del blog) al quale ho lasciato lo stesso titolo d'allora. Italo, da lassù, sarà contento. Chissà che, un giorno, qualche partitella potremmo farla, come tanto tempo fa.


Il campo sportivo di Pellaro è a pochi passi dal mare. Il terreno di gioco è duro, a tratti sabbioso, il vento sferza i vecchi olmi che qualcuno piantò, anni fa, quando quel rione sonnolento a pochi minuti dalla città, ma così lontano dai ritmi incalzanti del quotidiano, era una piccola repubblica.
Sul quel campo senza erba si allenano due squadre, la Pro Pellaro, che attraversa il suo momento d’oro, e la Libertas, che va avanti a stento, facendo leva sull’entusiasmo del presidente, il professor Aiello, e sulla guida tecnica di “Tuzzo” Battaglia. Il regista di centrocampo è un giovane bruno dal tocco felpato, si chiama Italo, studia all’università, idee di sinistra, vorrebbe fare lo storico.
Ho tra le mani una foto ingiallita, ed eccolo Italo, accanto a Battaglia e altri tre ragazzi che guardano l’obiettivo con aria spavalda, lui è lì col suo sorriso e le braccia conserte. Quanto tempo, Italo, io e gli altri della mia età stavamo dall’altro lato, con i primi in classifica e con aria di sufficienza trattavamo i “parenti poveri” della Libertas cui qualche soldo arrivava dai notabili dc del rione.
Da allora avevi scelto di essere minoranza, perché in fondo lo sei stato tutta la vita, e anche quando il favore popolare, la gente che ancora non dimentica di amarti, decisero di portarti sullo scranno più alto di palazzo San Giorgio restasti sempre tale, dalla parte degli umili, di quelli che parlano sapendo di non avere voce.
Quanto tempo, Italo, da quei giorni ad inseguire un pallone su quel campo gibboso, fino a ritrovarci tu consigliere comunale appena eletto, io giovane cronista alle prese con la difficile esperienza di “fare” l’informazione in una città che di lì a qualche anno sarebbe stata indicata ad esempio di degrado, di centro di corruzione e strapotere della mafia, il buio era calato su Reggio.
E vennero quegli incontri della domenica mattina, quando passavi dal giornale e si parlava di tutto meno che di politica, le cose del tuo partito le tenevi dentro anche con una certa sofferenza, del resto la tua “anomalia” era nota, eri l’uomo del dialogo, del confronto sereno e portavi nei ragionamenti la tua cultura storica, quell’approccio “salveminiano”, ci si passi il termine, che ti faceva vedere la realtà attraverso una lente tutta speciale.
La cultura, osservavamo, non la si compra al mercato, la formazione politica, ed era questo un tuo cruccio, la cosa che già allora (e non avevamo certo la classe politica di adesso) lo angustiava non può essere improvvisata, fatta di slogan.
Poi, il discorso prendeva altre direzioni, e veniva fuori la comune passione per la ricerca storica, lo studio delle radici di questa terra, il pensiero dei grandi uomini che nell’arco dei secoli l’hanno attraversata, tanti di loro sono stati dimenticati. Ricordo che avevamo anche pensato a qualcosa da fare assieme, ma gli impegni suoi e miei (intanto avevamo messo su famiglia) non ce lo avrebbero consentito.
“Vedrai, mi disse, che potremo farlo, ci sarà pure per noi il momento del riposo”.
Per lui è arrivato in un giorno grigio di dicembre l’appuntamento con la signora vestita di nero con in mano quella falce che, come disse il Poeta, “pareggia tutte le erbe del prato”.
Quanto tempo avremmo avuto, Italo, da dedicare alla nostra amata storia, so che tu ne parlavi coi figli, che hai cercato, come cerco di fare io, di inculcare dentro di loro la passione per questa disciplina fondamentale nella formazione dei giovani, e chissà quanto bisogno ce n’è in questo mondo che dimentica i valori, cancella le tracce del passato, non apre alle nuove generazioni le porte della speranza.
Tu volevi farlo e l’hai fatto finchè hai potuto, da docente, da politico, da guida illuminata d’una Reggio ripulita dalle macerie accatastate da una classe di governanti avidi e incapaci, solo poche stelle hanno brillato in un firmamento scuro come un antro dell’Inferno dantesco. Ora attorno a te è il silenzio, dovunque tu sia, ne sono certo, ti vedranno incedere col tuo passo elegante, silenzioso, come quando accompagnavi, con lancio perfetto, il pallone verso il compagno in attesa.
Ci saranno giorni e giorni, ma il tuo ricordo resta incancellabile anche in coloro i quali, e io sono tra quelli, che lavorando altrove, non ti hanno seguito nel cammino di primo cittadino conosciuto in tutto il Paese e additato ad esempio, capace di rispondere con un sorriso agli attacchi più feroci e di trovare il coraggio di dire tutto alla gente, anche quando non era piacevole, come dare l’annuncio della malattia, che vile agguato del destino, caro Italo.
Guardo questa foto e un brivido mi percorre la schiena, ma dentro di me si fa forza la speranza che non tutto è finito, che quel discorso interrotto lo riprenderemo. Ne sono sicuro.

06/12/09

DELITTO INZITARI, QUANDO LA MORTE E' UN GIOCO DA RAGAZZI

L'assassinio del giovane figlio di Pasquale Inzitari ha suscitato, anche fuori dalla Calabria, orrore e allo stesso tempo provocato riflessioni su quanto possa imbarbarirsi in una regione che ha già tanti problemi, la lotta politica se s'intreccia con quella tra clan mafiosi ormai inseriti a pieno titolo nel tessuto economico e sociale.
Le vendette trasversali, tranne rare eccezioni, al di fuori delle cruente faide che per anni hanno insanguinato le nostre contrade, non hanno riguardato donne e bambini, i figli sono stati tenuti fuori. Non è raro, all'interno di "famiglie" della 'ndrangheta anche le più potenti, vedere i rampolli compiere studi universitari, diventare professionisti anche se con un cognome scomodo.
Chi ha voluto "punire" Pasquale Inzitari, di cui le cronache giudiziarie si sono occupate spesso negli ultimi tempi, lo ha fatto per "motivi politici", come da qualche parte è stato ipotizzato?.
Personalmente credo poco a questa ipotesi, alla luce di quella che è la mia modesta esperienza di cronista per tanti anni alle prese con i fatti di sangue più eclatanti commessi in città e in provincia e con processi ai clan della 'ndrangheta con centinaia d'imputati.
Avendo letto con attenzione gli atti dell'inchiesta che ha portato il padre del povero ragazzo ucciso nel fiore degli anni mentre si apprestava a vivere un momento di sana gioia, tenderei a collegare il gravissimo fatto di sangue sul quale l'opinione pubblica pretende a giusta ragione che venga fatta piena luce, ad altri moventi.
Ma questo non è compito mio, c'è chi è titolato ad indagare, e certamente con grandi difficoltà, se si pensa che l'omicidio è avvenuto nella Piana di Gioia Tauro, non a Rizziconi, dove gli Inzitari risiedono, ma "fuori zona" e, come certe regole non scritte impongono, sicuramente con l'autorizzazione di chi governa quella parte di territorio.
Mi è capitato tante altre volte di occuparmi della morte di giovanissimi, non riesco a cancellare, ad esempio, la feroce eliminazione di due minorenni, ad Archi, durante la seconda guerra di mafia. Scrissi allora, e ripeto adesso, che talvolta la morte diventa un ...gioco da ragazzi. E l'angoscia è quella di allora.

20/11/09

PROMESSA SPOSA DEL MOSTRO, CHE SQUALLIDA ESIBIZIONE!

Quello che è accaduto nel pomeriggio di oggi durante la trasmissione l'Italia sul Due, condotta da Milano dal collega Milo Infante e, da Roma, dalla ex suorina di "A sua immagine", poi trasformatasi in show girl, Lorena Bianchetti, ha dell'incredibile.
Il clou del programma, secondo l'intenzione degli autori doveva essere quella che è stata presentata come un'esclusiva, cioè la presenza in studio a Roma della giornalista Donatella Papi, che sta vivendo il suo momento di notorietà dopo che sui giornali è apparsa la notizia del prossimo matrimonio con l'ergastolano Angelo Izzo, uno dei cosiddetti mostri del Circeo che, tornato in libertà, si è reso responsabile di un duplice omicidio e si è preso una condanna a vita.
La signora Papi, già consorte di uno dei figli di Amintore Fanfani, ha dato lettura di un suo "comunicato" del resto già letto durante altra intervista a Canale 5, sempre in esclusiva, col quale annuncia di credere all'innocenza di Izzo e di essere in grado di dimostrarlo facendo riaprire i processi.
Gli ospiti a Milano, tra cui la direttrice di Diva e Donna, Silvana Giacobini, l'attrice Lella Costa, ed altri personaggi sono insorti e, tranne la Giacobini, hanno abbandonato la trasmissione in segno di solidarietà con le famiglie delle persone uccise da Izzo, del resto reo confesso, come ha confermato lo stesso legale, avvocatessa Lucia Fusco, presente assieme ad un attonito Nino Marazzita che ha preso le distanze dicendosi pentito di aver accettato l'invito. Mentre Infante cercava di mettere una pezza, la Papi tentava di spostare il discorso sul piano sentimentale e la Giacobini si produceva in un durissimo intervento dando della mercenaria alla promessa sposa dell'ergastolano, la Bianchetti dava la parola alla sorella di una delle vittime della strage del Circeo, la povera Rosaria Lopez, amica di Donatella Colasanti che si salvò fingendosi morta.
Via telefono, la congiunta della sfortunata ragazza violentata e seviziata da Izzo e dai suoi degni compari, ha urlato tutto il suo sdegno invitando la ormai disorientata Papi ad avere rispetto per chi ha perso i suoi cari.
Un esempio di pessima televisione, per la gestione del programma da parte dei conduttori, sui quali certamente si abbatterà una valanga di critiche. La telenovela delle nozze tra la bionda collega romana e il feroce criminale che si vorrebbe far passare per innocente non finirà tanto presto, l'augurio che la tv, almeno quella di Stato, non cada più in errori del genere.

10/11/09

ALLA GALLERIA MONOGRAMMA MOSTRA FOTOGRAFICA DI TERESA EMANUELE

Ancora un appuntamento artistico di grande rilievo alla galleria Monogramma di via Margutta, a Roma, di cui è titolare il reggino Giovanni Morabito.
Sfidando tutte le regole della scaramanzia, Teresa Emanuele inaugura la sua personale fotografica venerdì 13, giorno della sua nascita, con 13 opere. La mostra resterà aperta fino al 16 dicembre e sarà possibile visitarla tutti i giorni non festivi dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19,30. L'ufficio stampa è curato da Gianluca Morabito. L'inaugurazione sarà preceduta alle 18 da un cocktail all'Enigma, sempre in via Margutta, è prevista la presenza di noti personaggi della cultura, dell'arte, della politica, del giornalismo.
"Come l'arte iconografica si serve dell'occhio, Teresa Emanuele si serve dell'obbiettivo cercando di creare un'immagine inclusiva fatta di svariati momenti, fasi ed aspetti delle cose".
Così si esprime il professor Mauro De Felice nella presentazione del catalogo, ed aggiunge che con la fotografia, la Emanuele "offre un mondo interiore di fantasie e di sogni, una presentazione delle idee in una sequenza d'inquadrature e non fotografie, alla ricerca del proprio specifico. L'artista mima, sì, il quadro, ma con la possibilità di ritagliare il particolare, emancipando le capacità visive artistico-creative attraverso le quali ipotizzare quella funzione narrativa che possa accrescere in parte il patrimonio formativo comunicabile".
Per Teresa Emanuele, osserva ancora il professor De Felice, "l'impostazione operativa è caratterizzata tanto dal suo mondo interno, quanto dalla sua relazione con il più ampio contenuto ambientale. L'artista è consapevole che, osservando la natura, si impari a conoscere il mondo dal quale si trae esperienza. Gli elementi naturali o fisici diventano immagini, necessariamente legate con la struttura emozionale dell'artista; le gocce d'acqua, infatti, campeggiano nelle sue opere come nella vita e rivaleggiano, per effetto romantico, con la natura".

05/11/09

ADDIO A PEPPINO DIANO, BANDIERA DEL SINDACATO

L'ultimo saluto gli amici, i compagni di partito, quelli della Cgil, glielo hanno dato nella "sua" Catona, da dove non s'era mai voluto allontanare. Peppino Diano ha concluso la sua vicenda terrena lasciando dietro di sè la scia d'un unanime rimpianto. Un paio d'anni fa, in occasione del quarantennale dalla fondazione della Cassa Edile, avevo inserito un suo ritratto nel volume che ho curato per l'occasione. Quale migliore ricordo che riproporlo, ora che Lui ci ha lasciato, saranno in tanti a sentirne la mancanza.

Giuseppe Diano, Peppino per gli amici, porta i suoi quasi 80 anni con giovanile baldanza, anzi, come dice lui, li ignora continuando a fare, anche dopo la pensione, la stessa vita che ha fatto negli ultimi sessant’anni.
Era il 1943 quando, giovanissimo lavoratore in una segheria, gli capita tra le mani una copia del giornale ”Italia libera”, organo del Partito d’azione e il germe del socialismo gli s’insinua nel corpo.
Del resto, a Catona, dove è nato e ancora vive, le tradizioni socialiste sono antiche, basti pensare alla famiglia Musolino. Il ragazzo è sveglio, da autodidatta si tiene informato, tra i compagni di lavoro si conquista le simpatie e cerca con successo di far capire, e in quegli anni non era cosa facile, quali sono i diritti del lavoratore, spiega che il padrone non può più agire in maniera paternalistica, si comincia a parlare di assistenza, previdenza, ferie.
Ma tra i socialisti catonesi non c’è molto spazio per lui, per cui anche se i comunisti sono una sparuta presenza, passa al Pci e parte la sua lunghissima militanza che lo porterà di lì a qualche anno, a far parte dei “quadri” del partito e iniziare la sua attività di sindacalista nella Cgil.
Peppino Diano è una bandiera, il simbolo d’una classe dirigente del vecchio Pci della quale restano ormai solo pochi esemplari, ma la sua vita, che è un piacere sentirtela raccontare, è stata un vero e proprio romanzo.
La svolta arriva quando, dopo un infuocato comizio a Catona, siamo all’inizio degli anni Cinquanta, il segretario della federazione comunista, cui avevano riferito delle capacità oratorie, ma anche organizzative, di Diano, lo convoca e gli fa la proposta di lasciare il suo lavoro di segantino e diventare funzionario del Pci. I leader locali sono i vari Suraci, Misefari, Fiumanò.
Lui sulle prime esita (“ho famiglia, ho bisogno dello stipendio”) ma il segretario taglia corto e lo rassicura, avrà la stessa cifra che prende in segheria, ed ecco Diano che si trasferisce nella sede del partito, ma tenerlo dietro la scrivania non è facile, nel suo destino c’è fare il sindacalista, reclutare tesserati, andare nei cantieri e nelle aziende dell’epoca, quasi mai accolto con piacere, anzi tutt’altro, ma i lavoratori lo amano e ben presto si accorgono che organizzarsi sindacalmente conviene, le buste paga diventano più robuste, gli orari di lavoro meno pesanti, è la civiltà che prevale su un autentico schiavismo che per anni nel profondo sud ha imperato.
Lui c’è quella mattina di marzo del 1960, quando viene costituita la Cassa Edile, per mesi è andato nei cantieri, da segretario della Fillea, il sindacato degli edili della Cgil, ha parlato agli operai, si è procurato i contratti nazionali, lo statuto dell’unica Cassa presente sul territorio nazionale, quella di Genova.
Un giorno, racconta, quando il capocantiere tentò di mandarlo via, mentre stava con decine di muratori durante la pausa pranzo, tutti si ribellarono, o Diano sta qui, oppure oggi non si lavora.
Per sette anni, fino a quando gli impegni sindacali non lo portarono verso incarichi di prestigio, anche in campo nazionale, è stato nel consiglio d’amministrazione della Cassa Edile, assieme a Cisl e Uil: quando andò via, l’Ente era ormai consolidato e lui continua a sentirselo un poco anche figlio suo.
Diano era alla guida della Cgil quando a Reggio scoppiò la rivolta per il capoluogo e per chi militava a sinistra erano giorni difficili, con minacce, assalti alle sedi, aggressioni fisiche e ci voleva molto buonsenso per non lasciarsi travolgere dal clima di violenza che turbò l’intera Calabria.
Peppino Diano, sempre sorridente, ancor oggi accoglie amici e compagni, lavoratori, pensionati, chiunque varchi il portone della Cgil con l’entusiasmo e la passione di tanti anni fa, lo stesso entusiasmo e passione che lui ed altri benemeriti dimostrarono facendo nascere la Cassa Edile, con lo spirito di fratellanza, assistenza, mutualità, impegno nella difesa del posto di lavoro.





29/10/09

RENATO PROFILI, UNA VITA AL SERVIZIO DELLO STATO


Il nostro ultimo incontro la scorsa primavera ad Ischia, nell'albergo, l'Ambasciatori che, da qualche anno, mi ospita per periodi di riposo nell'isola verde, accolto con affettuosa amicizia dai cugini Conte.
Renato Profili, prefetto a Messina, Palermo e Napoli, già giovane funzionario a Reggio Calabria, si è spento dopo una breve ma inesorabile malattia: la notizia l'ho appresa dal telegiornale regionale della Campania e ne sono rimasto particolarmente scosso. Renato era un amico ed in rapporti eravamo rimasti anche dopo che lasciò Reggio per avviarsi verso una prestigiosa carriera. Ci eravamo ritrovati a Messina, dove lui era stato nominato prefetto: Una sera lo vidi arrivare al giornale e fu un incontro particolarmente intenso, parlammo a lungo di questioni calabresi, volle informarsi anche su alcune vicende messinesi, ci sentivamo spesso.
Ad Ischia, dove trascorreva i pochi giorni liberi che il lavoro gli lasciava, in una città di frontiera come Napoli, amava giocare a carte con amici e sceglieva la quiete dell'Ambasciatori, nella saletta ovattata che è stata la sede del nostro ultimo abbraccio. La malattia aveva già lasciato sul suo fisico i primi segni, ma lo trovai sereno, tutto preso dalla sua nuova attività al ministero dell'Interno. Ora che stai anche tu nella Capitale, mi disse, vieni a trovarmi, andiamo a mangiare una pizza, napoletana s'intende.
Non è stato possibile, caro Renato, ma forse, chissà, da qualche parte un domani potremmo anche rivederci. Io ci credo.

23/10/09

ESAMI GIORNALISTI: UNA SETTANTINA I BOCCIATI


Sono una settantina gli aspiranti giornalisti professionisti, su circa 400 candidati, che non hanno superato la prova scritta degli esami d'idoneità che si sono svolti il 6 scorso a Roma. Le due commissioni, presiedute dal magistrato, della Corte d'Appello, dottor Lucio Mario D'Andria, hanno completato la correzione degli elaborati e ieri, nella sede dell'Ordine nazionale, presente il segretario Enzo Iacopino, sono state aperte le buste coi nominativi di coloro che hanno sostenuto le prove d'esame consistenti in una sintesi d'un articolo scelto tra due tratti da quotidiani nazionali, un questionario su norme tecnico-giuridiche, e un articolo sulla base di tracce varianti dalla cronaca allo sport, allo spettacolo, alla moda, alla politica estera, al sindacale.
Le commissioni hanno assegnato il voto massimo allo scritto, sessanta sessantesimi, a un candidato del Veneto. Per il resto, solo in pochi hanno superato la soglia del 50. Numerosi i futuri giornalisti che affronteranno tra un mese circa le prove orali partendo dal minimo, cioè il 36.
I commissari giornalisti sono affiancati da magistrati di Tribunale, Corte d'Appello e Procura indicati dai vertici degli uffici giudiziari: il ruolo di segretario generale delle commissioni è svolto dal dottor Vincenzo Lucrezi.
Ormai da un paio d'anni, le sessioni d'esame, grazie ad una autentica "rivoluzione" che Iacopino ha portato nell'organizzazione, sono quattro e non due come in passato, che avevano la caratteristica di essere pletoriche, per il gran numero di candidati.
La qualità degli elaborati, salvo rari casi, non è stata certamente eccezionale, adesso occorrerà verificare agli orali il grado di preparazione di tanti giovani, parecchi dei quali frequentano le scuole di giornalismo autorizzate; sono presenti anche alcuni freelance e praticanti di lingua tedesca.
L'elenco ufficiale degli ammessi sarà reso noto lunedì sul sito dell'Ordine nazionale.

18/10/09

SCUSATE IL RITARDO, STO LAVORANDO PER LA CATEGORIA

Gli amici che seguono abitualmente il mio blog possono stare tranquilli: questo mio rallentamento dell'attività non è dovuto, per fortuna, ad altri motivi. E' accaduto che l'Ordine nazionale dei giornalisti mi ha rinnovato la fiducia e sono stato chiamato a far parte della commissione per gli esami di Stato e, per qualche tempo, sarò impegnato nella Capitale, dove peraltro ormai risiedo quasi in pianta stabile, nella correzione degli elaborati degli oltre 400 candidati che sperano, dopo aver superato anche l'esame orale, di ottenere il titolo di giornalisti professionisti.
Un impegno notevole delle commissioni miste giornalisti-magistrati, senza dubbio un' esperienza che, in qualche modo, ti arricchisce e ti mette a contatto con le nuove leve della nostra professione.
Il tasto dolente è costituito dalle scarse prospettive occupazionali per tanti giovani, ai quali, come ho già avuto modo di sottolineare in altre occasioni, il futuro riserva rare occasioni di inserimento nel cosiddetto mercato del lavoro, al di fuori delle collaborazioni saltuarie o assunzioni a termine, insomma tutto ciò che forma il cosiddetto precariato.
L'essere impegnato per quasi tutta la settimana, non m'impedisce di seguire le vicende della mia città, il lento ritorno alla normalità nelle zone devastate dall'alluvione messinese (alla città peloritana sono legato particolarmente, per avervi trascorso lunghi anni, da studente prima, da giornalista poi) e della sempre più sconcertante Reggina.
Mi ero riproposto, anche per una sorta di scaramanzia, di non occuparmi dei baldi (si fa per dire) ragazzi di mister Novellino, ma i tanti reggini emigrati di lusso (come amo definirli) a Roma mi hanno chiesto di rendermi interprete delle loro ..... sofferenze.
Non sappiamo come andrà a finire con la guida tecnica, se l'ex allenatore di Samp e Torino resterà in riva allo Stretto, oppure sarà costretto a tornarsene a Perugia e godersi i soldi che il lauto contratto gli garantisce anche da disoccupato.
Trovare un allenatore che venga a Reggio per affrontare una assai improbabile marcia d'avvicinamento alla zona promozione, e qui ci vorrebbe una cura davvero miracolosa, non pensiamo sia cosa facile. Il progetto e le speranze, solo qualche mese fa, avevano illuso la tifoseria che adesso si è accorta di essere stata presa per il c..... dal tandem Foti-Martino. Soltanto una inversione di tendenza straordinaria, infilando vittorie dietro vittorie, potrebbe riportare il sereno al Granillo.
Una cosa è certa: stavolta, se non si cambia registro, il distacco tra la gente e la società diventerà difficile da colmare. L'autunno del patriarca Foti è già cominciato.

09/10/09

L'ASSESSORESSA DAL SORRISO FACILE MASSACRATA A "LA VITA IN DIRETTA"


C'è una delle novelle toscane, quelle che ci facevano leggere ai tempi delle medie, e che stavano un pò in tutte le antologie, in cui si parla dei pifferai che andarono per suonare e furono suonati, nel senso che si presero un sacco di botte.
E' andata così ieri pomeriggio durante la trasmissione "La vita in diretta" che si è occupata del caso Venditti, con il seguito di reazioni indignate, ai soliti personaggi della politica che campano di dichiarazioni alla stampa, su qualsiasi argomento, non è sembrato vero, le elezioni regionali sono vicine....
L'amministrazione comunale per il collegamento dalla piazza antistante la chiesa di San Giorgio al Corso, è stata rappresentata dall'assessoressa ai grandi e piccoli eventi, al solito sorridente e fresca di parrucchiere.
Attorno un gruppo di persone in attesa di far partire l'applauso al momento giusto, ma appena l'assessoressa ha cominciato a recitare il suo compitino fatto di luoghi comuni e le solite frasi sulla Calabria culla di civiltà e patria di insigni letterati, con l'invito a Venditti a venire a verificare di persona, dallo studio, con Sposini più sornione del solito, si è scatenata una reazione terribile.
Pierluigi Diaco, il giornalista di Libero Juri Prado e Rosanna Scopelliti, figlia del povero giudice assassinato dalla 'ndrangheta, pur con toni diversi, hanno stoppato l'assessoressa che si è presa una serie d'improperi, da un esagitato Diaco, che ha dato lettura di quanto scritto sul suo blog dal giornalista Domenico Malara.
Questi, che evidentemente sul giornale per il quale lavora queste cose non può scriverle, ha fatto un quadro di quella che è la attuale realtà calabrese, ricordando ai cittadini che dovrebbero indignarsi e anche di più contro questa classe politica che li governa e non solo con Venditti che avrà pure sbagliato, ma non ha detto nulla di nuovo.
Diaco e Prado sono stati duri, la Scopelliti un pò meno, fatto sta che Sposini, capita l'antifona, ha troncato il collegamento con Reggio lasciando la collega Verta e la sua compagnia con un palmo di naso.
Il sindaco avrà avuto altri impegni, che certamente gli hanno impedito di andare a difendere la sua città e la Calabria intera dopo questa provocazione di Venditti che, pare, sia mosso da rancore personale per episodi accaduti in passato nel Cosentino e che hanno avuto risvolti giudiziari. Ha mandato una "pifferaia" per suonare l'inno all'onore violato, ma come è andata a finire l'hanno visto milioni d'italiani.

07/10/09

LE LIRICHE DI GENNY NERI, QUANDO I SOGNI DIVENTANO POESIA

Per l'Anagrafe si chiama Genoveffa Neri, ma per tutti è Genny, la giovanissima poetessa di Pellaro, allieva del primo liceo scientifico che, da anni, invece del solito diario cui le ragazzine da poco diventate adolescenti affidano i loro sogni, le speranze, le sensazioni dell'età più bella, preferisce farlo con i versi.
Le sue sono, soltanto in apparenza, liriche che sanno di freschezza, di sentimenti genuini e lasciano intravedere una vena ancora tutta da esplorare. Genny Neri è cresciuta in una famiglia dai sani principi, in compagnia di tre fratelli, sotto le tutela della mamma Pina e del papà Vincenzo, instancabile lavoratore.
Ai miei lettori voglio proporre due delle poesie che questa ragazza, che si affaccia al mondo degli adulti, e mostra una maturità insolita per la sua età, ha composto perchè sono certo che di lei sentiremo parlare.
Vi si coglie una profondità di sentimenti tutta ancora da esplorare, mentre i primi turbamenti sono il segnale del trapasso tra la fanciullezza e l'adolescenza, la cosiddetta età difficile, anche se per Genny non è così.
MAGICA SERA
Incontrarti per caso
in una magica sera.
Ho cominciato
a sognare,
a piangere,
a sorridere,
a pensare.
Momento soave
che non mi fa fare a meno
del tuo dolce sorriso,
àncora della mia vita.
PER UN ATTIMO
Per un mese ti ho sognato,
per un giorno ti ho guardato,
per un attimo non ho smesso
di amarti,
per un attimo
ho sperato
che durasse per l'eternità.

01/10/09

CAMBIARE GIORNALE FA BENE, PIERO OTTONE AVEVA RAGIONE


Seguo molto volentieri, quando posso, le trasmissioni di Corrado Augias. L'altro giorno era suo ospite, nel giro che sta facendo un pò dovunque, per promuovere il nuovo giornale da lui diretto, Il Fatto quotidiano, Antonio Padellaro, già direttore de l'Unità, defenestrato quando la gloriosa testata passò nelle mani di Renato Soru che ha preferito affidarsi a Concita De Gregorio.
Rispondendo ad una domanda di uno scettico Augias, su dove prendono i soldi per far navigare nel mare in tempesta della crisi della stampa, questa navicella del Fatto, Padellaro ha detto che il giornale "ce lo paghiamo noi" senza ricorrere al finanziamento statale, come fanno un pò tutti. Il direttore della neonata testata, che si caratterizza come portavoce dell'anti berlusconismo allo stato puro, ha spiegato come i fondatori, tra cui lui stesso, si sono impegnati economicamente, assieme ad alcuni imprenditori, ma che la quota più importante, ed in un certo senso sorprendente, del capitale, arriva dai quasi trentamila abbonati che, senza conoscere il prodotto, hanno portato nelle casse qualcosa come cinque milioni di euro, il che garantisce un futuro piuttosto tranquillo, anche perchè le vendite, dopo il naturale boom iniziale, si starebbero attestando intorno alle centomila copie. Sottratte a chi?. E' ancora presto per stabilirlo, ma noi crediamo che a pagare pegno sarà, in primis, l'Unità, e poi Repubblica, Manifesto, e i fogli di Rifondazione, tra cui il recente gli Altri, diretto dal transfuga Sansonetti, costretto a trasformarsi dopo poco tempo in settimanale.
Antonio Padellaro ha poi sottolineato come alcuni giornalisti, firme importanti di testate nazionali, come Travaglio, Peter Gomez, Marco Lillo e Luca Telese, abbiano abbandonato comode e ben retribuite postazioni per gettarsi nell'avventura del Fatto cui, prima dell'esplosione di abbonamenti, cosa mai vista in campo editoriale, nessuno dava molto credito.
A questo punto a me, che di testate ne ho cambiate, lasciando posizioni importanti, come quando dall'Ansa me ne andai ad Oggisud, e in tanti mi considerarono un pazzo, sono venute in mente le parole che Piero Ottone, all'epoca direttore del Corriere della Sera, mi disse mentre lo accompagnavo a Scilla, durante una pausa del maxi processo alla 'ndrangheta anni 80, che si stava svolgendo a Reggio. Lui era stato citato come teste, a seguito di un editoriale che aveva scritto e riguardante il centro siderurgico di Gioia Tauro, che aveva acceso gli appetiti delle cosche.
"Cambiare, nel nostro mestiere, mi disse, fa bene, ci aiuta a rigenerarsi, è come quando ti fanno una trasfusione". Niente di più vero, almeno per quanto mi riguarda. C'è chi, invece, non si scolla dalle poltrone per godersi il meritato (?) riposo neppure quando l'età lo consiglierebbe. Del resto, tolti dalle loro stanze di potere, non saprebbero cosa fare.

21/09/09

RAGAZZI CADUTI A KABUL, SIETE L'ORGOGLIO DEGLI ITALIANI VERI


Il cielo di Roma è di un azzurro pallido, dopo ore di pioggia, la gente si affolla dovunque c'è posto, dentro e fuori la basilica di San Paolo fuori le mura. E' l'addio a sei ragazzi che, per servire la Patria in armi, in missione di pace, hanno perso la vita e ora i loro resti straziati sono dentro le bare avvolte dal tricolore.
La processione delle autorità, di tanti personaggi che da anni occupano i posti migliori nel teatrino della politica, ripete stancamente un rito, il popolo non li applaude ma neppure li contesta, come molti di loro meriterebbero, oggi è il giorno del dolore, tutto intorno è un pullulare di guardie del corpo, autisti e portaborse, alti gradi militari, ma ci sono tanti baschi amaranto, quelli degli ex Folgore, venuti da ogni dove. Chi è stato paracadutista lo rimane per tutta la vita.
Il loro grido, ripetuto più volte, mentre i ragazzi-eroi tornano a casa, per l'ultima volta, mette i brividi, l'omelia dell'Ordinario militare ha il tono soffuso, non è il momento delle polemiche, delle invettive, da buon parroco con la divisa disegna le figure di queste ennesime vittime del terrorismo, loro sono andati lì per non sparare neppure un colpo, per aiutare chi ha bisogno, contribuire alla ricostruzione, assicurare il futuro di quei tanti bambini che si radunano vicino ai blindati e che, come è avvenuto anche stavolta, sono i primi a morire, accanto ai soldati.
Eppure, di fronte a questo nuovo atto di eroismo del quale noi italiani non possiamo che essere orgogliosi, c'è chi imbastisce una speculazione politica fino ad arrivare alla macabra ironia, che gela il sangue nelle vene: 6 sulla ruota di Pisa, scritto in rosso su un muro, qualcuno ha tentato invano di cancellare le tracce di questa barbarie.
Ma l'Italia vera, quella che crede ancora nei valori che, una volta, a quelli della mia generazione, venivano trasmessi sin dall'infanzia, è presente nella mattinata tiepida di fine estate, Roma è un tripudio di bandiere, nel cuore chi è presente, ma anche di chi segue sulle tv la triste cerimonia, batte l'orgoglio di sentirsi italiani, sempre e comunque. E di quelle facce livide di professionisti della politica, vecchi arnesi di prima e seconda repubblica, non ce ne importa nulla. Onore ai caduti.

15/09/09

MISS ITALIA TORNA A PARLARE CALABRESE, EVVIVA!

L'elezione di Maria Perrusi, splendida diciottenne dall'aspetto nordico, che ha sbaragliato il campo delle concorrenti al titolo di miss Italia, arriva in un momento in cui sulla Calabria sono accesi i riflettori della cronaca, per svariati motivi.
In primo luogo, la politica, sempre più confusa e litigiosa, mentre gli aspiranti alla successione di Agazio Loiero affilano le armi, poi la criminalità dilagante, nonostante, di tanto in tanto, le forze dell'ordine riescano a togliere dalla circolazione pericolosi capibastone latitanti. Ci mancava, adesso, che il procuratore di Paola, Bruno Giordano, un magistrato che conosciamo bene, si mettesse in testa di fare luce su uno dei tanti misteri italiani, quello dello smaltimento illegale e criminale di rifiuti dannosi per l'uomo. Giordano sta arrivando dove suoi colleghi, certamente più noti di lui e adusi ad apparire sui giornali ad ogni piè sospinto, non sono riusciti o non sono voluti arrivare.
Ma lasciamo da parte queste cose tristi e godiamoci il momento di gioia. Dopo Raffaella De Carolis, Graziella Chiappalone, Claudia Trieste, ecco la giovanissima di Fiumefreddo Bruzio indossare fascia e corona della più bella d'Italia.
Maria rappresenta il meglio della Calabria dei giovani di quarta generazione, i cosiddetti figli del benessere, cresciuti con gli omogeneizzati, i suoi occhi e il suo sorriso hanno stregato la giuria d'un concorso che, pur perdendo colpi negli ultimi anni, conserva ancora quasi intatto il suo fascino.
Questa ragazzona bionda ci riscatta difronte al Paese che guarda al Sud, alla nostra regione in particolare, come ad un fastidioso fardello che altri devono sopportare, una terra di politici lamentosi e incapaci, incollati alle poltrone dopo essere passati da un partito all'altro, da un governo all'altro, scavalcando agilmente prima e seconda repubblica.
Sulle prime pagine dei giornali, accanto alle navi dei veleni, ai boss ammanettati, alle continue "imprese" del racket, l'immagine solare di chi ha raccolto il testimone da un'altra sudista, la siciliana Miriam Leone. Auguriamo a Maria Perussi i migliori successi, davanti a lei la strada è lunga e insidiosa, ma siamo certi che un posto nell'Olimpo dello spettacolo saprà guadagnarselo.

11/09/09

QUALCHE "COLLEGA" DI TARANTINI CIRCOLA ANCHE DALLE NOSTRE PARTI

Mentre il Paese vive nell'ansia di conoscere il numero esatto delle ragazze invitate ad allietare le serate del presidente del Consiglio e dei suoi ospiti, continua lo stillicidio (tanto per usare un termine caro a Fini) di anticipazioni sulle presunte rivelazioni di Giampi Tarantini, spregiudicato uomo d'affari barese col vizietto della cocaina.
Giustamente, il nuovo procuratore Laudati, magistrato di provata serietà, non ha nascosto la preoccupazione per il danno procurato dalla continua fuga di notizie ad un'indagine che, e lui l'ha chiarito in maniera definitiva, non ha portato ad alcuna ipotesi di reato nei confronti di Berlusconi.
L'inchiesta, mi si perdoni il termine, ma non riesco in questo momento a trovarne altri, rischia di andare a p......Ma quello che mi preme ricordare ai miei sempre più affezionati lettori, che ormai considero tutti amici, è che di Tarantini in giro anche dalle nostre parti ce ne sono parecchi. In certi ambienti politico-giornalistici, in genere nel sottobosco degli enti di sottogoverno, i loro nomi sono noti, vengono sussurrati, ma poi ognuno si fa, come si suol dire, i fatti propri.
Ricordo un paio di assessori regionali della prima repubblica, attorniati da individui che, all'apparenza, avevano solo il ruolo di capi elettori, di sostenitori, ma che in realtà altri non erano che procacciatori di belle donne, di coscia lunga, per dirla con Giampaolo Pansa, destinate a fare "compagnia" specialmente nelle serate romane quando la lontananza da casa si fa sentire.
Alcuni di questi reggicoda in servizio permanente effettivo sono riusciti anche a fare carriera, procurando lo svago ai loro capi, altri ne hanno approfittato per concludere affari e sono anche riusciti a farsi una posizione, altri sono rientrati nei ranghi accontentandosi di un buon posto in qualche ufficio, senza strapazzarsi troppo.
Questo modo per riuscire ad ottenere successo e denaro non l'ha inventato certamente il Giampi barese che investiva il denaro sperando in cospicui ritorni, battendo tutte le piazze politiche, da destra a sinistra.
Questo Tarantini, che sia un millantatore, uno squallido ricattatore, un lenone d'alto bordo, lo dovranno stabilire i giudici, allo stato la sua immagine è quella d'un "pappone" che se la potrebbe cavare con un processo per induzione alla prostituzione. Ma ricordiamoci che non è il solo, anche da noi di suoi "colleghi" ne circolano diversi. Non è escluso che, prima o poi, qualche giudice si ricordi d'indagare, magari trovando fascicoli impolverati giacenti nei cassetti di qualche Procura. Io non ci conterei molto, ma chissà.......

07/09/09

CORAGGIO, SOLTANTO SEI MESI E CE LI LEVEREMO DALLE SCATOLE

Il conto alla rovescia è già cominciato, tra poco più di sei mesi i calabresi conosceranno i nuovi amministratori regionali, l'eco dei "tonfi" provocati dai trombati eccellenti si sentirà in ogni dove, le urne faranno giustizia, almeno si spera, togliendoci dalle scatole tutti coloro che, in cinque anni, hanno contribuito allo sfascio d'una regione in eterna attesa di riscatto.
Quello che l'uomo della strada si chiede, ed io mi metto tra costoro, chi saranno i nuovi consiglieri, ci sarà un autentico cambiamento, rinnovamento non solo di facce? Tutti sanno che il consiglio regionale della Calabria è tra i più "inquinati" d'Italia, al di là di ciò che pensa il presidente Bova, quando, facendo la faccia da duro, arriva a negare persino l'evidenza. Eppure sa benissimo che è circondato da inquisiti, da "presunti" colletti bianchi della 'ndrangheta, ma a lui va bene così.
Riusciremo a liberarci da alcuni personaggi che ogni giorno troviamo sulle pagine dei giornali locali (c'è chi dà meno spazio di altri, ma con qualche dichiarazione, qualunque sia l'argomento, ci sono sempre) anche se del loro operato non credo che i posteri troveranno tracce importanti?. Io mi auguro di sì, con la speranza di non vedere più imperversare qualche assessore espressione d'un partito ormai estinto, anzi di un partito-famiglia, come viene definito dai cittadini reggini, e un consigliere noto voltagabbana, pronto a cavalcare qualsiasi protesta, pur di apparire in tv o con una bella (si fa per dire) foto sui giornali. Non faccio i loro nomi, anticipo la par condicio elettorale, del resto i soldi per pagarsi la pubblicità ce li hanno.
Mentre ci si arrovella su Scopelliti governatore, sulle bizze di Di Pietro, su quelle di Misiti, uomo per tutte le stagioni, su Loiero che non intende mollare l'osso, su Callipo che minaccia di fare la mina vagante, sono cominciate le grandi manovre per la successione a palazzo San Giorgio. In tutta coscienza, c'è veramente poco da scegliere, nè crediamo alle soluzioni esterne, ai cosiddetti reggini illustri che si "sacrificherebbero" per dare una mano alla città per la quale non hanno mai fatto un bel nulla.
Io qualche nome ce l'avrei, ma per ora non intendo farlo, per non creare danni irreversibili. Il "bamboccione", come lo chiamava un mio ex collega che adesso lo ama svisceratamente, lascerà la poltrona di sindaco per accomodarsi su quella scomodissima di presidente della Regione. Ma io non sarei tanto sicuro che il progetto riesca. A presto.

03/09/09

REGGIO CITTA' METROPOLITANA, MA SOLO SUI CARTELLI

Accompagno amici romani venuti a trovarmi per visitare Reggio, la giornata è calda ma luminosa, lo spettacolo che offre lo Stretto è incomparabile, ma c'è un ben altro spettacolo che ci attende, non lontano da Villa San Giovanni.
Quasi allo svincolo di Bolano, che porta verso il noto ristorante Kalura, diventato ormai meta di migliaia di persone, nelle serate particolari che il gruppo Romeo organizza, un cartello dà il benvenuto a Reggio, città metropolitana.
Ma il pericolo è in agguato: poco distante, due enormi cumuli di rifiuti, una discarica a cielo aperto, lontana dai regolamentari cassonetti: c'è un pò di tutto, dai materassi ai servizi igienici sostituiti da qualcuno, ad una bicicletta arrugginita, oltre ai "normali" sacchetti di plastica, bottiglie, insomma di tutto di più.
La faccia, come si suol dire, m'è cascata per terra, ho cercato di farfugliare una qualche giustificazione accompagnata da una pietosa bugia (i netturbini in sciopero) ma ho notato lo sconcerto sul volto dei miei ospiti. Mi sono rifatto, in qualche modo, quando li ho portati sul Lungomare, al solito intasato dalle auto e con enormi difficoltà di parcheggio, ho potuto offrire loro un ottimo gelato al Sireneuse (ex Logiudice, per quelli della mia generazione) ma quando ho pensato di andare a visitare il Duomo, un'altra brutta esperienza. La via Gulli bloccata da un camion con le quattro frecce, sul marciapiedi qualcuno ha lasciato un'auto in sosta e non si passa. Dopo un pò vengono avvisati i vigili, mentre il caos aumenta, arriva un carro attrezzi, tra lo strombazzare di automobilisti già resi nervosi dal gran caldo, la multa appiccicata sul parabrezza e via.
Mi dicono alcuni abitanti della zona che è storia di ogni giorno, così come su quel tratto della via Marina alta dove ci sono degli uffici, auto in doppia fila, per cui bisogna invadere la corsia degli autobus col rischio di trovarsi un mezzo dell'Ama di fronte. Reggio città metropolitana, ma solo sui cartelli, almeno per ora.

31/08/09

GIORNALISTA, UNA PROFESSIONE NON PIU' AMBITA, TRANNE CHE IN CALABRIA

L'inchiesta è pubblicata dal giornale che, nonostante tutto, resta quello più autorevole in Italia, il Corriere della Sera che, da un pò di tempo, sta cercando di scandagliare nella cosiddetta società civile alla ricerca delle nuove tendenze della popolazione.
Un sondaggio realizzato su un campione di 2500 persone ha certificato che le professioni più ambite sono quelle di avvocato e d'imprenditore, solo al terzo posto l'indice statistico colloca gli aspiranti medici.
La sorpresa viene da una delle professioni che, come abbiamo finora creduto, raccoglieva i consensi dei giovani: fare il giornalista. Ma sembra non sia più così, gli aspiranti inviati speciali, un mestiere di grande fascino, sono al quartultimo posto della graduatoria, preceduti da chi vuol fare l'agricoltore e seguiti da aspiranti sportivi, show girl e blogger, coloro che si cimentano, come faccio molto modestamente io, sul web.
Gli interpellati dal sondaggio, di età variabile, al mestiere di giornalista preferiscono quelli di architetto, attore, artigiano, dirigente d'azienda, banchiere, insegnante.
Al primo posto delle preferenze, come già evidenziato, quelli che aspirano a diventare avvocati o imprenditori, libere professioni che danno anche qualche soddisfazione, se uno ci riesce.
I sondaggisti di questa ricerca devono aver interpellato solo pochi calabresi, altrimenti avrebbero scoperto che fare il giornalista è praticamente l'unica professione riservata ovviamente a figli di giornalisti di...peso, magistrati, politici, amministratori pubblici in grado di erogare ai giornali contributi e pubblicità istituzionale. Che alcuni di loro, fatte salve le eccezioni, siano assolutamente inadatti a fare questo mestiere, e non solo questo, poco importa, spesso i padri giornalisti non se ne accorgono e sono disposti a scrivere loro al posto dei figli, pur di tenerli a galla.
I casi, in Calabria, sono numerosi, tutti li conoscono, ma scatta una sorta di omertà di categoria quando qualcuno ne parla mentre tanti altri aspiranti giornalisti osservano, a chi fa notare che non è una professione qualunqe, che se lo fa "quello" o "quell'altro" perchè non dovremmo riuscirci noi?.
A voler ricostruire le storie di tanti giornalisti in contumacia, come vengono definiti, in quanto non sanno neppure loro perchè fanno quel lavoro, non basterebbero centinaia di pagine e verrebbero fuori storie incredibili, anche penose, ma è meglio lasciar perdere. Non nascondo che mi avrebbe fatto piacere se uno dei miei figli avesse seguito la mia strada, ma loro hanno scelto di fare, guarda caso, i lavori più ambiti, come il sondaggio del Corriere ha confermato, uno l'imprenditore, l'altro l'avvocato. Una scelta che li ha portati lontano da casa, ma che ha premiato il coraggio di chi vuole farsi strada con le proprie forze, senza spinte di alcun genere. Altrimenti, avrebbero rischiato di far parte di un folto gruppo di frustrati cui qualcuno ha "regalato" il titolo ad esercitare una professione per la quale non sono tagliati.

28/08/09

OSPEDALI COME CIMITERI, MA AI POLITICI INTERESSA IL POSTO IN LISTA

L'ospedale come luogo di cura, ma anche di sofferenza, nel quale si entra per guarire, se possibile, mai per morire. In Calabria sta avvenendo il contrario: in questo agosto terribile che sta per declinare, tanto per usare un'espressione cara al poeta Cardarelli, i nosocomi della nostra regione si sono trasformati in...cimiteri.
Mentre le commissioni d'inchiesta si moltiplicano, il presidente Loiero, sfoggiando le bretelle, promette cose che difficilmente potrà mantenere, la magistratura apre fascicoli che chissà quando potranno essere chiusi. Bisognerebbe fare attenzione, mi suggerisce un amico, alle parentele tra magistrati e medici, che sono numerose, nonchè agli intrecci da club service, per non parlare della solita Massoneria che, tra i camici bianchi, annovera parecchi adepti.
In questi casi, di vera e propria emergenza, è facile fare, come si suol dire, di tutta l'erba un fascio e additare i medici ospedalieri al pubblico ludibrio, qualificandoli come assassini, ci sono strutture che funzionano, gente che lavora seriamente e che pensa, principalmente, alla tutela della salute dei pazienti.
Ma c'è una parte della categoria che tra congressi, esibizioni televisive, doppio e triplo lavoro, non può tenere fede agli impegni presi quando ha accettato il posto in ospedale, agli inizi della carriera.
Si riscopre, quando scoppia la bufera, come in questi giorni, con morti inspiegabili e annunci di diagnosi sbagliate, incuria professionale, l'antica questione dell'impegno pubblico-privato dei medici che nelle corsie dell'ospedale del cui organico fanno parte, si vedono sempre più raramente, anche se ricoprono ruoli cosiddetti apicali.
La politica ha fatto molti danni, in questi anni che hanno visto alternarsi manager di provata capacità, ma impossibilitati a lavorare perchè "incaprettati" dai boss dei partiti, a personaggi che talvolta hanno dovuto conoscere le patrie galere. Un esempio per tutti, la gestione dell'azienda sanitaria di Locri con sullo sfondo l'omicidio di Francesco Fortugno. Non sarà facile uscire da questa situazione che ha suscitato allarme e preoccupazione in tutto il Paese, ci vorrebbero azioni coraggiose da parte dei politici che governano la Regione, ma loro sono occupati, pensano ai congressi dei partiti e ad assicurarsi un posto in lista per le elezioni della prossima primavera. E la morte continua ad aleggiare sui nostri ospedali.

25/08/09

ANCHE A ME, COME A MOURINHO, PIACE IL RUMORE DEI NEMICI

La vita è bella perchè è ricca di sorprese, facendo il mio mestiere, poi, ogni giorno è diverso, conosci oggi quello che la gente leggerà domani, e forse crederà a quello che tu scrivi, insomma, ti fai un tuo pubblico.
Ci sono quelli che ti apprezzano, ti stimano per il tuo lavoro, che è anche (o almeno dovrebbe essere) d'impegno sociale, il giornale come servizio pubblico, il cronista come cane da guardia della democrazia, tutte belle parole, la realtà è completamente diversa.
Ma ci sono anche i nemici, e te ne fai parecchi, se vuoi mantenerti indipendente, se vuoi correre, come si suol dire, senza alcuna casacca, se ti tieni distante dalle tentazioni d'ogni genere, quello del giornalista è il mestiere più a rischio corruzione che esista.
Anche a me, però, e non ci voleva certo Mourinho per ricordarmelo, è sempre piaciuto il rumore dei nemici, mi hanno dato la spinta a continuare, gli stimoli per non cedere al senso d'impotenza, alla depressione professionale, al tanto chi me lo fa fare, meglio tirare a campare.
Il rischio maggiore è quello di non fare carriera, se non sei legato al carro giusto, quello delle amicizie politiche importanti, della potenza delle lobby, in primis quella massonica, se non sei legato da "affettuosa amicizia" a qualche big dell'editoria. A me, comunque, almeno per ora, continuano a piacere le donne, con tutto il rispetto per l'adorata moglie, che mi sopporta da quasi quarant'anni.
I nemici arrivano dal tuo ambiente, li trovi tra i colleghi invidiosi, quelli che sanno di non poter mai scrivere come sai scrivere tu, che non potranno mai avere la cultura che tu hai, perchè non hanno studiato, non hanno letto i classici, la loro strada professionale è costruita sulle menzogne in danno dei colleghi, sulle maldicenze, sullo spionaggio a favore del padrone, che non li stima, ma li utilizza. Ne ho incontrati tanti, di questi personaggi, sulla mia strada, ma ne ho sempre sentito l'odore, prima del rumore, e hanno scatenato in me la voglia di combattere. Ci hanno provato in tutti i modi, anche a togliermi il pane, per fortuna non ci sono riusciti e ancora mi godo la mia libertà di scrivere e pensare quanto di peggio su questi soggetti squallidi che credono di essere chissachè, ma che sono attesi da un triste tramonto, quando avranno spostato il loro culo dalle poltrone che occupano.
I nemici si rassegnino, continuerò a farmene altri, grazie alle sterminate praterie del web, sento il loro rumore che s'avvicina. Io li aspetto per sfidarli in battaglia.

21/08/09

OMAGGIO A PIPPO, EDICOLANTE E POETA CHE AMA LA SUA CITTA'

Lo conosco da quando era bambino e frequentava l'edicola gestita dai genitori, i coniugi Modafferi, in piazza Camagna, nel cuore del centro storico. Pippo è ancora lì, la salute non l'aiuta, ma assieme alla sorella, che lo assiste amorevolmente, trascorre la sua giornata lì, all'edicola che da qualche anno è stata rinnovata ed è un bel monumento nella piazza più civettuola di Reggio, a due passi dall'altra piazza cittadina, sulla quale si affacciano i palazzi del potere.
Pippo è un personaggio, conosciuto da tutti, soprattutto dagli ascoltatori di Radio Touring per le sue telefonate in diretta durante le trasmissioni di Gianni Baccellieri, l'edicolante-opinionista scambia con me qualche chiacchiera, dopo tanto tempo, mi consegna la sua ultima...fatica, una poesia in vernacolo, una delle tante che Pippo sforna con uno stile che mescola la polemica piuttosto salace all'amore per la sua città.
Gli edicolanti, lo sostengo da sempre, sono i migliori giudici della qualità dei giornali, del nostro lavoro, sono i primi a leggere le notizie, mentre albeggia e i frettolosi pendolari acquistano le copie ancora fresche di stampa, d'estate e d'inverno, l'edicola di piazza Camagna è un punto di riferimento importante, attorno a Pippo si radunano amici e lettori occasionali per un sano gossip politico-sportivo, ed è un vero divertimento.
A Pippo, che stimo, voglio fare un modesto regalo, pubblicare qui di seguito il testo della poesia della quale mi ha fatto omaggio. Il titolo è ricavato da un detto popolare:
CU CUNTA MENTI A GIUNTA
Riggiu
città i suli
aundi a 'ggenti
è sula.
Città i mari
aundi a mara 'ggenti
è amareggiata.
Città i ventu
aundi pi sbintura
a 'ggenti è sbinturata.
Città i caddari
i cumpari
i frittuli e satizzu
aundi c'è sempre prontu
carcunu mi 'ndi rumpi u......
Ma Ddiu si ammeno Tu u sai,
rimmillu pi 'ffauri
pirchì nta sta bella città,
'ffacciata ravanti o Strittu
puru u cchiù stortu
si senti ammanicatu drittu?.
Ddiu mi vardau, pinsau
e mi rispundiu
Pippu, u to pirchì
è puru u pirchì meu,
in tutta cunfirenza
tu ricu nta ricchi:
no sacciu mancu eu.

20/08/09

COME E' CAMBIATO L'AGOSTO NELLA CITTA' NON PIU' DESERTA

Che strano mese di agosto: la città non è mai stata così popolata come in questo periodo. La mente va indietro, alle estati passate quando, sotto Ferragosto, chi restava a presidiare le redazioni, ed io l'ho fatto quasi sempre, aveva grossi problemi per mettere assieme delle pagine di cronaca decenti.
La "nera" ti veniva spesso in soccorso (i delinquenti, almeno allora, in vacanza non ci andavano) ma senza i telefonini, senza i computer portatili, senza internet, erano guai seri, dovevi rintracciare politici, amministratori, giudici, chiunque avesse un ruolo pubblico e potevi farlo solo se avevi i numeri di telefono, riservati, delle case di villeggiatura.
Di solito, a Ferragosto, si pubblicava la foto del Corso Garibaldi completamente deserto, con le saracinesche dei negozi tutte abbassate, al lavoro c'erano i topi d'appartamento, che approfittavano dell'occasione.
Ci chiediamo, adesso, cosa è cambiato, se Reggio è animata come nelle normali giornate lavorative, i bar sono strapieni, lo stesso vale per i ristoranti e le pizzerie, il lungomare, la sera, pare Copacabana.
A scuotere questo clima festaiolo, le solite notizie di attentati, sparatorie, risse, anche per un posto in giuria nelle selezioni di miss Italia, e l'arresto di qualche latitante che paga così la sua voglia di mare.
Sui giornali escono notizie che, in altri momenti conoscerebbero come destinazione il cestino, i cronisti di turno afflitti dalla calura, incappano in solenni svarioni, come nomi storpiati, marchiani errori sintattico-grammaticali (l'esequie, scritto proprio così, a proposito del funerale d'un mafioso assassinato, definito, tra l'altro, elemento non di spicco (!) della 'ndrangheta) e questi sono solo alcuni.
Ci sono, però, le dichiarazioni dei politici, quasi sempre i soliti, pronti a cavalcare l'onda di un successo delle forze dell'ordine, per ottenere, come se non ne avessero già abbastanza, un pò di spazio sui giornali. Qualcuno, senza nemmeno fare il nome del personaggio finito in galera.

17/08/09

ARCHI, QUEI TELEFONI MUTI E IL CORAGGIO DEL PRESIDENTE LEO

Il problema della carenza idrica a Reggio non è certamente una novità, da anni la città soffre la sete, anche in periodi non estivi, si va avanti scavando nuovi pozzi, in attesa che il "miracolo" avvenga con il completamento dei lavori di costruzione della diga sul Menta.
Interi quartieri, da un momento all'altro, restano con i rubinetti a secco, come è avvenuto ad Archi nelle ore precedenti la festività ferragostana, ma la cosa sarebbe passata sotto silenzio, o quasi, se non fosse stato per lo sfogo del giovane presidente di Circoscrizione, Leo, raccolto dai microfoni di Reggio Tv e ripreso dagli organi d'informazione.
Quella di Leo è stata una analisi amara quanto spietata della situazione di alcune strutture comunali rimaste sorde ai disperati appelli di chi deve rendere conto alla popolazione esasperata in giornate di grande calura. Tutti in vacanza, telefonini chiusi, senso di frustrazione del presidente Leo, finalmente l'intervento di chi di competenza, ma ugualmente un grave disagio per migliaia di persone.
Reggio città del superfluo e degli spettacoli, anche molto costosi, di mostre le più svariate spacciate per grandi eventi altrove costati molto meno, Reggio che non riesce ad assicurare, nonostante qualche "passerella" con sindaco in testa, il liquido più prezioso. Il reggino è paziente, sopporta, anche se l'acqua, quando c'è, è salata o addirittura emana un fetore insopportabile, la sera, per dimenticare, si va a passeggio sul Lungomare dove la nostra amministrazione ha pensato a far divertire, gratis, i reggini, anche se qualcuno paga, eccome.
Sinceramente sono rimasto particolarmente colpito dallo sfogo dell'amministratore di quartiere, che ha avuto coraggio nello sferrare l'attacco alla "corazzata" di palazzo San Giorgio. Continui così, non avrà la simpatia dei padroni del vapore guidati da Scopelliti, ma certamente il consenso dei cittadini, e non solo di quelli di Archi.

12/08/09

CRISI DEI GIORNALI, E' IN ARRIVO LO TSUNAMI D'AUTUNNO


Prima Comunicazione è un mensile che, da più di trent'anni, si occupa di editoria, dei problemi dell'informazione in generale, col tempo ha acquistato una tale autorevolezza da essere considerato la Bibbia nel mondo della stampa in genere, con particolare attenzione a quanto di nuovo emerge nella variegata galassia dei media.


Io ne posseggo l'intera collezione, posso dire che il giornale diretto da Umberto Brunetti mi ha tenuto compagnia nel corso della mia carriera, ed ogni tanto, quando ce ne è stata l'occasione, ha dato informazioni sui miei spostamenti editoriali, che non sono stati pochi. Nell'ultimo numero, prima della pausa estiva, mi ha particolarmente colpito l'articolo di Carlo Rossella che ha affrontato, partendo dagli Usa, per poi spostarsi nel nostro Paese, la crisi che sta investendo la stampa quotidiana e periodica.

Si parla di un numero di esuberi eccezionale, gli osservatori prevedono un autunno davvero nero, con pre pensionamenti e riduzioni d'organico che riguarderebbero centinaia di colleghi. Rossella si cala nei panni del direttore che è costretto, per volontà dell'editore, a tagliare gli organici e le spese, mandando a casa colleghi che, negli anni, sono diventati soprattutto amici. E' dura rinunciare a quei privilegi che questo mestiere ancora offre, anche se nel corso degli ultimi anni sono stati ridimensionati: il telefonino e l'auto aziendali, la mensa, lo stipendio che, da pensionato, si riduce notevolmente.

E' finita l'epoca degli inviati soggiornanti in alberghi di lusso con note spese "a piè di lista", come s'usava, senza badare al risparmio. Adesso si viaggia sempre meno e sono di moda gli inviati stanziali, che coprono una determinata area senza alzarsi dalle scrivanie.
I giornali si sono accorti dai bilanci del fallimento della politica aziendale, con assunzioni eccessive, redazioni improduttive per vendite e pubblicità. Anche quelli interregionali dai bilanci assai solidi, si sono dovuti arrendere all'evidenza dei buchi lasciati dalle vendite stazionarie e dal pauroso calo delle entrate pubblicitarie.
Per alcuni editori questa è l'occasione per liberarsi di personaggi scomodi o troppo sindacalizzati, preferendo mantenere in servizio quelli del "tutto va bene madama la marchesa" o funzionali alla linea politico-editoriale della testata.
Per i giovani gli spazi si restringono anche perchè, salvo qualche rara eccezione, non c'è neppure più quella valvola di sfogo delle sostituzioni ferie, tre mesi di lavoro e talvolta anche più, con la possibilità per quelli bravi di farsi conoscere e....chissà.
Qualche giornale utilizza addirittura per le sostituzioni estive pensionati , nella totale indifferenza alle proteste sindacali. Un autentico tsunami sta per abbattersi su molte testate ed a pagare sarà sempre il lettore che si troverà tra le mani un prodotto scadente, fatto di articoli-soffietto, auto interviste che nemmeno gl'interessati leggono, cronache che più piatte di così non si potrebbero immaginare. Il risultato potrebbe essere di ulteriore disaffezione dei lettori.

08/08/09

TRA BOLLINI ROSSI E NERI, BUONE VACANZE A TUTTI


Sono i giorni delle vacanze tra bollini rossi e neri, con i calabresi emigrati che tentano di raggiungere i luoghi d'origine e i turisti che, purtroppo, maledicono il momento in cui hanno deciso di venire a trascorrere le ferie in Calabria.

Un altro anno è passato e, tranne le scuse pubbliche del governatore Loiero, che almeno fino al momento non si è fatto vivo, nulla è cambiato. Il mare è inquinato, l'acqua potabile scarseggia, la raccolta dei rifiuti non va, i prezzi, in alcune località, sono schizzati in alto, i sequestri di piantagioni di "erba" sono all'ordine del giorno.

Ad ogni stagione, mentre si sta per ore incolonnati lungo il tragitto della Salerno-Reggio, ci si augura che sia l'ultima stazione di un calvario che dura da decenni. Ricordo la visita dell'allora ministro dei lavori pubblici Antonio Di Pietro, con tanto di codazzo di giornalisti, appositamente invitati, ai quali venne dato il solenne annuncio: l'autostrada ammodernata, sarebbe stata pronta entro il 2008. Poi, ci si è accorti che il tracciato andava disegnato ex novo, se si voleva veramente dotare la Calabria e la Campania d'una arteria degna di tal nome. Ad un certo punto, tra un cambio di Governo e l'altro, gli stanziamenti si sono bloccati ed eccoci ad una nuova data prevista, il 2013.

Quattro anni dopo, tanto per gradire, dovrebbe essere inaugurato il Ponte sullo Stretto (di Messina o di Reggio?). Un'altra estate è arrivata, ma per i calabresi tutto è rimasto come dodici mesi fa, esattamente.

03/08/09

SUSSURRI E GRIDA SPEGNE LA PRIMA CANDELINA

E' passato un anno da quando, così per caso, il mio blog Sussurri e Grida ha visto la luce e, anche senza eccessivi trionfalismi, mi pare il caso di festeggiare perchè, perdonatemi l'immodestia (che non è certo una virtù dei giornalisti) è stato un successo.
Non credevo molto in questo genere di comunicazione sul web, anzi non ci credevo affatto, consultavo poco le versioni online dei giornali, fin quando non ho cominciato a seguire il quotidiano del mio amico Giusva Branca, uno che a questo nuovo segmento dell'informazione ci ha sempre creduto. Strill, col quale, di tanto in tanto collaboro (Giusva mi tirerà le orecchie perchè da qualche tempo sono un pò... pigro) è stata la molla che mi ha spinto a tentare l'avventura di un mio blog sul quale riportare pensieri e parole, ritratti, anche pungenti, ritrovare il gusto di lasciare ogni giorno un segno della propria professionalità, di esercitare ancora in età non più verde, quel "mestieraccio" che mi ha accompagnato per più di quarant'anni.
Sinceramente non mi aspettavo una tale attenzione da parte dei lettori, ogni giorno più numerosi, soprattutto di quelli sparsi in varie parti del mondo, dalla Germania alla Cina, dall'Africa all'America latina. Basta dare uno sguardo alla cartina accanto alla mia foto (quella potete fare anche a meno di guardarla) per comprendere quanto immenso sia lo spazio coperto dai navigatori di internet.
Un anno è passato in fretta senza che, nella mia città, che pur vivendo ormai quasi stabilmente a Roma, continuo a seguire ed amare, le cose siano cambiate di molto, così come in Calabria, e non si intravedono segnali positivi. La politica è fatta di polemiche sterili, attacchi strumentali, spesso opera di personaggi che definire chiacchierati è un eufemismo, la criminalità, pur colpita duramente, non abbassa la testa, la stampa, tranne qualche rara eccezione, lega l'asino dove il padrone di turno vuole. Meno male che ogni tanto Gian Antonio Stella ci ricorda che esiste il giornalismo d'inchiesta, che è cosa diversa da quelle estorsioni in tempo reale (non riesco a trovare altra definizione) che siamo costretti a leggere da qualche parte. I professionisti dell'antimafia da salotto, da ristorante, da circolo esclusivo, ovviamente a pagamento, continuano imperterriti a sfilare sulle loro passerelle. Andiamo avanti, un altro anno ci aspetta, amici di Sussurri e Grida, seguiteci con il vostro affetto, ricambiamo con tutta la gratitudine possibile.

31/07/09

SACCA' DOPO LOIERO? LA GENTE DIREBBE "ARIDATECE ER PUZZONE!"



La notizia della possibile candidatura dell'ex potente direttore generale della Rai, Agostino Saccà, calabrese d'origine, alla successione del governatore Agazio Loiero, è arrivata nel pieno della cosiddetta "bolla" di calore che sta facendo sudare tutta l' Italia.
I miei affezionati lettori sanno benissimo qual è la mia opinione su Saccà e, in genere, su tutti i colonizzatori che scelgono la Calabria per le loro "imprese", assai spesso con risultati disastrosi, loro vanno via e ai calabresi tocca rimediare ai danni.
Sapete anche bene come la pensi su Loiero e la sua corte dei miracoli, che i miracoli promessi, nonostante l'incensamento h24 che un giornale gli riserva, non è riuscito a farli. L'ex ministro ed ex non ricordo più di quanti partiti, prima di farsene uno suo, è una di quelle persone che non riescono a risultare simpatiche alla gente neppure se, improvvisamente, si trasformassero in Woody Allen della politica.
Che Berlusconi abbia pensato a Saccà per tentare di impadronirsi nuovamente della Regione, dopo i disastri combinati dalla banda Chiaravalloti, detto il barzellettiere di Viale De Filippis (sede della Giunta) ci pare una mossa azzardata. Forse, come avviene spesso in politica, qualcuno l'avrà lanciata proprio per bruciare sul nascere le speranze dell'Agostino da Taurianova, quello che, con il bel pacco di soldi della liquidazione Rai, vuol mettere su un centro di produzione calabrese in concorrenza con l'azienda alla cui greppia s'è saziato per anni.
Tra l'uscente Loiero e il possibile entrante Saccà la gente, noi crediamo, finirebbe con il non scegliere, disertando in massa le urne. Dopo tutto, di fronte a un Saccà in veste di salvatore della patria, anche noi finiremmo con il confermare la scelta di Loiero dandogli altri cinque anni di possibilità per scusarsi con le genti di Calabria per tutto quello che non è riuscito a fare.

A Roma, dopo la caduta di Mussolini, ci volle poco perchè il dittatore finito a testa in giù a piazzale Loreto venisse rimpianto al punto da far gridare nelle piazze: aridatece er puzzone!. Non vorremmo che anche in Calabria accadesse la stessa cosa.

23/07/09

DA SINOPOLI A VIA VENETO, MA CHI C'E' DIETRO GLI ALVARO?


Hanno avuto, giustamente, grande risalto, sugli organi di stampa i sequestri di immobili, locali, auto di lusso, conti bancari, riconducibili, anche se ciò dovrà essere dimostrato nelle sedi competenti, alla cosca degli Alvaro, egemone a Sinopoli, che avrebbe, sempre stando all'ipotesi accusatoria, le sue propaggini nella Capitale.
La presenza di esponenti della 'ndrangheta, con interessi economici anche notevoli, a Roma e nei dintorni (vedi la zona dei Castelli) non è certo una novità, almeno per cronisti di lungo corso e di buona memoria.
Già agli inizi degli anni '80, nell'istruire il primo maxi processo che portò alla sbarra una sessantina di personaggi di spicco, da Paolo De Stefano ai Piromalli di Gioia Tauro, a Ciccio Serraino, il re della montagna, il giudice Agostino Cordova aveva dedicato particolare attenzione alla cosiddetta "colonna romana" che aveva tra gli esponenti più importanti quel Gianfranco Urbani, detto "er pantera", finito anche nelle inchieste sulla banda della Magliana. Urbani era considerato l'unico in grado di dirimere le controversie e mettere pace tra i gruppi della mala romana.
Con i romani ,Vittorio Canale, detto il rosso, da anni scomparso dalla circolazione, (si dice viva in Francia) aveva partecipato alla famosa rapina delle paghe dei dipendenti della Stefer, da romani era composta la "batteria" di ladri specializzati nell'uso della lancia termica, che portarono a termine il clamoroso furto nel caveau della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, nel centro di Reggio. Uno degli organizzatori fu il pentito Giacomo Lauro, che agì senza chiedere "l'autorizzazione" ai capi cosca cittadini.
Gli Alvaro, che si dice siano stati i fautori dell'armistizio tra i gruppi mafiosi reggini in lotta, dopo cinque anni di omicidi e ferimenti, da tempo, oltre a "scendere" in città, interessandosi particolarmente della gestione di locali tipo bar e ristoranti, qualche distributore di carburante, avevano spostato il loro raggio d'azione su Roma dove, sempre stando a quanto si sostiene negli ambienti investigativi, avrebbero contato anche su importanti "appoggi" politici.
L'inchiesta della Procura distrettuale diretta da Pignatone è in corso, dopo la fase dell'individuazione dei prestanome, il sequestro dei beni acquistati con denaro di provenienza illecita, ci sarebbe un ramo, diciamo così, politico dell'indagine che potrebbe portare a clamorosi risvolti.
E' possibile, infatti, che dietro Vincenzo Alvaro, il figlio di "copertuni", già coinvolto in altro procedimento, ci siano persone al di fuori dei clan, gente ufficialmente "pulita", che nella Capitale frequenta esponenti della politica, della finanza, delle agenzie immobiliari. I romani, che via Veneto da tempo l'hanno lasciata prevalentemente ai turisti, e dove la dolce vita è solo un ricordo, sono increduli. Ieri mattina una piccola folla stazionava davanti al Cafè de Paris: ne abbiamo viste tante, commentava qualcuno, ma che i calabresi se stanno a comprà mezza Roma proprio nun ce và.

13/07/09

14 LUGLIO, QUANDO LA CITTA' REAGI' A UN SOPRUSO, E FU LA RIVOLTA


Il ricordo è ancora assai nitido, nonostante siano passati ben 39 anni da quel fatidico 14 luglio, il giorno dell'inizio "ufficiale" della assurda rivolta per il capoluogo di regione, rivendicato dai reggini, ma con i catanzaresi strenuamente aggrappati al loro pennacchio.
Per la verità, la città era in subbuglio già da qualche giorno, esattamente dalla serata del 5, quando in piazza Italia i maggiorenti dei partiti s'erano ritrovati per un "rapporto alla città" tenuto dal sindaco Piero Battaglia. Sul palco c'erano i consiglieri regionali neo eletti, compresi quelli che, poi, avrebbero preso le distanze dai moti popolari subito bollati come eversivi e soprattutto fascisti.
Di fascismo, almeno nella spontanea prima fase della sollevazione della popolazione reggina, c'era poco, in tutti i ceti sociali era vivo il senso di ripulsa verso l'atteggiamento di Catanzaro, con la sua "batteria" di parlamentari, che a Roma contavano, come si vedrà dopo.
Nel comitato d'azione per Reggio capoluogo erano rappresentate, oltre a tutte le ideologie politiche, anche le associazioni, la Chiesa, le professioni, il mondo giovanile. La leadership, quando cominciò a crearsi attorno alla città un autentico vuoto pneumatico delle Istituzioni, passò nelle mani di Francesco Franco, detto Ciccio, uomo della destra, sindacalista della Cisnal che s'interessava in particolare dei problemi della azienda municipale di trasporto.
Ciccio aveva una buona oratoria, nel partito di Almirante che a Reggio aveva il personaggio di maggior rilievo nell'onorevole Nino Tripodi, direttore del Secolo d'Italia, non tutti lo sopportavano, insomma non stava troppo dentro le regole. Ma ben presto il popolo lo scelse come idolo, simbolo della rivolta che, quella calda serata di luglio, sacrificò alla causa il primo dei martiri, Bruno Labate, ferroviere, trovato morto dopo una carica della polizia in via Logoteta, piccola traversa che, dal corso Garibaldi, sfocia in via Torrione, pochi metri in salita.
Labate, per la cui tragica fine non c'è stato nessuno che ha pagato, è stato il primo di una serie di vittime, cadute per difendere un ideale, gente del popolo.
Centinaia di arresti, decine e decine di feriti e mutilati, processi che sono durati anni, s'incontrano ancora quelli che sul corpo portano i segni delle "battaglie" per Reggio che il capoluogo non l'avrà e che, negli anni successivi, è stata tenuta in castigo dai Governi che si sono succeduti.
C'è stata, da parte anche di storici importanti, una rivisitazione della rivolta, e anche se si sono voluti fare collegamenti con la criminalità mafiosa, la massoneria deviata, i Servizi infedeli, rimane l'autenticità d'un moto spontaneo che nessuno potrà mai smentire. Abbiamo il dovere di spiegarlo alle nuove generazioni, perchè sappiano che chi li ha preceduti nella vita ha lottato contro un ideale e se violenza c'è stata, la colpa non è stata soltanto di tanti giovani che sono scesi sulle barricate, mentre la repressione dello Stato si faceva ogni giorno più dura.
Solo il senso di responsabilità di chi aveva il compito di garantire l'ordine pubblico ha impedito (e di questo dovremo essere sempre grati al questore Santillo) che avvenissero fatti di sangue ancor più gravi.
La rivolta, nel ricordo di chi l'ha vissuta, resterà sempre come un passaggio della tribolata storia di Reggio, una città dove si ha sempre la sensazione che il fuoco covi sotto la cenere della delusione. Tantissimi protagonisti di allora ormai non ci sono più, resta il sacrificio che hanno fatto, pagando di persona, perchè non venissero calpestati, come ancora si sta tentando di fare, diritti secolari.