30/07/11

VILLA TORLONIA, DA CASA DEL DUCE A LUOGO DI RITROVO PER ROMANI E TURISTI

La splendida villa Torlonia che fu la casa del Duce
Ormai non sono molti quelli che ricordano cosa accadde in quei giorni di 68 anni fa, quando il 25 luglio del 1943, il Gran Consiglio votò l'ordine del giorno presentato da Dino Grandi e per Benito Mussolini fu la fine.
Ma ce ne sono ancora di romani che quelle giornate le vissero, nel quartiere Nomentano dove il Duce abitava, nella splendida Villa Torlonia messa a sua disposizione dalla nobile famiglia capitolina per la cifra simbolica di una lira al mese. Raccolgo i ricordi di alcuni anziani della zona nel negozio d'un barbiere, per loro è il tempo della nostalgia, quando parlano sembra vedano scorrere le immagini di quelle ore tristi per il nostro Paese, come in un film.
Mussolini lo vedevano passare ogni giorno, spesso guidava lui stesso una delle tante automobili che formavano il suo parco privato: la via Nomentana non era ancora così larga e non c'erano i tanti palazzoni che col tempo hanno "nascosto" le splendide ville molte delle quali adesso sono sedi diplomatiche, esempi stupendi d'architettura neoclassica.
La curiosità ci porta a fare un giro, in compagnia d'un amico, nel meraviglioso parco che circonda la villa, recuperata dopo anni di degrado e messa a disposizione dei cittadini: il Duce amava cavalcare, e lo facevano anche i figli e gli altri gerarchi, gli ospiti venivano ricevuti nei meravigliosi saloni affrescati o, d'estate nella zona chiamata la limonaia.
Ora di piante ne sono rimaste poche, ma la palazzina ricca di pregevoli vetrate è diventato il luogo d'incontro, specialmente in questi giorni che vedono l'Urbe spopolarsi, per turisti e residenti. Si mangia la pizza all'aperto, ma anche dell'altro, se si vuole, immersi nel verde, in un'atmosfera che richiama gli anni ruggenti del regime fascista e dal colonnato posteriore ci pare, da un momento all'altro, di veder spuntare il Duce, con gli immancabili stivali, seguito da uno stuolo di camicie nere.
Invece, arriva una comitiva di turisti, spaghetti, lasagne e l'immancabile carbonara li attendono, mentre stuoli di uccelletti svolazzano tra i tavoli alla ricerca di qualche briciola.
Quella che per quasi vent'anni fu la residenza del dittatore fascista, in una delle zone di Roma che conserva ancora un certo fascino, è ormai luogo d'incontro, musiche e concerti, mostre e convegni, coppie di sposi che, come fecero Edda Mussolini e Galeazzo Ciano, si fanno fotografare davanti all'ingresso della villa o sotto gli austeri obelischi. La storia non si cancella, villa Torlonia è ancora lì, a conferma di quanto la nobiltà romana sia stata importante per dare alla città un decoro e uno stile che la fanno "regina" nel mondo.
"Annamo a magnà 'na pizza dar Duce", amano dire i giovani che di Mussolini, al massimo, hanno letto qualcosa sui libri di scuola. 

22/07/11

MANDATE UNA CARTOLINA A RICCARDINO, "MAMMA" VIRGINIA SARA' FELICE


La storia che voglio raccontare ai miei sempre più numerosi lettori, che non finirò mai di ringraziare, è quella di Riccardino che non è, come si potrebbe pensare, un bambino come tanti. Si tratta, invece, di un bel bambolotto, di quelli che parlano e muovono gli occhi, insomma.
Tutto nasce dall'incontro tra Gianni Elsner, l'attore, ex deputato radicale, l'animatore di Radiosei, e un rinomato pasticciere di Rieti, Francesco Martinelli che, portando ad Elsner, personaggio notissimo e ancora assai rimpianto nella Capitale, una torta sacher, a lui particolarmente gradita in quanto altoatesino, entrò in amicizia con il conduttore principe della radio romana.
Le visite divennero sempre più frequenti, le torte arrivavano, il rapporto tra il buon Gianni e la famiglia Martinelli si è trasformato in sincera amicizia. Il pasticciere ha una figlia, Virginia, che è una ragazza sensibilissima, ma ha dei problemi. Andando avanti con l'età la ragazza, diventata donna, ha sentito dentro di sè prepotente il desiderio di diventare mamma, come del resto natura vuole. A questo punto, è entrato in scena Riccardino, il pupazzo che vedete effigiato qui sopra: lui è diventato il "figlio" di Virginia che lo cura, lo veste, gli dà persino le medicine, insomma, fa la mamma a tempo pieno.
A Gianni Elsner venne in mente qualcosa di straordinario: per fare ancora più felice Virginia che "crede" Riccardino un suo bambino, ha cominciato a spedire all'indirizzo di casa Martinelli (Via Sandro Pertini 327, 02100 Rieti) qualche cartolina, non solo da Roma, ma dovunque lui si recasse, in vacanza o per seguire l'amata Lazio.
Poi, la valanga: a centinaia gli ascoltatori di Radiosei, in particolare della seguitissima trasmissione "Te lo faccio vedere chi sono io", cominciarono ad inviare da ogni parte le cartoline indirizzate a Riccardino, e gli addetti all'ufficio postale di Rieti furono ben felici di sobbarcarsi ad una razione supplementare di lavoro.
Anche adesso che Elsner non c'è più, Riccardino continua a ricevere le cartoline e Virginia è felice, dimentica i suoi problemi e vive la straordinaria avventura di mamma tutta particolare. Una storia che commuove e ci fa riscoprire i buoni sentimenti, nel momento in cui la cronaca ci offre ogni giorno terribili notizie che riguardano proprio i bambini, e non quelli giocattolo. Una cartolina a Riccardino la manderò anch'io 

17/07/11

INTERVISTA SENZA RETICENZE DEL PREFETTO VARRATTA A NEWZ.IT:MEDITATE GENTE, MEDITATE....

Il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta
Debbo confessare che, quando il prefetto Luigi Varratta, proveniente da Crotone, venne destinato alla sede di Reggio Calabria per sostituire Francesco Musolino pensai che il ministero avesse scelto uno dei tanti "passacarte" ministeriali per guidare uno degli avamposti governativi più difficili del Paese, un posto dove puoi esaltarti e fare il salto nella carriera, oppure "bruciarti" irrimediabilmente.
Seguendolo, anche se da lontano, in questi mesi d'attività, mi sono convinto che Reggio ha avuto fortuna: nel palazzo che s'affaccia su piazza Italia è arrivato un inquilino di tutto riguardo, un prefetto che sta dimostrando, giorno per giorno, di essere all'altezza dei suoi più illustri predecessori.
La conferma l'ho avuta leggendo la magnifica intervista che Luigi Varratta ha rilasciato al quotidiano on line Newz.it, per la penna (anzi, la tastiera) del direttore Fabio Papalia, giovane cronista con il "fiuto" della notizia, come s'usava una volta, un giornalista che potrebbe benissimo occupare altri palcoscenici ma, non essendo figlio di, marito di, seguace del mammasantissima politico di turno o legato a determinati "giri", deve accontentarsi di qualche scoop come appunto considero questa intervista che consiglio ai miei lettori di non perdere, ne vale la pena.
Varratta ha detto cose che da un prefetto non avevamo mai ascoltate,  anche in momenti di gravi emergenze, come ai tempi della Tangentopoli reggina e degli omicidi eccellenti. Il prefetto, coi baffi sempre curati e il look impeccabile, ha lanciato segnali importanti, con un linguaggio diretto, senza la necessità d'interpretarne i contenuti.
Particolarmente sferzante Varratta è stato con i politici e gli imprenditori. Solo un amministratore locale, dopo aver subito un'intimidazione, ha denunciato e fatto arrestare i responsabili, ma è rimasto un episodio isolato. Gli imprenditori?. C'è qui la copertura totale a usura ed estorsione. Il prefetto è convinto che il problema di Reggio e della sua provincia non sia "solo" la 'ndrangheta, occorre lavorare sulla testa di chi occupa posti di responsabilità, a tutti i livelli, nessuno escluso. Se non cambiano la testa loro, come si pretende che la cambino i cittadini?.
Non voglio togliere il piacere a chi ancora non lo ha fatto, di leggere l'intervista di Papalia. E mi va solo di aggiungere: meditate gente, meditate......

06/07/11

DELITTI E PESTAGGI A ROMA, TORNA L'OMBRA INQUIETANTE DELLA BANDA DELLA MAGLIANA

Il luogo dell'omicidio di Flavio Simmi
C'è la Roma della movida notturna, canti e musica in strada, locali pieni, c'è la Roma dei turisti che accorrono da ogni parte del mondo, c'è la Roma dell'arte, delle mostre più prestigiose, c'è la Roma della politica e del Governo, c'è la Roma della moda, dei negozi di lusso, ma c'è anche, purtroppo, la Roma violenta di pasoliniana memoria.
Un episodio, che per la sua gravità si commenta da solo, ha scosso in particolar modo l'opinione pubblica, l'aggressione selvaggia nei confronti del musicista Alberto Bonanni, che lotta ancora tra la vita e la morte in un letto d'ospedale, Dio solo sa se ce la farà.
M'è capitato d'ascoltare, su Radiosei, emittente laziale, sportivamente parlando ma che io, pur essendo romanista, seguo volentieri, sin da quando a "governarla" era un personaggio che è rimasto nel cuore dei romani, Gianni Elsner, una intervista al comandante dei vigili romani di Roma capitale (così vengono chiamati adesso quelli che un tempo erano noti come i pizzardoni).
Sono stati i vigili urbani, appunto, i primi ad intervenire ed a raccogliere dal selciato, agonizzante, Bonanni, percosso anche con un casco da motociclista: gli uomini del comandante Giuliani hanno raccolto le prime testimonianze, fornendo alla polizia ed al magistrato che segue il caso elementi importanti, tali da consentire l'identificazione degli aggressori.
"C'è sempre qualcosa che non va nelle famiglie di certi giovani -ha commentato Giuliani al microfono di Federico Ghilardi- e soprattutto c'è la mancanza delle più elementari forme d'educazione".
Agghiaccianti le modalità dell'omicidio di Flavio Simmi, figlio del titolare d'un noto e ben frequentato ristorante romano, a due passi dal ministero della Giustizia: chi ha ordinato l'esecuzione ha voluto che fosse "spettacolare", alla presenza della giovane compagna, impegnata in politica. Simmi non aveva tenuto in considerazione l'avvertimento che aveva ricevuto tempo addietro, quando gli avevano sparato alle gambe. C'è chi ha voluto accostare il delitto a precedenti rapporti, che peraltro non hanno avuto riscontri giudiziari, tra il padre della vittima e gli uomini della famigerata banda della Magliana che ha insaguinato per anni le strade di Roma.
 I giornali, nelle cronache locali, hanno manifestato preoccupazione per la recrudescenza di atti criminosi e per la presenza, ormai certificata dai continui sequestri di beni, di cosche della 'ndrangheta che ormai da tempo hanno deciso di investire all'ombra del Cupolone ingenti capitali. Locali di prestigio, noti anche all'estero, come il Cafè de Paris tempo addietro, e il ritrovo Chigi, ieri, erano finiti nelle mani dei prestanome di mafiosi calabresi.
Roma rifiuta l'etichetta di città in mano alle mafie, perchè così non è, ma occorre vigilare, il sindaco Alemanno ha chiesto aiuto al ministro leghista Maroni cui la Roma ladrona di bossiana memoria non va troppo a genio. Ma ci penserà la società civile a reagire, ne siamo certi.