31/03/09

QUANDO SANTILLO DAVA LA CACCIA ALL'AL CAPONE ROMANO

Yari Selvetella è un giovane scrittore romano che amo molto, sia per le cose che scrive, i libri che pubblica, ed anche perchè ha l'età di uno dei miei figli. "Banditi, criminali e fuorilegge di Roma" è una interessante ricostruzione, pubblicata da Newton Compton, della storia criminale dagli anni del fascismo fino a quelli della cosiddetta banda della Magliana.
Scorrendo le pagine del libro (da vecchio cronista, ovviamente, queste storie m'interessano molto) mi sono imbattuto in un personaggio che, a quelli della mia generazione, e che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, richiama alla memoria momenti difficili per la città di Reggio Calabria.
Si tratta di Emilio Santillo, che tutti ricordano come il questore della rivolta, l'uomo che fumava sigari Avana e beveva cognac di marca francese, vestiva da lord inglese, insomma era un uomo che emanava fascino, un poliziotto che sarebbe certamente piaciuto al creatore di Sherlok Holmes.
Santillo, prima di essere inviato a dirigere la questura reggina, era stato per anni alla Mobile romana, dove s'era imbattuto in fior di delinquenti. Uno che gli diede filo da torcere, fin quando non riuscì a farlo arrestare, era un tal Silvano Ceresani, che da bullo di quartiere, passando dai furti in appartamento alle rapine, e alle estorsioni, aveva fatto strada nel mondo della malavita romana, fino ad essere soprannominato, dai giornali dell'epoca, addirittura Al Capone.
Santillo e i suoi uomini gli davano una caccia serrata, ma Ceresani era sempre riuscito a farla franca, anche durante un conflitto a fuoco, lanciandosi da una finestra. Ma un giorno di febbraio, la trappola preparata da Santillo scattò: un poliziotto travestito da mendicante, lo individuò tra i passanti e con un fazzoletto segnalò la presenza del ricercato a due colleghi che gli saltarono addosso e lo immobilizzarono.
In questura, una sorpresa per un inferocito Santillo: il fascicolo di Ceresani era sparito, anche allora c'era qualcuno che proteggeva i delinquenti, che potevano contare su amicizie nelle alte sfere.
Santillo ha convocato i cronisti, e deve mandarli via a mani vuote, ma il giorno dopo il fascicolo magicamente riappare sulla scrivania del futuro questore il quale convince l'arrestato a confessare. Ceresani "canta" e comincia da quando aveva sette anni. "Il mio primo bottino, racconta a Santillo, è stato un barattolo di marmellata".
Ora Santillo non c'è più da tempo, nei miei ricordi resta l'uomo che scoprì i mafiosi riuniti a Montalto, e che impedì, con il suo buonsenso, che la rivolta popolare per il capoluogo, non si trasformasse in una strage. Nessuno dei suoi uomini sparò un colpo neppure quando i dimostranti diedero l'assalto all'edificio della questura, a due passi da piazza Duomo.

26/03/09

L'INCENDIO DE L'EPOQUE, UNA FERITA PER LA CITTA'

La prima cosa che faccio la mattina, nelle mie giornate romane, appena acceso il computer, è andare su Strill.it, il quotidiano on line diretto dall'amico Giusva Branca, il quale di tanto in tanto corre il rischio di pubblicare qualche mia nota.
Ma oggi per me è stato terribile, sì, perchè ho potuto vedere, e sono rimasto come di ghiaccio, le immagini d'un incendio, quello del ristorante-pizzeria L'Epoque, aperto solo da un paio d'anni, a pochi metri da casa mia, alla collina degli angeli, proprio di fronte al Santuario di Sant'Antonio.
L'ho visto nascere, giorno per giorno, dopo il recupero, anche con un certo gusto architettonico, d'una antica villa padronale, una delle tante che sorgono nella zona, e che possono godere d'un panorama incomparabile, da punta Faro fino a Taormina, con sullo sfondo il maestoso Etna.
Le cronache, ancora sommarie (i giornali ne parleranno certamente, e mi auguro con il dovuto risalto, domani) riferiscono d'un incendio devastante e le immagini di Strill (complimenti al fotografo che le ha realizzate) ne sono la conferma, è andato in fumo un locale che era tra i più eleganti e frequentato della città.
L'Epoque è stato un investimento, si disse allora, di almeno due milioni di euro, in quanto l'edificio, totalmente ristrutturato, era stato arricchito con magnifiche verande in legno, l'ideale per ricevimenti, pranzi di nozze, feste.
C'ero stato di recente, accompagnando una coppia di amici che erano rimasti entusiasti: di notte, da lassù, sembra di camminare su un prato di stelle, e le luci delle navi che attraversano lo Stretto sembrano comete che si tuffano nel mare.
Non tocca certamente a me porre gli interrogativi di rito, c'è chi è preposto a questo genere d'indagini, come cronista sono ormai a riposo, per cui m'affido all'esperienza e mi auguro che sulle cause venga fatta luce e, se si è è trattato di un gesto delittuoso opera del racket, che i responsabili vengano individuati.
La città è nuovamente ferita, non passa giorno che gli incendiari mettano a segno i loro colpi, decine di auto al mese prendono fuoco e, tranne rarissimi casi, nessuno dei responsabili viene assicurato alla giustizia. Non so come spiegarlo agli amici romani che mi interrogano sul fenomeno, per sdrammatizzare e coprire la vergogna che mi assale, ricordo loro la spiegazione che, anni fa, uno dei tanti questori che si sono succeduti a Reggio "a miracol mostrare", diede a un incauto collega del Nord che gli chiedeva, appunto, la ragione di questa miriade d'incendi notturni in una città con tanti altri gravi problemi.
E il rappresentante della legge non trovò di meglio che uscirsene con una frase che chiamare boutade è offensivo: "Sa, caro amico, disse rivolto al collega, di notte ci sono in giro tanti ubriachi, pisciano sui cofani delle automobili col motore ancora caldo, ed ecco che si sprigiona l'incendio".
Una risata generale chiuse la faccenda. Mi aspetto la solita serie di reazioni di facciata dei rappresentanti d'una classe politica che combatte a parole la criminalità sempre più arrogante, con atteggiamenti diciamo....accomodanti. Una schioppettata nella schiena, diceva don Abbondio, uno che aveva capito tutto, me la leverebbe l'arcivescovo?

25/03/09

QUANTI INCONTRI UNA MATTINA DI SOLE NELLA CITTA' ETERNA

Roma è ancora più bella nelle mattinate soleggiate, tutta piena di voci e di colori, comitive di turisti sciamano tra i Fori, ammirano estasiati le tracce dell'impero sul quale il sole non tramontava mai.
Quale migliore momento per fare due passi in compagnia d'un collega, ma soprattutto un amico da sempre, un legame consolidato da anni di lavoro comune, per me un fratello. Anche lui, per ragioni familiari, ha scelto la città eterna per trascorrervi serenamente gli anni della pensione. Un'occasione per camminare e conversare, informarsi di amici comuni, rievocare episodi della nostra lunga carriera di giornalisti, quando il mestiere lo si faceva davvero per passione e solo i più forti resistevano nelle redazioni dove i giovani dovevano, come si suol dire, mangiare pane duro, se volevano farcela.
Un caffè in galleria Sordi, a due passi da palazzo Chigi al solito "assediato" da troupe televisive e da manifestanti: appartati, il presidente della giunta regionale calabrese, Agazio Loiero, e l'ex consigliere regionale e deputato Ds Marilina Intrieri, alla ricerca di nuove collocazioni e di una ribalta politica. Chissà cosa si staranno dicendo.
Arrivano il presidente del consiglio regionale, Giuseppe Bova, con l'ex sottosegretario del Governo Prodi, Gigi Meduri, un veloce saluto e via quasi di corsa, Loiero lo ignorano, avranno altro da fare, oggi, che la classe politica calabrese è quasi tutta in trasferta a Roma, i problemi laggiù possono attendere.
Passa veloce anche Antonio Di Pietro, con il suo piccolo seguito, un accigliato Franco Marini, accompagnato da una guardia del corpo, raggiunge gli uffici dei parlamentari in via del Pozzetto, vicino piazza San Silvestro, dove una volta c'era la frequentatissima sala stampa presidiata giorno e notte da giovani aspiranti giornalisti che iniziavano la loro gavetta facendo i "trombettieri", dettando via telefono ai giornali i pezzi scritti da colleghi già affermati.
"Anche io ho cominciato così" mi confida Gilberto Evangelisti, già capo del pool sportivo della Rai, figura di spicco nell'Ordine e nel sindacato, persona amabilissima, premurosissimo con i colleghi delle commissioni d'esame, nella sua veste di segretario, per tantissimo tempo.
Le auto sfrecciano veloci, Katia Ricciarelli esce da un portone in via Frattina, biondissima, il viso nascosto da un paio d'occhialoni. Roma, città della politica e degli affari, attorno ai palazzi del potere s'agita una miriade di personaggi che, a una certa ora, trovi nei ristoranti alla moda, tanto qualcuno che paga c'è sempre. Bellissima giornata, ieri, a Roma, dove il tempo, talvolta, sembra fermarsi, in serata c'è un'altra occasione, diciamo mondana, canzoni napoletane in pizzeria, dalle parti dell'Alberone. Ma che voglio di più dalla vita........

22/03/09

A ENZO ROMEO TUTTA LA MIA FRATERNA SOLIDARIETA'

La notizia mi ha rovinato una domenica già difficile, dal punto di vista calcistico, per le sconfitte di Reggina e Roma, le mie due squadre del cuore: ho appreso, infatti, del licenziamento di un giovane collega, Enzo Romeo, ragazzo perbene, che, si può dire, ho visto crescere professionalmente, avendolo avuto come corrispondente nei due quotidiani regionali in cui ho lavorato, prima di meritarmi la pensione e trasferirmi nella Capitale, dove del resto già viveva parte della mia famiglia.
Enzo Romeo, stando a quanto lui stesso m'ha comunicato, e la cosa mi angoscia profondamente, perchè so cosa vuol dire ritrovarsi dalla sera alla mattina senza lavoro, in una realtà editoriale assai difficile qual è quella calabrese, è stato licenziato per non aver superato, il cosiddetto "periodo di prova". Il quotidiano cosentino, che non nomino per non fargli una pubblicità gratuita (il mio blog è seguitissimo, perdonatemi l'immodestia) ha deciso di privarsi di un professionista che lo stesso direttore, quando anche lui militava sotto altra bandiera, aveva sponsorizzato. Tre anni di lavoro non sono considerati un periodo "di prova" sufficiente?.
Mi auguro che gli organismi sindacali facciano il loro dovere, a livello regionale e provinciale, per il resto ci sono gli strumenti previsti dalla magistratura del lavoro. Il collega Carlo Parisi, al quale va la mia stima e, credo, anche la mia amicizia, farà di tutto, ad onta delle maldicenze messe in campo dai suoi, per la verità pochi, detrattori, per tutelare Enzo Romeo ed impedire un atto di prepotenza da parte di editori che si qualificano di sinistra, vogliono riesumare antiche testate comuniste, e mettono un giorno sì e una no, nelle pagine, naturalmente col consenso del direttore, le foto dei soliti noti del centrosinistra, a cominciare dall'ineffabile Loiero, per finire a Minniti, la testa più lucida del Pd, passando per il ganimede cosentino Adamo, noto per la sua love story extra matrimoniale che, per mesi, ha fatto felici gli amanti del gossip.
Il discorso diventerebbe assai lungo, e a Romeo dico di avere fiducia, c'è ogni tanto un giudice a Berlino, anche dalle nostre parti. Da parte mia, tutto l'affetto e la solidarietà possibili.

19/03/09

ISTITUTO PAPA GIOVANNI, HO QUALCHE DOMANDA DA FARE

Adesso che il dramma dell'istituto Papa Giovanni di Serra d'Aiello s'è compiuto, davanti alle telecamere, tra lo sconcerto degli italiani che, grazie a "Chi l'ha visto?", hanno potuto conoscere questa incredibile vicenda, ci sarebbero alcune domande alle quali, io stesso per primo, sto cercando di dare una risposta.
Partiamo dai dipendenti, giustamente arrabbiati e mortificati per il fatto d'essere letteralmente sbattuti fuori da quello che per anni è stato il loro "regno", ma che, adesso, forse riusciranno ad essere in qualche modo ricollocati e cominciare a prendere quello stipendio che, da mesi, non vedono. Questo, a mio avviso, è il problema minore, perchè, nelle varie strutture sanitarie del Cosentino, e ce ne sono parecchie, un posto per ognuno di loro dovrebbe trovarsi, così come i ricoverati, tranne quelli che si dice siano misteriosamente scomparsi.
A sentire i curatori giudiziari dell'Istituto, il buco nei bilanci è enorme, per cui l'ipotesi più probabile è quella del fallimento, con buona pace dei creditori e di tutti coloro che hanno pignorato il pignorabile.
Ma è possibile che, in tutti questi anni, nell'alternarsi di amministratori, commissari, preti spregiudicati, assunzioni a raffica, ovviamente di natura politico-elettorale, nessuno abbia pensato di dare uno sguardo ai conti?. Certamente, il silenzio della Curia, l'inefficienza delle strutture regionali, la distrazione dei sindacati, il codardo defilarsi dei politici, sempre pronti con le loro segnalazioni a "sistemare" intere famiglie, tutto ciò ha contribuito alla morte di quella che nel piccolo paese dell'alto Tirreno cosentino era considerata una vera e propria industria.
Ora tutto passa nelle mani della magistratura paolana, competente per territorio, come si dice in gergo giudiziario. Conosco Bruno Giordano, il procuratore, da tantissimi anni, è persona dotata di grande umanità e, dopo aver avuto da fare con i peggiori delinquenti, non è tipo da farsi intimidire da personaggi del sottobosco politico-clientelare che alla greppia del Papa Giovanni si sono abbondantemente ingrassati.
Prevedo tempi duri, per chi ha commesso reati, ma questo non basterà a risolvere il caso dell'istituto dedicato al Papa Buono che, da lassù, sicuramente una mano la darà, per restituire alle famiglie di dipendenti e ricoverati (quelli che ce l'hanno, compresi i parenti che si sono ricordati solo ora di avere un congiunto là dentro) un minimo di serenità e fiducia nel futuro.

16/03/09

IN VIA FANI, UNA MATTINA D'INIZIO PRIMAVERA

Era una giornata d'inizio primavera, proprio come oggi, in via Fani, nel quartiere della Camilluccia, all'incrocio con la ripida via Stresa, dove c'è la bacheca con le foto dei cinque poveri agenti di polizia e carabinieri trucidati durante l'azione d'un commando delle Brigate Rosse che sequestrò, trentun anni fa, il presidente della Dc, Aldo Moro, uno dei "cavalli di razza" del partito.
Quel giorno io non ero qui, ma a centinaia di chilometri di distanza, nella "mia" Reggio, nella redazione del Giornale di Calabria da qualche anno nelle edicole, l'unico giornale fatto da calabresi per i calabresi, una autentica palestra per noi giovani professionisti.
Il mio secondo figlio compiva due anni, a casa m'aspettavano per un pranzo "allargato" a parenti ed amici, ma non potei essere presente: appena la notizia dell'agguato si diffuse, ognuno di noi pensò al lavoro e, ricordo, tornai molto tardi, quando i bambini erano già a letto e per cena mi toccò una fetta di torta.
Oggi, invece, sono qui, mischiato tra la piccola folla che assiste al rito della commemorazione, c'è Gianfranco Fini, sempre più ingessato nei suoi abiti presidenziali, con le sue camicie a collo alto, c'è anche Franceschini, accolto con un mormorio che sa tanto di fastidio, alla gente credo non piaccia molto, e per la verità anche a me.
Ma oggi è il momento del ricordo struggente di chi, per servire lo Stato, ha pagato con la vita. Quasi tutto, all'incrocio tra via Fani con via Stresa, è rimasto come allora, c'è la siepe dietro la quale i brigatisti travestiti da aviatori si nascosero, c'è il chioschetto del venditore di fiori, c'è qualcuno che, quella mattina, sentì il crepitare dei mitra e, quando s'affacciò, vide solo un'auto partire sgommando e, per terra, il corpo senza vita della guardia di Ps Iozzino. Poi, minuti di terribile silenzio, fino all'arrivo delle prime auto di polizia e carabinieri, i giornalisti e i fotografi, Paolo Frajese descrisse, ansimando, quegli attimi agghiaccianti, la sua cronaca ormai fa parte della storia.
La cerimonia non dura molto, le autorità, con le loro vetture blindate, scortatissime, vanno via, e ce ne andiamo anche noi, abitanti della zona, ci salutiamo anche se non ci conosciamo, e c'interroghiamo con lo sguardo, senza avere il coraggio di dirlo: ma Moro, poteva essere salvato?.

13/03/09

MANIFESTI FUNEBRI COPERTI, COME IN CAMPAGNA ELETTORALE

La sorpresa, per i cittadini, è stata piacevole. Finalmente, in luoghi strategici quali le chiese, gli ospedali, le piazze centrali, l'amministrazione comunale ha cominciato ad installare le bacheche per l'affissione dei manifesti funebri.
L'intenzione di Scopelliti e dei suoi prodi assessori è quella di porre fine ad un vero e proprio sconcio con i manifesti attaccati un pò dovunque, persino sui portoni delle case, deturpando le facciate di palazzi storici, ornando, si fa per dire, anche i cassonetti dell'immondizia, tanto il morto non può protestare e i congiunti hanno altro cui pensare.
Le bacheche sono di gusto classico, nulla da osservare sullo stile, ma i nostri amministratori non hanno fatto i conti con la maleducazione degli addetti a questo compito per conto delle agenzie di pompe funebri.
Infatti, gli spazi sono stati ovviamente riempiti subito, ma nel giro di qualche minuto, così come avviene in tempo di elezioni, altri manifesti hanno coperto quelli messi da poche ore e che non costano poco.
Non sappiamo quali sanzioni il regolamento comunale preveda per chi, fregandosene del prossimo, occupa prepotentemente uno spazio non suo. Chi dovrebbe vigilare? Forse i vigili che non si vedono mai, o gli addetti all'ufficio affissioni del Comune?. Certamente una bella iniziativa, che ci mette sullo stesso piano delle grandi città dove, però, nessuno s'azzarda a violare le regole.
Non osiamo immaginare cosa potrebbe accadere fra pochi giorni, quando inizierà la campagna elettorale per le Europee e, l'anno prossimo, quella regionale. Senza parlare dei soliti vandali che si divertono a danneggiare qualsiasi cosa, senza rispetto, in questo caso, neppure per chi ci ha lasciati.

10/03/09

TELESPAZIO, UN ESEMPIO DI GRANDE TELEVISIONE


Il lunedì sera televisivo, per chi non voglia sorbirsi X Factor o il Grande Fratello, è davvero dura, a meno che non si scelga di rifugiarsi nelle trasmissioni sportive delle due emittenti cittadine che ci presentano le solite facce di finti critici e di giornalisti dal doppio e anche triplo lavoro che sembra debbano commentare notizie funebri, affranti come sono dalla possibilità di perdere la loro visibilità, se la A non dovesse esserci più.
Per caso, è il telecomando che comanda, approdo su Telespazio Catanzaro e sto per cambiare quando vedo la sigla di "Perfidia", trasmissione condotta da una signora in nero dall'aspetto piuttosto inquietante. Ma stavolta la bionda conduttrice, occhiali neri, giubbotto di pelliccia e stivaloni, è in trasferta, si trova in un luogo di cui si sta parlando molto, negli ultimi tempi, anche se la storia è antica.
Serra d'Aiello, centro collinare dell'Alto Tirreno cosentino, è la "patria" dell'istituto, di proprietà della Curia, che porta il nome di Papa Giovanni: trecento ricoverati, quasi seicento dipendenti, assunti negli anni quando nella struttura si contavano anche ottocento pazienti. Gente senza famiglia, senza casa, disabili con problemi mentali, semplici disperati buttati fuori dai manicomi.
Molti di loro hanno trascorso lì anche trent'anni, gli infermieri, i medici, gli operatori sociali, sono la famiglia, fuori non c'è nulla, solo miseria e abbandono.
La magistratura, dopo una indagine che ha portato alla scoperta di gravi irregolarità, con l'arresto di un sacerdote che, con soldi non suoi, aveva pensato a crearsi una reggia nel centro di Cosenza, ha deciso che il Papa Giovanni va chiuso, gli ospiti trasferiti in altre strutture sanitarie. E i lavoratori, che non ricevono chissà da quanto tempo lo stipendio, che fine faranno?.
La bionda conduttrice di nome Antonella fa una cosa straordinaria, porta telecamera e microfono tra questa gente che è decisa a tutto, pur di non abbandonare l'istituto, ormai senza risorse e nella impossibilità, con le Istituzioni latitanti, di sopravvivere e garantire il sostentamento dei ricoverati, molti dei quali non autosufficienti.
E allora, mentre vedo scorrere le agghiaccianti immagini del servizio, mi rendo conto che non bisogna mai fermarsi alle apparenze, confesso che questa collega non mi era simpatica, la trovavo eccessivamente narcisista, ancorchè persona di notevole cultura. Ma quando si fa buona televisione, e Dio sa quanto ce n'è bisogno, bisogna togliersi il cappello. Il dramma del Papa Giovanni, fino a poco tempo fa l'unica "industria" di Serra d'Aiello, nessuno era riuscito mai a raccontarlo così. Antonella Grippo, cui debbo le mie scuse, per non averla capita, ha fatto ciò che la stampa scritta e per immagini, non è mai riuscita a fare. Per anni, avendo tra l'altro avuto la responsabilità delle redazioni calabresi del maggior quotidiano diffuso in regione, ho "passato" servizi sulla crisi dell'istituto di Serra d'Aiello, tra una protesta dei dipendenti, un'occupazione, nomina di commissari a iosa, visite di vescovi. Ora che il dramma è compiuto, quei poveri disgraziati sono stati lasciati soli, assieme a chi, con amore, ancora li assiste e li conforta.
Quei visi allucinati, le bocche sdentate, le lacrime, le amare considerazioni di chi da un giorno all'altro si trova in mezzo ad una strada, devono far riflettere quelli che, nonostante gli appelli, restano in silenzio. Fuori dal Papa Giovanni c'è solo buio. La "perfidia" stavolta si è trasformata in speranza.

09/03/09

E SE TOGLIESSERO AGLI ARBITRI QUEGLI AURICOLARI?


E' il momento dei cosiddetti gol-fantasma, col pallone che, entrato per pochi secondi nella rete avversaria, dopo aver superato la fatidica striscia di gesso, come se la mano d'un diavoletto lo sospingesse, torna indietro e inganna la vista di arbitro e guardalinee.
Adesso, grazie all'uso degli auricolari, che tengono in costante contatto la quaterna arbitrale, (figuriamoci quando saranno sei, se passerà l'introduzione dei giudici di porta) il direttore di gara "deve" fidarsi di quanto, nell'immediatezza, il suo collaboratore gli riferisce e, quindi, prende la sua decisione con tranquillità, anche se nel momento cruciale è lontano dall'azione.
In questi giorni, episodio di Lecce a parte, è accaduto a Genova, col pallone diabolico di Balotelli, a Torino nel derby della Mole, e stava per accadere a Firenze se la zampata di Simplicio non avesse messo tutti d'accordo.
Un tempo, l'arbitro era solo con le sue responsabilità e i segnalinee, ora chiamati assistenti, avevano un ruolo, diciamo così, coreografico, spesso servivano solo da bersaglio per il lancio di oggetti vari, quando andava bene, se non ad uscire dal campo con la casacca insozzata dagli sputi.
Guai ad avvicinarsi a loro per protestare o per indurli a far cambiare all'arbitro una decisione già presa, cosa che avveniva rarissimamente.
E se provassimo a toglierli quegli auricolari?. Senza l'"aiuto" dell'assistente di Gava da Conegliano (dove, si sa, la grappa è buonissima) forse, anzi senza forse, la rete di Corradi sarebbe stata convalidata.
Non è andata così e ora ci si ritrova a fare conti sulle residue possibilità di raggiungere la quota salvezza, mentre, come dice un detto popolare, la cera si consuma e il santo non cammina. Lasciamo i soliti commentatori sbizzarrirsi nelle loro elucubrazioni: a proposito, uno di loro ci ha regalato una perla postuma. Nella "riflessione" (attenzione ai neuroni!) pre partita, ha sostenuto, a proposito di Gava, che negli ultimi tempi non ha mai sbagliato una partita. Le conclusioni, cari amici che tanto affettuosamente mi seguite, traetele voi. Nel frattempo, prendete qualche precauzione.

07/03/09

A MIA MOGLIE, QUESTA "CURA" E' PER LEI

La musica è la colonna sonora della nostra vita. Questa splendida canzone di Battiato mi sembra il modo migliore per augurare alle donne, in occasione della loro festa, il meglio che ognuno possa attendersi. Io la dedico alla meravigliosa compagna della mia vita, grazie di esistere.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente
attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perchè sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato chissà)
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza,
i profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
Ti salverò da ogni malinconia,
perchè sei un essere speciale, ed io avrò cura di te
io si, che avrò cura di Te.

05/03/09

QUANDO SI PARLA DI PONTE ANCHE IL BUON DIO S'INCAVOLA



Non so se ci avete fatto caso. Ogni volta che si sente parlare di Ponte sullo Stretto, d'imminente inizio dei lavori, il buon Dio s'incavola e manda dalle nostre parti un maltempo della...Madonna ed anche gli dei pagani (Nettuno fa bella mostra, col suo forcone, davanti alla prefettura di Messina) non devono essere troppo contenti, se Eolo soffia a più non posso, e Vulcano, nascosto chissà dove nella pancia dell'Etna, manda una scossetta di terremoto.
E' chiaramente un avviso, anche se quei Ciucci (non ho resistito al calembour, perdonatemi) dell'Anas, e già factotum della società Stretto di Messina, che è costata tantissimi soldi ai contribuenti, me compreso, si profondono in annunci trionfali.
Dunque, tra pochi mesi, temporali, trombe d'aria e terremoti permettendo, potremo ammirare la sfilata delle cosiddette autorità invitate ad assistere alla posa della prima pietra per la quale, a quanto pare, faranno scomodare dal Quirinale il buon Napolitano.
Ma ve l'immaginate cosa accadrebbe in giornate come queste, quando per attraversare lo Stretto occorrono ore, e parte della Sicilia resta isolata, anche il Ponte resterebbe chiuso, nel mentre la navigazione privata non sappiamo se sarà ancora in esercizio.
Ci vuol poco, e lo sappiamo per esperienza diretta, avendo cominciato a traghettare negli anni Sessanta, a trasformare le due sponde il gironi infernali, come avvenne l'estate di qualche anno fa quando i marinai delle spadare chiusero i due porti, e fu il caos, le auto in fila sull'autostrada arrivarono fino a Gioia Tauro.
Il Ponte si deve fare, perchè Berlusconi (ma non solo lui, per la verità, anche altri, come Prodi e Rutelli, con tanto di pellegrinaggio nella redazione della Gazzetta) lo ha promesso, e vuole mantenere l'impegno.
Non importa se a Reggio nelle case, anche d'inverno, l'acqua scarseggia, le strade provinciali sono impercorribili, della Salerno-Reggio ormai si sa tutto, le ferrovie addirittura chiudono intere tratte per mesi.
Il Ponte, con terremoti, con guerra e con pace, direbbe il poeta Ciccio Errigo, si farà. Tra quanti anni, nessuno lo sa.

04/03/09

E SE MANDASSIMO QUELLA SCARPA AL G 8?


Il guardalinee ha segnalato, tramite cuffia, all'arbitro e al quarto uomo che qualcosa, eravamo al minuto 39 del secondo tempo di Reggina-Fiorentina, era stata lanciata dagli spalti.
Era una scarpa, non sappiamo se sportiva o elegante, se di valore o meno, fatto sta che alla società di Foti costerà metà dell'incasso, per la verità scarso, dell'incontro, poco più di ottocento paganti.
A proposito, ma tutta quella gente che affolla la tribuna dei cosiddetti vip, paga il biglietto, o no? Salata la multa affibbiata alla Reggina per il lancio della scarpa, una cosa che sta diventando di moda, specie adesso che "Le Iene" hanno inaugurato una spassosa rubrica che prevede, appunto, il lancio di due calzature, per fortuna di spugna, durante una delle interviste al pepe di Caienna al malcapitato politico di turno.
Ci si chiede a chi fosse diretta la scarpa finita nel referto dell'arbitro Bergonzi: a lui stesso, al segnalinee, alla panchina amaranto per contestare i cambi di Orlandi, forse non lo sapremo mai, a meno che il protagonista del gesto, non decida di rompere il silenzio. Ma non crediamo che lo farà, Foti è capace di chiedergli di pagare lui la multa, cornuto, mazziato, e con una scarpa in meno.
A questo punto, dobbiamo augurarci che l'esempio non venga seguito e che la contestazione nei confronti di Foti, Martino e compagnia bella (ma Bigon jr., che fine ha fatto?) assuma toni più aspri, facendo felici i rivenditori di calzature in questo momento di crisi per il commercio. Se invece delle scarpe, in campo, dovessero decidere di lanciare cappelli, sciarpe, o qualche altro capo d'abbigliamento, Foti finirebbe col guadagnarci.
Ma la scarpa puntualmente segnalata dalla quaterna arbitrale, che fine ha fatto?. Bergonzi e soci se la sono portata dietro, come reperto, destinato a finire negli uffici della Lega, o l'avranno affidata in custodia a qualcuno delle forze dell'ordine? Certo, un valore ce l'ha, quasi otto milioni di vecchie lire. E se la mandassimo assieme ai Bronzi in mostra al G8? Gli Usa potrebbero ricambiare con le due scarpacce schivate da Bush con grande agilità. Ma questo è compito dell'assessoressa ai grandi e piccoli eventi, ed anche a quelli inutili.
L'ignoto lanciatore credo debba sentirsi come l'eroico Enrico Toti che gettò le stampelle contro il nemico, ma di lui la storia non si occuperà.

03/03/09

LA STORIA "SCONOSCIUTA" DI CHRISTIAN PUGGIONI


A sentire i rappresentanti della Fieg, la Federazione degli editori, si prospetta un'estate assai difficile, molte aziende, a sentir loro, sarebbero sull'orlo della chiusura, per i giornalisti, oltre ai prepensionamenti, che sono, dopo tutto, il male minore, si prospettano tagli e blocco delle assunzioni.
Poche le speranze, per i giovani colleghi che affollano le sessioni d'esame all'Ordine nazionale, di trovare posto nelle redazioni. Ma, mi chiedo, da addetto ai lavori, ancorchè felicemente pensionato e, grazie all'Inpgi, al riparo dalla mannaia degli editori e degli umori dei direttori, è tutta colpa dei giornalisti se la gente si allontana dalla carta stampata e le vendite, salvo rari casi, sono in continuo calo?.
Credo proprio che le responsabilità vadano divise a metà tra chi i giornali li edita, i cosiddetti padroni del vapore, per usare un linguaggio tanto caro al sindacalismo d'annata, e chi li fa, cioè il corpo redazionale.
Basta dare un'occhiata alle pagine sportive dei quotidiani che vengono pubblicati in Calabria (uno d'importazione, tre prodotti in loco) per rendersi conto che l'omologazione, l'appiattimento, sono ingredienti base per un prodotto incolore e insapore. Intanto, tutti devono, per decisione dei vari addetti stampa dei quali ogni società ormai è dotata, pubblicare la rituale intervista al giocatore scelto, non dagli operatori dell'informazione, e, una volta la settimana, all'allenatore. Poi, qualche riga sugli allenamenti, quasi sempre a porte chiuse, per cui buonanotte al secchio e al tanto invocato pluralismo dell'informazione.
Ma c'è qualche giornale, per fortuna, che esce ogni tanto dal coro, o almeno si sforza di farlo, come il Corriere della Sera che ha raccontato la storia di Christian Puggioni, l'attuale portiere della Reggina, cosa del tutto sconosciuta alle "firme" dei giornali locali, che magari l'avranno pure saputa, ma si sono ben guardati dal raccontarla, impegnati come sono in attività collaterali, c'è chi insegna, o almeno è pagato per farlo, chi procaccia pubblicità, chi si gode la pensione, chi vive di luce riflessa essendo figlio d'arte.
Ogni giorno la solita melassa, le solite elucubrazioni spacciate per riflessioni tecniche infarcite di banalità, poi gli editori si lamentano che le vendite scendono. Quando una squadra va male, l'allenatore è il primo a pagare, nei giornali, almeno qui da noi, non succede, anzi, più sbagliano, più vengono ricompensati, magari con una promozione.
La vicenda umana e professionale di Puggioni, così ben raccontata da Paolo Tomaselli, è un esempio di giornalismo diverso nel grigiore d'una quotidianità al sapore di camomilla, guai a disturbare il manovratore.
Puggioni ha financo pagato di tasca sua per trovarsi una squadra, qualche giornalista sportivo dovrebbe pagare lui per esibirsi nelle dissertazioni con le quali affligge i poveri lettori. Alla prossima.

02/03/09

PILLON ALLENATORE SCARSO E ANCHE IETTATORE!

Ormai i miei affezionati lettori lo sanno, sono molto superstizioso. Stavolta, la conferma alle mie credenze piuttosto pagane, per un cattolico convinto quale sono, è venuta da una intervista che il tecnico trombato dopo poco più di un mese, il baffuto Bepi Pillon, ha rilasciato in Toscana sulla imminente partita tra la Reggina, sulla cui panchina ha concluso ingloriosamente la sua avventura, e la Fiorentina.
Ebbene, come ricorderà chi lo ha letto su Strill, (a proposito, complimenti all'allegra brigata di Giusva Branca, andate fortissimo) Pillon ha pronosticato, senza ombra di dubbio, che sarebbe finita in pareggio, come purtroppo è stato.
A giudicare da quanto è accaduto in campo, tra rigori non dati, palloni non entrati nella porta avversaria come se una mano maligna ne avesse deviato la traiettoria all'ultimo istante, c'è da credere alle doti...iettatorie di Pillon. Insomma, come si dice con una efficace espressione dialettale, 'nda jettau. E dire che da tempo non c'è più un collega che godeva della triste fama di menagramo, ma a quanto pare è stato sostituito da un altro che ha già dato prova delle sue "doti" di iettatore d'alto livello. Il sale, i cornetti nascosti, le grattatine nelle parti basse, finora questi accorgimenti non hanno funzionato. Speriamo che non gli venga l'idea di farsi una passeggiata a Lecce, altrimenti sarebbero guai. Il nome mi guardo bene dal farlo, potrebbe accadermi qualcosa di serio, ho già sperimentato i poteri di questo individuo.
E che nessuno s'azzardi a chiedere un'intervista a Pillon!.

PERSONALE DI SILVIA BRUNONE ALLA "MONOGRAMMA"

Nuovo importante appuntamento artistico alla galleria Monogramma di via Margutta 57, a Roma, di cui è titolare il reggino Giovanni Morabito, animatore nella Capitale di altre manifestazioni culturali di alto livello.
E' in programma, infatti, venerdì 6 alle 18,30, l'inaugurazione della mostra della pittrice Silvia Brunone il cui catalogo, curato da Fabrizia Ranelletti, reca come titolo "Dall'implosione alla metamorfosi.
Hanno annunciato la loro presenza esponenti del mondo dell'arte, della cultura, del giornalismo, dello spettacolo: le opere di Silvia Brunone potranno essere ammirate fino al prossimo 1 aprile.
"Da un intenso periodo meditativo, scrive la Ranelletti, l'artista passa alla riflessione sulla materia, studiando e sperimentando una tecnica artistica di forte impatto emozionale. L'interesse per la figurazione di tipo naturalistico è scemato, emerge ora un'esplorazione sulla e "nella" materia. La forza espressiva trova un linguaggio fisico, lungi dal segno e verosimilmente tattile, colmo di campi energetici e introspettivi.
Non c'è distruzione, c'è implosione. Il moto centripeto, scrive ancora Fabrizia Ranelletti, trasporta e azzera ogni linguaggio, lasciando trasparire l'essenza di una maturazione di ricerca di nuovi approcci conoscitivi e, soprattutto, di nuovi impulsi vitali. L'implosione è evoluzione, costruzione e rigenerazione. Attendiamo, ora, una metamorfosi."
L'ufficio stampa è curato da Gianluca Morabito, gli orari d'apertura della galleria, tutti i giorni non festivi, dalle 10 alle 13, e dalle 16 alle 19,30.