27/11/08

NON DIMENTICHERO' LA LEZIONE DEL MAESTRO BIAGI

La notizia del mancato riconoscimento ad Enzo Biagi, il prestigioso Ambrogino d'oro, da parte del Comune di Milano, nonostante l'iniziativa fosse stata del sindaco Letizia Moratti, mi ha oltremodo amareggiato.
E mi ha riportato alla memoria quanto lo stesso Biagi, qualche anno fa, quando ho avuto l'onore di collaborare con lui per la serie "La cronaca in diretta", ebbe a dirmi a proposito del giornalismo scomodo e della sua naturale ritrosia nell'accettare premi e premiucci per cui l'Italia vanta certamente il primato.
Il Maestro -che si faceva grasse risate quando lo apostrofavo col titolo (che aveva rifiutato) di commendatore -aveva una sua filosofia, lui che, da emiliano, si era milanesizzato e, dopo tutto, amava la città della Madonnina. Sapeva benissimo che il suo modo di fare giornalismo, senza timori reverenziali, senza essere ossequioso verso i poteri forti, con un senso d'indifferenza nei confronti della politica, non poteva che renderlo inviso a chi non è abituato ad essere "disturbato" da un'informazione fuori dal coro.
E a me che gli manifestavo i miei sentimenti d'insofferenza verso i politici della mia città, proprio nei giorni in cui era esplosa quella specie di Tangentopoli stracciona, rispose con tono paterno.
"Meglio correre da solista che stare da anonimo nel gruppo, e tu non hai l'aria di chi s'accuccia ai piedi del potere".
Tante volte in questi anni ho ripensato a queste parole del grande Enzo che, affettuosamente, quando lo chiamavo in occasione di ricorrenze, scherzando mi domandava se mi ero "iscritto alla 'ndrangheta". Alla mia risposta, ovviamente negativa, facendo finta anche di agitarmi, lui, serafico, rispondeva:"Allora, non diventerai mai qualcuno che conta".
L'Ambrogino d'oro, così come a Reggio Calabria il Sangiorgino, sono onorificenze ambite, anche se a decidere chi le meriti o meno in genere sono gli amministratori pro tempore. E non sempre le scelte sono le migliori. Biagi continua a stare sullo stomaco anche da morto, ma questo gli fa onore, anche se a me ed ai suoi tanti "figli" provoca un senso di rabbia e sgomento. La sua lezione, però, non la dimenticherò mai.

24/11/08

L'ULTIMO SALUTO AD ALDO SGROY

Un pensiero per ricordare Aldo Sgroy il giorno dopo il suo funerale al quale non ho potuto prendere parte, come avrei voluto. Chi mi segue sa che da tempo mi sono praticamente trasferito a Roma e, dopo la morte della cara mamma, avvenuta a fine giugno, le mie visite a Reggio, che prima avevano quasi cadenza settimanale, si sono diradate.
Nella Capitale, anche da pensionato (benestante, chiosa un amico che ama punzecchiarmi) continuo la mia attività giornalistica.
Del resto, il nostro mestiere, come quelli di medico, avvocato, ingegnere, intellettuali in genere, non prevede, almeno finchè il cervello funziona, di mettersi completamente a riposo. Oltre al mio blog personale, alla collaborazione col quotidiano on line Strill e il mensile cattolico Messaggero di Sant'Antonio, partecipo attivamente alla vita della corrente sindacale che fa capo agli amici Enzo Jacopino e Francesco Gerace.
Caro Aldo, quando nelle tenebre sarà soffocata ogni luce, non si estingua la fiamma della fede, ma illumini la nostra notte. Buon riposo.

23/11/08

CIAO "ZIO" ALDO, CI MANCHERAI TANTISSIMO

Quando un collega, ma soprattutto un amico, qual era per me Aldo Sgroy, e per tanti altri della generazione di giornalisti che accanto a lui si sono formati, ci lascia, sentiamo che, inesorabilmente, un’epoca si sta chiudendo.
Aldo, per tutti era lo zio, il maestro per definizione, un uomo che era stato costretto a lasciare la “sua” Messina e trasferirsi a Reggio quando Lodovico Ligato aveva lasciato la redazione reggina di Gazzetta per candidarsi alla Regione, seguendo il sogno di fare politica, che lo accompagnava dagli anni della gioventù.
Eravamo un gruppo di ragazzi col pallino del giornalismo. Io ero da qualche anno alla Tribuna del Mezzogiorno, nella redazione guidata dal vulcanico Ugo Sardella, con un caro collega come Pino Barilà che mi faceva da chioccia.
Aldo decise di trasferirsi quasi immediatamente dall’altro lato dello Stretto e per tanti anni guidò la redazione cittadina del quotidiano messinese distinguendosi per la sobrietà, la capacità di gestire momenti difficili per Reggio, specialmente durante la rivolta per il capoluogo. Zio Aldo fu un punto di riferimento importante per chi veniva da fuori e voleva veramente comprendere lo spirito di una autentica sollevazione di popolo cui si volle ad ogni costo affibbiare l’etichetta fascista.
Ad Aldo devo gratitudine, sia per l’amicizia sincera che in ogni occasione mi dimostrò, che per la possibilità di raccogliere, nell’85 il testimone alla Gazzetta, che lui lasciava per la meritata pensione, dopo aver superato un difficilissimo momento: in un incidente stradale era rimasto gravemente ferito l’adorato figlio minore Salvo, morto dopo una lunga agonia.
Nell’organico si liberò il posto che fui chiamato ad occupare e, dopo tre anni a Messina, addirittura venire a lavorare in quella che era stata la sua redazione. Memorabili i suoi “confronti” dialettici con il povero Malafarina, quando Aldo, sempre col tono del buon padre di famiglia, gli rimproverava le sue lunghe pause tra una sigaretta e l’altra, fumata fuori dal giornale. Le sue giustificazioni erano puerili, ma Aldo fingeva di crederci.
Impegnato come amministratore del nostro istituto di previdenza, era a disposizione dei colleghi per qualsiasi necessità, sempre prodigo di consigli, sempre lontano dalle polemiche e dai litigi che, in ogni categoria, e specialmente in quella dei giornalisti, non mancano.
Aldo carissimo, dopo Gigi, dopo Saverio, dopo Ugo, dopo Paolo, dopo Michelangelo, dopo Enzo, l’elenco dei colleghi fraterni che mi hanno prematuramente abbandonato, ora te ne sei andato anche tu. Che la terra sia lieve e da lassù, se puoi, proteggi chi ti ha voluto bene.

19/11/08

PERSONALE DI AMORESE ALLA GALLERIA MONOGRAMMA






INAUGURAZIONE
Venerdì 5 Dicembre 2008 ore 18.30

Giuseppe Amorese
“Ogni cosa è la propria assenza”

“… Il percorso indicato da Giuseppe Amorese è problematico, difficile, ma unico, ed esclude qualsiasi altra possibilità. Vuol dire ri-programmazione dei percorsi intellettivi della mente umana a partire da nuovi orizzonti e verso nuovi traguardi. Campiture monocrome che si infittiscono e si diradano, trasudano quasi, per diventare la scenografia perfetta di una nuova figurazione, in cui soggetti umanoidi, animali e vegetali si pongono in primo piano con le loro illusioni e le loro contraddizioni: una provocazione nell’era tecno mediatica, per dare misura alle emozioni e ri-vivere la fisicità attraverso la figura e il colore. .....Il lavoro artistico di Giuseppe Amorese è caratterizzato dal rapporto inestricabile che lega i problemi esistenziali con la loro manifestazione artistica, mediante il puntiglioso impegno a restituire forme e colori da cui traspare l’ansia silenziosa e responsabile del vivere. Come l’artista stesso dice, “l’Opera non è, e non sarà mai presente,” ma oltre il significato stesso ed ogni spazio per essere ovunque."
Testo a catalogo di Gerardo Amato
Monogramma Arte Contemporanea
Via Margutta, 57 00187 Roma
tel. 06 32650297 Fax 06 32655574

Ufficio Stampa Gianluca Morabito 348 0537611

La mostra resterà aperta fino al 7 Gennaio 2009 con i seguenti orari :
tutti i giorni escluso i festivi, dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.30

www.monogramma.it

17/11/08

SANTO SPIRITO IN SASSIA, LA CHIESA DEI MIRACOLI

E’ a pochi passi da San Pietro, eppure, fino a qualche mese fa, neppure i romani erano in molti a conoscere la chiesa barocca di Santo Spirito in Sassia, che deve la sua improvvisa notorietà ad un matrimonio, quello tra il play boy Flavio Briatore e la soubrette calabrese Elisabetta Gregoraci.
Eppure, questo luogo sacro è meta di continui pellegrinaggi, ogni giorno, come ha scritto la collega Franca Giansoldati sull’edizione romana del Corriere della Sera, si mescolano italiani e stranieri, ricchi e poveri, potenti e umili.
Compresi parecchi cosiddetti vip, ultimo dei quali il presidente della Camera Gianfranco Fini che in questa chiesa che papa Wojtyla volle consacrare alla Divina Misericordia, ha fatto battezzare la sua seconda figlia, Carolina.
Sotto la gigantografia del Cristo con la veste bianca, dal cui cuore partono fasci di luce colorata, ogni giorno si ritrovano centinaia di persone. A Santo Spirito in Sassia non si vuole parlare di miracoli, eppure le grazie ottenute sono tantissime, basta osservare la sfilza di rosari appesi sul lato destro dell’altare. Una parete piena di ex voto e coroncine lasciati da anonimi fedeli che hanno ottenuto ciò che volevano, sorretti dalla fede e dalla preghiera.
Qui si sono sposati, oltre ai noti Briatore-Gregoraci, anche di recente la giornalista Benedetta Geronzi, del Tg5, figlia del noto banchiere. Il rettore della chiesa, monsignor Jozef Bart, indica una cappella in cui si trova l’immagine del Cristo sorridente, ordinata dalla suora polacca Faustina Kowalska, morta nel 1938 e canonizzata da Papa Giovanni Paolo secondo.
Per dare un’idea della moltitudine di fedeli che qui arrivano ogni giorno, basterà ricordare che, prima che la chiesa fosse “scoperta” anche dai romani, bastavano mille candele l’anno, ora se ne comprano centomila.
Tante donne sono riuscite a diventare mamme, tante coppie si sono riunite, tanti giovani sono usciti dal tunnel della droga dopo aver recitato il Rosario davanti al Cristo sorridente.
Qui ha deciso di sposarsi Carmen, la figlia di un carissimo amico, Peppino Galatà, generale dell’Arma, che in Calabria ha lavorato tanti anni . Per me sarà l’occasione di poter pregare anch’io in questo luogo mistico che odora di santità.

14/11/08

GRAZIE ALLA JUVE, COL GENOA CI HA VENDICATI


Commento di un tifoso della Reggina, ottimista oltre ogni limite, dopo i quattro gol rimediati a Torino dal Genoa che, pochi giorni fa, il poker lo aveva fatto con la Reggina: "Visto che anche noi possiamo farcela, il campionato è lungo e non ci sono squadre nettamente superiori agli amaranto, tranne le cinque-sei che lottano per lo scudetto".
Commento del tifoso inguaribilmente pessimista, ma anche un pò scaramatico, dato che sono alcuni anni che le sue previsioni degne di Cassandra vengono puntualmente smentite dai fatti: " Quest'anno è dura, se tra Udine e in casa con l'Atalanta non facciamo almeno quattro punti, siamo fritti".
Ora le cose sono due: o il Genoa in casa è quasi imbattibile, mentre lontano da Marassi diventa un pò pecora e si lascia...mangiare, o questa Juve lo scudetto può già cominciare a farselo attaccare sulle magliette.
Ma torniamo alla nostra squadra del cuore che, in Coppa Italia, con il finale che ha messo a dura prova le coronarie dei tifosi, non ha dimostrato, anche se la formazione contava numerose assenze, quell'animus pugnandi che lo scorso anno la rese protagonista d'una straordinaria impresa.
Certo, in panchina non c'è più il vulcanico Mazzarri che riusciva a trasmettere ai suoi giocatori quella carica di adrenalina che si traduceva sul campo in assalti alla baionetta degni d'un plotone di bersaglieri. Orlandi, vestito come un lord inglese, ci sembra un osservatore distaccato, non si agita, non urla, non strapazza qualcuno che batte la fiacca, un mister che vedremmo bene sulla panchina d'una squadra d'oltre Manica.
Forse i risultati gli daranno ragione, prima o poi, il suo metodo funzionerà, ma intanto siamo malinconicamente lì in fondo. Ci consoliamo con le provocazioni di Baccillieri dai microfoni di Radio Touring ( per la verità, a me emigrato di lusso a Roma, comincia a mancare) ripetendo la sua massima che ha fatto storia: "Tranquilli, tanto Foti tri chiù fissa i nui i trova sempre".
Che qualcuno, in alto, lo ascolti. Amen.

11/11/08

QUEL PASTICCIACCIO BRUTTO DELL' ALITALIA


L'aeroporto di Fiumicino, in questi giorni, somiglia più ad una bolgia dell'Inferno dantesco che ad uno scalo aereo internazionale con migliaia di passeggeri, immagini di comitive multicolori e multirazziali, insomma ciò che è sempre stato quello che ormai quasi nessuno chiama più l'aeroporto dell'Urbe.
Riuscire a raggiungere la Capitale è come vincere il Superenalotto, il malumore della gente cresce e nessuno di coloro che questa "guerra" stanno combattendo contro chi dovrebbe condurre in salvo la navicella dell'Alitalia in procinto di affondare, sembra preoccuparsi più di tanto.
Le rivoluzioni, nel nostro Paese, ed anche altrove, nessuno è riuscito a farle senza pagare un prezzo a volte pesantissimo. C'è nell'opinione pubblica, bersagliata da un'informazione h 24, la consapevolezza che lo scontro tra i piloti e le altre categorie di lavoratori autonomi che rifiutano l'accordo con la nuova società, finirà con il concludersi non senza spargimento di sangue. Questo rischio, i responsabili della "guerriglia" sindacale in corso, lo hanno calcolato?. Se non lo hanno fatto, allora dobbiamo dichiararci d'accordo con quelli che prevedono un autentico disastro per centinaia di famiglie.
Alitalia, un tempo la compagnia di bandiera per eccellenza, paga i ritardi, gli errori, le sottovalutazioni di chi, in questi anni, con un Governo o con l'altro, ha fatto finta di non accorgersi di quanto stava accadendo. Se, anche faticosamente, si è messa assieme una cordata che, dopo tanti tagli, promette migliaia di nuovi posti di lavoro, diamole il tempo di far....decollare il suo progetto. Gli estremismi non sempre si rivelano positivi, quando sarebbe auspicabile un sereno negoziato. Avere l'opinione pubblica e la gran parte della stampa contro, non giova all'immagine della classe dei piloti e dell'altro personale ancora ostinati nel proporre un muro contro muro con chi, ovviamente, rifiuta il confronto e punta a trattare quando, prima o poi, si romperà il fronte degli oltranzisti. E chi ci rimette in tutto questo gran casotto, se non il viaggiatore, l'utente che, su certe tratte, paga somme rilevanti per un servizio che è l'ombra di quello che, solo qualche anno fa, Alitalia assicurava.

08/11/08

GIOVANNI MORABITO, DA REGGIO A VIA MARGUTTA



Metti una tiepida sera di Novembre in via Margutta, una tipica nottata romana, con le sue luci, le sue feste, gli eventi mondani. L’occasione è data dall’inaugurazione della mostra, nella galleria “Monogramma”, di un artista lombardo, Ottavio Fabbri, che, stando a quanto ne hanno scritto critici d’arte di grande spessore, sembra venire dallo spazio.
Il titolare della galleria, nella strada degli artisti, un tempo frequentata da Guttuso, Rosai, Novella Parigini, e tanti altri, è un reggino, Giovanni Morabito, altro “emigrato di lusso” nella Capitale dove si è trasferito ormai da tredici anni.
A Reggio, Giovanni Morabito è stato animatore d’iniziative artistiche di grande livello, la sua galleria in via Aschenez è stata la meta di pittori e scultori notissimi: Giovanni è stato anche un antesignano delle aste televisive, da una emittente locale. Poi, il salto a Roma, la grande avventura, la rapida affermazione in un mondo per lui pressoché sconosciuto. E venerdì sera ne abbiamo avuto la conferma al vernissage di Fabbri, con presenze importanti del mondo artistico, intellettuale, imprenditoriale, della Roma che conta, insomma.
C’eravamo anche noi, assieme a Renzo Arbore, Elsa Martinelli, il principe di tutte le feste romane, Carlo Giovannelli, Marta Marzotto, belle signore, rappresentanti della stampa, tanti fotografi a caccia di personaggi.
Ottavio Fabbri vanta uno straordinario curriculum, ha portato le sue opere in tutto il mondo. “Ho già visto i dipinti di Fabbri nello spazio” ha detto Buzz Aldrin, componente l’equipaggio della missione Apollo 11 sulla luna.
E Federico Zeri ha esclamato: “Violenti, quasi arroventati, i colori ardono con l’intensità dei simboli, con l’aggressività di un esplosivo microcosmo”.
E l’artista, di fronte ai tanti ammiratori nella galleria di un reggino che fa onore alla sua città, commenta:” Siamo fatti di polvere, ma è polvere di stelle”.
Ma Giovanni Morabito non si ferma qui, tra giorni inaugurerà all’istituto italiano di cultura a Londra una collettiva degli artisti Giuseppe Amorese, Enrica Capone, Vincenzo Ceccato, Luigi Menichelli, la reggina Angela Pellicanò, e Paolo Viterbini.
Coadiuvato dal figlio Gianluca, promettente giornalista, che gli cura l’ufficio stampa, il gallerista reggino organizzerà anche quest’anno “Mille bambini a Via Margutta”, evento di beneficenza che ha come madrina Maria Grazia Cucinotta.

05/11/08

PROCURA DISTRETTUALE, CAMBIA LA MUSICA


Forse è la volta buona che alla Procura distrettuale antimafia si cominci a fare sul serio. Leggendo l'intervista che il procuratore Pignatone, cui sono state rivolte critiche non tanto larvate per la presunta "palermizzazione" dell'importante ufficio giudiziario, ha rilasciato al Quotidiano, si ha la netta sensazione di una chiusura netta col passato.

Insomma, la Procura dei veleni, dei corvi sempre svolazzanti, delle talpe mai individuate, sta per subire una radicale trasformazione, con tanti nomi nuovi e una guida sicura che porta con sè la preziosa esperienza maturata a Palermo, dopo la stagione delle stragi.

Certamente, le forze nuove che s'innestano su un tessuto già di per sè solido, dovranno maturare la necessaria esperienza, ma le prospettive ci sembrano buone. Pignatone punta a creare una squadra motivata, intercambiabile, che lavori, come si dice, in pool, con quello scambio continuo d'informazioni necessario per mandare avanti le inchieste, evitando i personalismi del passato.

Cambia la musica nelle stanze del Cedir delle tangenti, nuovi personaggi compaiono sulla scena di una battaglia che si preannuncia dura, visto che lo stesso procuratore ha parlato di un continuo accumulo di fascicoli.

Segno, questo, che le indagini della polizia giudiziaria approdano a rapporti da valutare, prima dalla Procura e poi dall'ufficio dei Gip, una struttura, questa, che deve essere assolutamente potenziata, non potendosi contare sullo spirito di sacrificio dei "soliti" esponendoli ovviamente a rischi notevoli.

Su una cosa Pignatone tace: i rapporti con i Servizi dove è annunciato un arrivo importante, anche questo da Palermo, anche se si tratta di un ufficiale che a Reggio ha lavorato benissimo, con straordinari risultati, il colonnello Antonio Fiano, che stando a quanto si dice nella Capitale, dovrebbe ricoprire il ruolo di responsabile del Sismi, il servizio segreto militare.

S'annunciano tempi duri per le cosche e i loro referenti, spesso nascosti nelle pieghe della politica, della burocrazia, degli apparati regionali. Presto dovremmo vedere i primi risultati.

02/11/08

PEPPE SHOW STAVOLTA HA FATTO FIASCO


La terribile gaffe commessa dal sindaco-giovane ex ultrà, ex curvaiolo, nel dopo partita di Reggina-Inter, ha fatto, come si suol dire, cadere la faccia a chi, come me ma come tanti altri residenti fuori regione, segue con affetto le vicende della compagine amaranto.
Vogliamo dare a Peppe show (ma stavolta lo spettacolo è andato male) ogni attenuante possibile, dato che, dall'alto della tribuna dei cosiddetti vip non avrebbe visto bene la scena, ma crediamo che il primo cittadino d'una città importante del Mezzogiorno, che forse meriterebbe altro genere di amministratori (ma non vogliamo buttarla in politica) dovrebbe evitare certi atteggiamenti che, di fronte al Paese, non lo qualificano certamente.
Il povero Mourinho, noi crediamo, si sarebbe ben guardato dall'allungare una monetina, come si farebbe con un mendicante qualsiasi, al povero ragazzo estasiato dal vedersi passare accanto cotanto personaggio del mondo calcistico.
Il trainer nerazzurro, che può risultare anche antipatico per il suo modo di porsi, anche nelle interviste, si è privato di un ricordo personale, dono della moglie, pensando di fare cosa gradita ad una persona sfortunata al quale auguriamo che la madonna di Fatima si ricordi di lui. Tutto si è risolto con la solita formula dell'equivoco, resta la figura di....m. fatta dalla città intera che Peppe l'amico di tutti rappresenta. Io, di fronte ad amici romani, alcuni dei quali reggini e calabresi, oltre all'onta della immeritata sconfitta, ho dovuto subire una vera e propria mortificazione causa il gesto improvvido di Scopelliti. Che Dio salvi la Reggina!.