22/05/11

GIAMPAOLO PANSA, QUANTA CARTA STRACCIA NEL MONDO DELL'INFORMAZIONE

Sto leggendo con il consueto interesse, pur non avendo in questo periodo molto tempo a disposizione, causa nuovi impegni con l'Ordine nazionale dei giornalisti, l'ultimo libro di Giampaolo Pansa, intitolato "Carta straccia", che vuol essere un altro viaggio nel mondo dell'informazione del nostro Paese.
Giornalista controverso, ha fatto parlare molto di sè, negli ultimi anni, dopo la pubblicazione de "Il sangue dei vinti" e "I gendarmi della memoria", con i quali ha voluto fare una revisione critica, a tratti emozionante, probabilmente discutibile, se vista da una particolare angolazione, dei fatti sanguinosi che accaddero dopo la caduta del fascismo.
Il mio ricordo di Giampaolo Pansa, che comunque ammiro per la sua "qualità" di abile raccontatore della politica e dei suoi personaggi, è legato in particolare al periodo in cui Reggio Calabria era "occupata" dagli inviati dei maggiori giornali nazionali ed esteri impegnati a seguire l'evolversi dei moti popolari passati alla storia come la rivolta per il capoluogo.
I reggini, vittime di un autentico sopruso da parte dei politici cosentini e catanzaresi, che avevano a livello nazionale ruoli più importanti di quelli reggini, si erano ribellati ed erano scesi in piazza, avendo come riferimento ideologico e non solo Ciccio Franco, esponente missino, assai amato dalla gente.
Pansa, così come suoi altri colleghi, chi per ordini editoriali, chi per convinzione politica, etichettarono da subito la sommossa reggina come di marca fascista, eversiva, non mancando, coi loro reportage, di additare personaggi che erano mossi soltanto da amore verso la loro città, come delinquenti comuni.
Da reggino non dovrei amare molto Pansa, anzi, ma come collega e come scrittore ho verso di lui una certa attrazione, sia per lo stile, che per il narrato: le sue cronache politiche, pur se qualche volta "condite" da troppa fantasia, restano esempi di giornalismo da indicare a chi vuol fare questo mestiere.
Debbo dire, senza infingimenti, che questo suo ultimo lavoro "Carta straccia" non mi ha convinto, direi anche che mi ha piuttosto deluso.
Non ho trovato quello che mi aspettavo, avendo nella memoria precedenti esperienze dello scrittore monferrino, quali Carte False e Comprati e Venduti. Stavolta Pansa l'ha buttata troppo sul personale e, per i lettori comuni, quelli che non sono dentro le cose dell'editoria, il libro non risulta di facile comprensione.
Giampaolo Pansa, per quanto riguarda la sua posizione sui fatti di Reggio, l'ho perdonato, anche perchè lui ha fatto pubblica ammissione di colpa in diverse occasioni, affermando di aver sbagliato valutazione su quella autentica pagina di storia italiana.
Altra osservazione che mi sento di fare è che Giampaolo s'è fermato a Roma, non è sceso più verso il Sud, esplorando un mondo, quello dell'informazione meridionale, che gli avrebbe riservato materiale ben più interessante.
La carta straccia che passa per le mani dei malcapitati lettori campani, calabresi e siciliani, è tantissima, quanti sono i perversi legami tra l'ambiente giornalistico e la politica. Gli potremmo fornire, e non solo io, moltissimi elementi di studio. Se avrò occasione d'incontrarlo, spero di poterglielo dire "de visu". Intanto, noi sudisti, continuiamo a stracciare la carta, tutti i giorni.

11/05/11

L'OMAGGIO DELLA GENTE AD UNA PERSONALITA' DEL MONDO ACCADEMICO NON SOLO REGGINO

I funerali a San Salvatore
La foto, scattata dal collega Rosario Cananzi, che me l'ha amichevolmente girata, dimostra quanto sia stato l'affetto della gente ai funerali di Edoardo Mollica, una delle personalità più in vista del mondo accademico reggino, e non solo, scomparso prematuramente mentre era con i suoi allievi di Architettura, mentre faceva quello che, da tanti anni, era il suo mestiere: impartire il sapere scientifico, ma dare anche lezioni di vita.
La Chiesa di San Salvatore, nel quartiere di Tremulini, a pochi passi dalla Mediterranea, era stracolma, ma le presenze non si limitavano a quelle dei colleghi docenti, degli amici rotariani, degli ex allievi, ma c'era anche la gente comune che Edoardo magari non l'aveva mai conosciuto, ma che è rimasta colpita da questa morte assurda e improvvisa.
Chissà cosa avrebbe pensato Edoardo, se ciò fosse possibile, nel vedere tanti amici raccolti attorno alla bara, semplice, come era lui nella vita: lo immagino con l'inseparabile pipa e il sorriso appena accennato, quel sorriso col quale mi accoglieva quando andavo a trovarlo nel suo ufficio al Pau, sulla finestra aveva messo una piccola pianta di fico d'India.
Sorrideva, Edoardo, quando gli raccontavo della diffidenza del mio ex editore, il cavaliere del lavoro Uberto Bonino, fondatore di "Gazzetta del Sud" nei confronti dei fumatori di pipa. "Hanno un vantaggio, prima di darti la risposta, possono pensarci, mentre portano la pipa in bocca". Bonino era uomo d'affari, sapeva valutare in un attimo chi gli stava di fronte, ha lasciato un'eredità che i successori hanno dimostrato di non saper gestire come avrebbe voluto e chissà come sarà dispiaciuto, lassù, nel regno dei giusti.
Ora tocca a quel gruppo di giovani studiosi che Edoardo Mollica aveva formato, portarne avanti le iniziative, proseguire il cammino, non lasciare inaridire una preziosa sorgente. Ci mancherai.

10/05/11

ADDIO A EDOARDO MOLLICA, REGGIO PERDE UNO DEI PADRI DI ARCHITETTURA

Il prof. Edoardo Mollica
La telefonata che non avrei mai voluto ricevere mi arriva nel pieno d'una assolata mattinata romana, in centro sciamano comitive multicolori di turisti, da qualche parte c'è il "solito" corteo di qualcuno che protesta, quando c'è da prendersela col Governo si viene a Roma.
A darmi la notizia della scomparsa di Edoardo Mollica è il collega Enzo Laganà che, pur vivendo a Bologna, si tiene informato sulle vicende della sua città. Sono incredulo, chiamo Corrado Mollica cugino prediletto del povero Edoardo, poi uno dei suoi allievi, mio omonimo, li conosco quasi tutti, abbiamo lavorato, alla fine degli anni Novanta, al progetto Cerere, per il recupero dei centri storici calabresi, una delle tante "creature" di Edoardo Mollica.
La nostra amicizia risale (sì, uso il presente, perchè non sono ancora rassegnato alla sua morte) agli anni in cui, giovanissimo, Edoardo arrivò da Roma al seguito di quella colonia di docenti guidata da Antonio Quistelli, il "padre" della facoltà di architettura, nata per volontà di un magistrato illuminato, amico della città, Franco Pontorieri.
Allora, Edoardo Mollica, appartenente ad una ottima famiglia della provincia ionica, era il più giovane componente il comitato centrale del partito socialista italiano dell'era Craxi, in via del Corso era di casa. Tornato nella sua terra, assieme ai vari Enzo Bentivoglio, Simonetta Valtieri, Mario Giovinazzo, si mise al lavoro con entusiasmo, la cittadella universitaria non era ancora stata costruita, la facoltà era ospitata in angusti locali dove c'è la Procura Generale, a due passi dal castello aragonese.
Negli anni, il nostro rapporto si è sempre mantenuto affettuoso, anche se le occasioni d'incontro erano poche. Un giorno, a Scilla, dove lui s'era trasferito nella casetta sugli scogli di Chianalea, davanti a una granita di caffè, mi parlò del Consorzio Cerere, che aveva fatto nascere e mi "ordinò" di lavorare con lui ed un gruppo entusiasta di docenti, ricercatori, neo architetti, studenti, (cito soltanto Mimmo Massimo e Mariangela Musolino) la sede venne trovata nell'edificio di piazza del Popolo che ospita il Tar e che, in epoca fascista, era la casa del federale.
Sono tanti i ricordi che si affollano nella mente, il caffè di prima mattina, la passeggiata sul lungomare di Scilla, in barca a pescare i caponi, i pranzi da "Pippo", la Pasqua trascorsa assieme a Roma, i progetti, come quello, il più recente, nel quale ha voluto assolutamente coinvolgermi, della rivista "Laborest", di cui sono direttore.
E adesso? E' la domanda che mi hanno fatto i suoi "ragazzi", alcuni dei quali sono cresciuti dentro il Dipartimento Pau, c'è chi è dottore di ricerca, chi professore associato, ognuno ha messo a frutto i preziosi insegnamenti d'un grande maestro qual è stato Edoardo Mollica. Adesso il modo migliore per onorarne la memoria è continuare sulla strada da lui tracciata, lui che è caduto sul campo, impegnato, ancora una volta, a trasmettere, oltre al sapere scientifico, i valori umani. Perdo un grande amico, la città perde una illustre personalità del mondo accademico. Dico soltanto: ciao Edoardo.

09/05/11

VOTATE PER CHI VOLETE MA, PER FAVORE, SCEGLIETE PERSONE PER BENE

Aggiungi Palazzo San Giorgio attende i nuovi inquilini
La campagna elettorale nella mia città l'ho vissuta intensamente tantissime volte, causa la mia, ahimè lunga, carriera di giornalista. I ricordi sono ancora vivi, a partire dagli anni in cui dominava la Dc, la balena bianca descritta dalla penna incomparabile di Giampaolo Pansa che, armato di binocolo, ne seguiva i congressi, le riunioni, pronto a spiare i labiali, cogliere le smorfie del viso, ed erano cronache tutte da leggere.
Stavolta, tranne qualche rapido scorcio via internet sui quotidiani locali, ho preferito vivere nella Capitale i giorni memorabili della beatificazione di Papa Woijtila, le partite all'Olimpico degli amati giallorossi, il concertone del Primo Maggio, le tante manifestazioni culturali.
Come mi sono apparse squallide le "furbate" di qualche candidato a vita, dal linguaggio che definire da trombone di Pretura è un elogio: pur di aggirare la par condicio, complice il cronista amico, ci si inventa qualsiasi cosa, anche rispolverando questioni annose che il verboso e spesso incomprensibile politico sa benissimo non poter essere risolte.
A dare uno sguardo alle liste, c'è da mettersi le mani nei capelli, per chi ancora ce li ha, una accozzaglia di personaggi che, se non ci fosse il voto popolare che talvolta fa giustizia, si impadronirebbero volentieri delle leve del potere, al fine di manovrarle a loro piacimento.
Certamente, non sarò io a fare di tutta l'erba un fascio: per fortuna, tra i candidati ci sono persone che ancora credono nei valori della politica, quella vera, che a Reggio Calabria, nell'era di "padron Scopelliti" e della sua corte di craxiana memoria, è ormai un lontano ricordo.
Per quello che può valere la mia modesta opinione, a mente completamente serena e ormai lontana da una realtà che da tempo non mi appartiene più, dico ai lettori, grazie a Dio sempre più numerosi del mio blog, di votare scegliendo persone pulite, gente che non abbia "amici" tra i mafiosi, che non faccia il politico di professione, che non occupi poltrone da decenni e, se le molla, le cede al figlio, al "compare", all'amante di turno.
So benissimo che, ancora una volta, non sarà così, e ci ritroveremo con le solite facce, i soliti voltagabbana, quelli pronti a saltare da un partito all'altro, purchè ci sia qualcosa da mangiare. Lo dico con chiarezza: dovessi votare (non sono più residente, quindi non potrò farlo) per Comune e Provincia sceglierei i candidati di Patto Cristiano Esteso, il movimento fondato da una persona che mi è stata cara, Gilberto Perri, e che ha tra i continuatori del suo progetto Massimo Ripepi, al quale consiglio soltanto di non lasciarsi attrarre dalle chimere e di mantenere quell'autonomia che è la vera forza.
Votando così, perdonatemi lo slogan, mi metterei l'anima in Pa.ce.
Chiunque occuperà i palazzi di piazza Italia non avrà un compito facile e non me la sento di deplorare chi di andare alle urne non ne vuol sapere, si è arreso da tempo alla malapolitica.

06/05/11

ALFABETO MUTO, NEL CAST AL TEATRO STUDIO KEIROS ANCHE LA REGGINA MARY FOTIA

Il regista Stefano Maria Palmitessa
Il teatro studio Keiros, nella zona di piazza Bologna, ospita in questi giorni uno spettacolo sul quale si è acceso l'interesse di importanti critici. Per la regia di Stefano Maria Palmitessa, va in scena "Alfabeto muto", scritto dal trio Francesca e Natale Barreca, e Pino Tossici, con due recite giornaliere (ore 18,30 e ore 21) che stanno incontrando il favore del pubblico.
Con Massimiliano Calabrese, Monica Maffei, Pino Tossici, Giulia Tuzzi, recita una attrice reggina, Mary Fotia, che alterna al palcoscenico il suo impegno lavorativo nel settore dell'abbigliamento per l'importante catena di negozi Fabio D in varie zone della Capitale.
Ad assistere nella regia Palmitessa, c'è Giulia Tuzzi, mentre delle scenografie si occupa Silvano Martorana, le musiche sono di Silverio Scramoncin, il trucco locandina è affidato a Rosy Alai, le coreografie sono a cura di Mara Palmitessa.
Una famiglia a-normale, come tante altre, è la protagonista di questo progetto teatrale ad alto livello emozionale. Al suo interno, come spiega la locandina che presenta lo spettacolo, troviamo, deformati dall'ottica di ciascuno dei personaggi, dettagli e minuzie delle vita quotidiana, quella vera.
Il disagio esistenziale di un nucleo allo sbando, conseguenza della perdita della madre, di cui nessuno osa chiarirci la natura, dove la violenza e l'ipocrisia sottolineano eventi e destini che rivelano le diverse facce dell'animo umano.
Ma anche un succulento "equivoco" attraverso il quale, ricorrendo a un dialogo ruvido e tempestoso, si evidenzia il lato tragicominco della famiglia italiana. Una forte e cruda metafora della società nella quale viviamo, fitta di una marea di continui cambiamenti imprevisti e davanti alla quale non possiamo chiudere gli occhi.
La regia di Palmitessa, che vanta uno straordinario pedigree, è accorta ma non invasiva, così almeno racconta chi lo spettacolo l'ha già visto, convincenti gli attori tra i quali, ricordo ai miei lettori calabresi, c'è Mary Fotia, originaria di Reggio Calabria, alla quale io e mia moglie siamo legati  da sincera amicizia.