25/12/11

NATALE IN COPERTINA, L'ULTIMA "PERLA" DI LUCIA FEDERICO



REGGIO CALABRIA - L’8 gennaio del 1899 fa la sua prima uscita nelle edicole italiane la “Domenica del Corriere”. Dodici pagine, al costo di dieci centesimi, in omaggio invece per gli abbonati del “Corriere della Sera”. La copertina era stata realizzata da un giovane disegnatore, agli inizi della carriera, Achille Beltrame. La prima di una lunga serie di copertine che racconteranno le vicende più importanti della vita del nostro Paese.
La “Domenica del Corriere” fu per novantanni un punto di riferimento per l’informazione degli italiani, mentre altre testate, come la “Tribuna Illustrata”, nata nel 1890, o “La Lettura”, pubblicata dal 1901 fino all’inizio della seconda guerra mondiale, lo furono in campo culturale.
Scriveva Antonio Scarfoglio, figlio di Edoardo, fondatore de “Il Mattino”, quando nel 1924 lanciò l’idea di un rotocalco, “Il Mattino illustrato”: “Sarà un grande mezzo di diffusione della cultura attraverso l’immagine”.
I più importanti avvenimenti della storia, della vita sociale, politica e culturale, ma anche episodi di cronaca e di sport, arrivano infatti nelle case degli italiani grazie ai tanti giornali e riviste illustrate, raccontati dalle abili matite dei disegnatori o dalle fotografie sulla prima pagina e sulla quarta di copertina.
Un mondo sconosciuto ai più giovani, che ritorna ai nostri giorni nella mostra “Natale in copertina. 100 anni di feste illustrate” (inaugurata ieri, resterà aperta fino al 7 gennaio 2012; gli orari per visitarla sono quelli dell’ufficio postale: 8-18.30 dal lunedì al venerdì, fino alle 12.30 il sabato), curata dalla giornalista Lucia Federico, e allestita nello spazio espositivo delle Poste di via Miraglia, a Reggio Calabria.
Un percorso visivo a ritroso nel tempo, che accompagna il visitatore, attraverso le copertine delle edizioni natalizie dei più importanti giornali illustrati del novecento, alla scoperta di riti, simboli e tradizioni della festività più amata dell’anno.
Dalle copertine in bianco e nero delle prime edizioni di “Pro Familia”, a quelle colorate dei settimanali e rotocalchi degli anni ’50, il Natale riemerge nel nostro presente quasi immutato. Carico di nostalgia e speranza in tempo di guerra, ricco di curiosità e aspettative per il futuro di fronte ai nuovi giochi per bambini, alle prese con missili e tute spaziali, quasi attuale nelle illuminazioni sfavillanti di Piazza Duomo a Milano, negli anni ’60.
E forse anche i temi trattati non sembrano tanto distanti da quelli di oggi nel leggere i titoli: “Mille miliardi per le feste di Natale” (1962), “Il nuovo Governo” (1963). Illustratori come Achille Beltrame, Walter Molino, Fortunino e Ugo Matania, insieme alla penna di scrittori famosi, firme prestigiose di “Scena Illustrata”, fondata nel 1865 (Carducci, De Amicis, Verga, D’Annunzio), del “Mattino Illustrato” o de “L’Illustrazione Italiana” hanno a volte anticipato il futuro, pur raccontando con la loro opera il modo di vivere e sentire della società in cui hanno vissuto.
E poi c’è la poesia, e a volte l’ingenuità delicata, delle copertine dei periodici illustrati dedicati ai ragazzi: “Il Corriere dei Piccoli”, che appare per la prima volta, il 27 dicembre del 1908; ; “Il Giornalino della Domenica”, di Vamba, che esce nel 1906, con le illustrazioni di Dudovich, Rubino, Scarpelli, Finozzi, Sergio Tofano (Stò) e le firme di Capuana, Deledda, Negri, Salgari; “Il Vittorioso”, con le tavole di Jacovitti; angeli e paesaggi innevati, presepi e bambini intenti a decorare l’albero, disegni dai colori sfumati e dal tratto lieve, caratterizzano le copertine degli anni ’30 e ’40 della “Famiglia Cristiana”, per molti anni il periodico più diffuso in Italia.
Immagini che raccontano un secolo con i suoi segni e le sue forme e che invitano ancora a conservare intatto il vero senso e lo spirito di questa festa. Scrive la “Domenica del Corriere” del 25 dicembre 1955 nella sua copertina: “Natale. Ogni famiglia festeggia in letizia di cuori il più bel giorno dell’anno”. Ieri, come oggi. E’ questo l’augurio.

DAL SITO "GIORNALISTI CALABRIA"




29/11/11

MAURIZIO HA RAGGIUNTO TOM E PATRIZIA NEL REGNO DEI CIELI


La famiglia Maestrelli al completo in una foto d'archivio 
C'è una fotografia che da anni custodisco gelosamente: è stata scattata allo stadio di Reggio Calabria, che allora si chiamava Comunale, e che è stato intitolato all'indimenticato presidente della Reggina, Oreste Granillo. Era l'ultima partita del trionfale campionato 1965-66 vinto dagli amaranto che conquistarono l'agognata promozione in B, in panchina c'era Tommaso Maestrelli, un pisano diventato barese d'adozione. La foto è della formazione che Tommaso, Tom per gli amici, mandò in campo per la passerella finale: in braccio a Carlo Mupo, uno dei fedelissimi del mister che l'aveva voluto a Reggio, nonostante fosse considerato alla fine della carriera, ci sono due bimbetti, con un caschetto biondo che quasi copre loro gli occhi. Sono i due figli maschi del mister, Maurizio e Massimo, hanno poco più di due anni, sono arrivati quando le due sorelle Patrizia e Tiziana erano già grandi.
L'ho cercata, quella foto, nella notte in cui m'è giunta la tristissima notizia della morte di Maurizio, che è andato a raggiungere in Cielo il papà, scomparso a 54 anni, e la sorella Patrizia, tutti e tre sconfitti dallo stesso, inesorabile, male. Sapevo che Maurizio stava male, ascolto, da romanista, anche la radio laziale per eccellenza, Radiosei, che ieri ha dedicato una bellissima trasmissione al figlio del mister del primo scudetto biancazzurro.
Tra le tante telefonate giunte in radio, particolarmente significativa quella d'un tifoso non più "verde", Giorgio, che Maestrelli e la sua famiglia aveva frequentato a lungo, in quegli anni. Lasciata Reggio, dopo tanti trionfi, Tommaso Maestrelli, passando per Foggia, era approdato alla Lazio: se la malattia non l'avesse fermato, certamente c'era una importante società che aveva pensato a lui e si parlava persino di Nazionale.
Sono stato amico dei Maestrelli: da giovane giornalista sportivo in forza alla "Tribuna del Mezzogiorno", seguivo la squadra nei ritiri e nelle trasferte. Spesso, il lunedì, invece di tornare a Reggio, accompagnavo Tom, dopo massacranti viaggi in treno, a Bari e la signora Lina preparava le orecchiette. Avevano potuto comprare con i primi guadagni un bell'appartamento nella zona residenziale. Dopo una vittoria proprio contro il Bari, io e altri amici di Tommaso, ricordo uno per tutti, il farmacista Gianni Sculli, (anche lui non c'è più) fummo ospiti per una serata indimenticabile: cena straordinaria e lunghe partite a carte.
Grandissimo pokerista, Tom, quasi sempre, a un tavolino del bar Parisi, sul corso Garibaldi di Reggio, sfidava Sculli, Vincenzo Tornetta, Paolo Marra, uno dei miei maestri, lo stesso ragionier Parisi, presenti talvolta io e Mimmo Morace, che scriveva per il Corriere dello sport di cui diventerà direttore.
Maurizio e Massimo erano i suoi portafortuna, quando sono arrivati loro, era solito ricordare, qualcosa è cambiato nella mia vita. Perduto il padre, non si sono allontanati dal mondo del calcio e dalla Lazio, restando sempre vicini a mamma Lina, donna coraggiosa, che ha affrontato anche quest'ultima bufera che s'è abbattuta sulla sua famiglia. Che atroce destino!. Roma s'è raccolta attorno a loro, con un affetto che ha superato ogni confine, i colori delle maglie non contano. Maurizio è andato a raggiungere il papà e la sorella. Cosa darei per sapere se, veramente, (ma da credente non posso che avere certezze) nel regno dei cieli incontreremo le persone care che hanno lasciato questo mondo. Tom lo troverei con l'inseparabile pipa e il suo sorriso col quale m'accoglieva nel suo stanzino allo stadio, finito l'allenamento.

25/11/11

I GIORNALISTI TERRORISTI E GLI "AVVERTIMENTI" DI ARENA


Il sindaco Demetrio "Demi" per amici Arena
Il sindaco Arena, dicono quelli che fanno parte del suo staff, s'è arrabbiato di brutto. E allora, convocati i giornalisti amici, quelli noti per essere pronti a correre in...soccorso del vincitore di turno, come avrebbe detto Flaiano, ha dato fondo a tutto il risentimento nei riguardi di quei cronisti che non ne vogliono sapere di nascondere le notizie e si ostinano a pubblicare anche quelle scomode.
Si, anche quando si tratta solo di "pettegolezzi" (proprio così) e di malevole insinuazioni da parte di gentaglia che, non avendo nulla da scrivere, si mette a criticare un "modello" invidiato da tutta Italia. Il sindaco telecomandato, come dicono i soliti maligni, sempre quelli, che vogliono la rovina della città, se l'è presa anche con i blogger, come il sottoscritto, noti perditempo, che criticano senza nulla sapere dei "miracoli" che Arena, sempre affiancato da un assessore notoriamente amico degli amici, sta compiendo ogni giorno.
Lo dico senza alcuna reticenza: le considerazioni di Arena, riportate tramite la penna di un rinomato tuttologo del giornale un tempo leader su piazza, mi lasciano totalmente indifferente, dalla distanza di 758 chilometri le cose vengono viste diversamente, le notizie, belle e brutte, arrivano, grazie a Dio ci sono altri mezzi d'informazione che non  fanno da reggiconda al sistema che, ormai da qualche anno, avvolge come in una nebbia mefitica, una delle città più belle del mondo.
Qualche collega romano approfitta per punzecchiarmi, credendo che io sia risentito per essere stato da Arena (guardatevi dagli incolonnatori di numeri, siano essi ragionieri o commercialisti, era solito dire un mio ex direttore) accomunato a quei pericolosi individui che farebbero parte d'una cricca con l'unico scopo di mandare all'aria quanto di buono i nostri amministratori, anche se nessuno sembra accorgersene, stanno facendo. 
Se far parte d'una cricca (che brutta parola) vuol dire denunciare il marcio che c'è nella politica, le pericolose frequentazioni di amministratori sempre presenti, sorridenti, sulle pagine delle stucchevoli cronache cittadine, e tanto altro ancora, allora m'iscrivo d'ufficio a questo sodalizio, ammesso che esista.
Il sindaco, e chi glielo ha consigliato, avrebbero fatto cosa buona e giusta se avessero scelto la strada del silenzio, rispondendo con operosità e impegno alle critiche e dando qualche buon esempio, cominciando con l'allontanare quei soggetti la cui collusione con le cosche è risultata palese. Troppo facile convocare alcuni ossequienti giornalisti (!) e sparare alzo zero contro colleghi di questi ultimi, senza che nessuno abbia fatto la cosa migliore: alzarsi e andarsene.

23/11/11

CICCIO FRANCO, LA SUA MEMORIA OFFESA DA CHI NON L'HA MAI CONOSCIUTO


Potesse parlare ancora, da dove si trova, Ciccio Franco ne direbbe certamente quattro a quelli che, approfittando d'una cerimonia per ricordarne i vent'anni dalla scomparsa, hanno voluto mischiare il sentimento alla vendetta, prendendosela con una presunta "cricca" di giornalisti che si.....divertirebbero attaccando a più riprese l'onnipotente e fotografatissimo presidente della giunta regionale.
Io credo che un politico, sia esso il semplice consigliere d'un piccolo comune, o financo un ministro, dovrebbe prendere esempio da un genio come Giulio Andreotti, che in settant'anni di vita parlamentare, non ha mai querelato un giornalista. E non ha neppure mandato una smentita (che è sempre una notizia data due volte, a beneficio di chi l'avesse persa) anche quando si è pubblicato di tutto contro di lui.
Invece, il nostro presidente con scorta al seguito e fotografo personale pagato coi soldi del contribuente, ha dichiarato guerra a quei colleghi che osano disturbare il manovratore, usando termini da osteria.
Certo, se il risultato è stato quello di far compattare la categoria, con prese di posizione assai ferme e non soltanto dagli organismi sindacali dei giornalisti, l'affondo del presidentissimo noto per le sue battaglie contro la mafia, tanto da far temere per la vita e assegnargli adeguata protezione, si è risolto in un totale naufragio.
Potrei anche essere d'accordo, per esperienze personali, sulla discutibilità di qualche collega, i cui trascorsi politico-giudiziari non gli impediscono di pontificare, di ergersi a moralizzatore un tanto al chilo, come avrebbe detto Enzo Biagi, e di continuare a far parte d'una ristretta cerchia di cui sono parte, purtroppo, anche alcuni magistrati. Ma questa è un'altra storia, invito ancora una volta i miei affezionati lettori a sfogliare le pagine del pregevole volume di Gioacchino Genchi, lo sò, è corposo, ma vale la pena. Poi, tante cose, le capirete da voi e vi renderete conto da quale pulpito vengono certe prediche.
Ora che Silvio non garantisce più nulla, che Bobo Maroni non governa il Viminale, qualcosa potrebbe cambiare per quei mammasantissima della politica che mal tollerano chi, specie se giornalista, faccia il suo dovere d'informare.
Ciccio Franco, cui rivolgo un deferente pensiero, non avrebbe mai gradito che, quando lui si sacrificava per la sua città era poco più d'un bambino, approfittasse di qualche minuto di raccoglimento davanti alla stele che lo ricorda, per togliersi qualche...sassolino dalle scarpe. Ma il modo è stato sbagliato, l'ennesimo scivolone che rischia di lasciare tracce pericolose.

12/11/11

CASO MORISANI, QUANDO LA MAFIA ENTRA NEL PALAZZO

Vogliamo essere garantisti fino in fondo, ma il caso c'è, e non possiamo nasconderlo. Un assessore del "modello Reggio", cui è stato affidato uno dei settori più delicati dell'amministrazione comunale, quello dei lavori pubblici, il più esposto a infiltrazioni mafiose, è stato in vari momenti intercettato dagli investigatori durante colloqui con personaggi certamente legati a cosche della 'ndrangheta della zona nord della città.
E non in occasioni sporadiche e non con mezze tacche o piccoli faccendieri della politica locale, ma con esponenti di primo piano.
Noi, che siamo garantisti, diciamo, come ha fatto il giudice, che non emergendo circostanze penalmente rilevanti, l'assessore Morisani, vaga somiglianza con il leader dell'Udc, Casini, e spesso ospite delle pagine locali dei quotidiani, non è indagabile. Ma il suo comportamento, checchè se ne dica, per uno che fa politica, è sicuramente censurabile dal punto di vista dell'etica e del modello di vita cui un pubblico amministratore dovrebbe ispirarsi.
Tutti si sarebbero aspettati che il sindaco Arena, e il governatore Scopelliti, al cui "modello" Morisani è vicino, facessero il passo più logico, quello di invitarlo a mettersi da parte, se non altro per sgombrare il campo da ogni sospetto, visto che ogni giorno ci si riempie la bocca (e anche le colonne dei giornali) di trasparenza, legalità, lotta alla mafia, e via discorrendo.
L'opposizione, ammesso che ce ne sia una degna di tal nome, ha lanciato qualche strillo, ma d'iniziative serie, almeno così mi pare, (vivendo altrove non sono tanto ben informato) non se ne sono viste.
Qualcosa il prefetto Varratta, senza dubbio uno dei migliori uomini che il Governo in questi anni ha destinato a Reggio Calabria, avrà comunicato "a chi di competenza", e al ministero dell'Interno è in vista il cambio.
Ci sono poi le notizie venute fuori durante una deposizione dell'ex comandante del Ros su "presenze" eccellenti ad un party organizzato da qualcuno molto vicino ad una temibile cosca che ancora governa in città. Se la mafia entra nel Palazzo, la politica cede il posto al malaffare, e la gente non vuole questo.

31/10/11

LA MOSTRA DI ROSARIO CANANZI, QUANDO LA FOTO DIVENTA POESIA


Torno a Reggio dopo più di quattro mesi e trovo una gradita sorpresa. Il caro amico e compagno di lavoro per tanti anni, Rosario Cananzi, mette in mostra i suoi "gioielli", perchè tali possono essere sicuramente definite le foto che, nell'atrio delle Poste centrali, in via Miraglia, possono essere ammirate, ancora per qualche giorno.
Il buon Rosario non mi aveva avvertito di questa sua iniziativa, che ha avuto l'appoggio del nuovo assessore provinciale alla cultura, Lamberti Castronuovo: persona di poche parole, pur essendo uno dei migliori fotoreporter italiani, collaboratore di importanti testate, è uscito una volta tanto dal riserbo ed ha offerto ai reggini la possibilità di ammirare rari esempi di arte fotografica.
Cananzi non getta in pasto al pubblico le foto di cronaca, quelle che da decenni riempiono le pagine dei giornali in una città che ha vissuto gli anni drammatici della rivolta per il capoluogo e le sanguinose guerre di mafia con centinaia di assassinati. 
I fiori e gli insetti, sono gli aspetti della natura che Rosario ama, una passione che lo porta a fissare con l'obiettivo tutto quanto lo colpisce nelle quotidiane "escursioni" tra un servizio e l'altro per il giornale cui ha dato il suo prezioso contributo, certamente non adeguatamente ricompensato, come avrebbe meritato.  
Non potevo "festeggiare" meglio il mio rientro in città dopo mesi d'impegni romani: il successo che la mostra di Rosario Cananzi ha ottenuto è la dimostrazione di quanto la gente, gli amanti della fotografia artistica e non solo, sentano il bisogno di questo genere d'iniziative. Certo, ci sono anche i fotografi delle nuove generazioni, quelli che il compianto Ninì Cuzzola, altro grande reporter della Rollei, come erano definiti lui e un altro indimenticabile personaggio, Lello Spinelli, classificavano, forse un pò in maniera dispregiativa, gli "scattini".
Questi ultimi, erano anche loro fotografi, ma si guadagnavano da vivere immortalando le coppiette alla villa comunale o i bambini vestiti per Carnevale, scattavano e basta, a sviluppare e stampare ci pensavano altri. Quanto sono lontani quei tempi, se si pensa che, adesso, ci sono i fotografi personali, che fanno un pò di tutto, dalla guardia del corpo all'autista, a spese del contribuente.
Consiglio agli amici lettori di andare a dare uno sguardo alla mostra di Rosario Cananzi, ne vale davvero la pena.

17/10/11

LE VACANZE SONO FINITE, I PROBLEMI RESTANO SEMPRE GLI STESSI

Miei cari e fedeli lettori che anche in questo periodo  non hanno avuto modo di leggermi: sto per tornare dopo le vacanze che, quest'anno, sono state più lunghe del solito (ma ero in arretrato) e dopo una serie d'impegni con l'Ordine nazionale dei giornalisti.
Sono assente da Reggio da quattro mesi, ma non ho smesso di seguire le sorti della città dove ho svolto quasi tutta la mia carriera di giornalista. Purtroppo, vedo che poco o nulla è cambiato e il futuro si presenta tutt'altro più roseo,checchè ne dicano (e ne facciano scrivere ai giornalisti compiacenti) i nuovi "padroni" di palazzo San Giorgio e di quello di via Pietro Foti, sede della Provincia tornata in mano al centrodestra.
Mentre continua da parte della Procura della repubblica targata Pignatone la lotta senza quartiere alle famiglie mafiose che per anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo, i problemi di sempre restano sempre quelli. Nel grigio edificio di piazza Castello, poi, sono tornati i veleni, il clima, mi dicono, è irrespirabile, lo scontro tra alcuni magistrati ha assunto toni grotteschi, non si esclude qualche clamoroso colpo di scena. Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Grazie per la vostra pazienza, a presto.

24/08/11

SUICIDI DI PENTITI E TESTIMONI DI GIUSTIZIA, UNA TRAGEDIA, MA LASCIAMO RIPOSARE IN PACE ORSOLA FALLARA

Orsola Fallara sorridente, ricordiamola così
Dopo il suicidio della testimone di giustizia di Rosarno, di cui si sta fa facendo un gran parlare, in questi giorni dominati dalla calura, che rende ancor più gravi i problemi endemici della città di Reggio, da più parti si è voluto fare un accostamento, non so fino a che punto opportuno, con la tragica morte della dirigente comunale Orsola Fallara.
A mio modesto parere, l'unica cosa che può tenere legati i due episodi, è la modalità con cui è stato messo in atto il gesto estremo, ingerendo il devastante acido muriatico. Ma non c'è altro. si tratta di terribili circostanze d'ispirazione totalmente opposta. Orsola Fallara non era nè pentita, nè testimone di giustizia. Bisogna fare un necessario distinguo tra pentiti e testimoni di giustizia: i primi sono per lo più criminali, organici alle organizzazioni mafiose, che decidono, in cambio di benefici, peraltro fissati dalla legge, di scendere a patti con lo Stato e rivelare i loro "segreti" facendo scoprire delitti e svelando gli organici delle cosche.
I testimoni di giustizia sono cittadini "normali" che, venendo a conoscenza di gravi reati, o per esperienza diretta o perchè, appunto, testimoni reali, collaborano con gli inquirenti o con la magistratura. Mi vengono in mente due casi emblematici, quello del rappresentante di commercio lombardo che fece arrestare gli assassini del giudice Livatino, e la vicenda dei fratelli Verbaro, agiati panificatori reggini, che alcuni anni fa fecero i nomi dei mafiosi che li taglieggiavano. Spesso, però, lo Stato, ed è il caso dei Verbaro, si dimentica di loro e magari per questioni di natura burocratica, li abbandona al loro destino.
Gente senza patria, nè legami familiari (spesso anche moglie e figli preferiscono dissociarsi dalle loro scelte) con grave rischio per le loro vite. Orsola Fallara, forse, prima che in lei maturasse la decisione di chiudere i conti con la vita, avrà magari pensato di vuotare il sacco, come s'usa dire, trascinandosi dietro coloro che sapevano e hanno taciuto. C'è sicuramente una indagine della magistratura, della quale si è solo intuito qualcosa, ma allo stato non sono previsti sbocchi immediati, non è facile per i magistrati penetrare nella fitta cortina di amicizie, poteri occulti, servitori dello Stato "deviati", giornalisti compiacenti, insomma quella "zona grigia" di cui spesso ha parlato il procuratore Pignatone.
Adesso, però, sarebbe il momento di smetterla con pericolose generalizzazioni, lasciamo Orsola Fallara riposare in pace. Forse il suo cadavere sta "parlando", e presto dovremmo saperne di più.

12/08/11

FERRAGOSTO IN TEMPO DI CRISI, AI REGGINI BASTA UN PO' DI MUSICA

C'era una volta il maxi esodo di Ferragosto
Dopo il presidente operaio, il presidente allenatore, c'è il presidente disc-jockey ad allietare (si fa per dire) le serate dei reggini incazzati più che mai, e non solo per la stangata del governo centrale, ma soprattutto delusi dal "nuovo corso" dell'amministrazione comunale che non riesce a risolvere i soliti problemi: carenza idrica, rifiuti, strade colabrodo, abusivismo dilagante.
Avendo deciso di trascorrere altrove questo periodo di vacanza, le notizie che mi giungono da Reggio non vengono certamente dalla stampa locale, salvo qualche rara eccezione. Basta leggere i quotidiani nazionali, che non hanno mancato di sottolineare come il tanto decantato "modello Reggio" non sia altro che uno scandaloso uso di risorse pubbliche, a favore di scosciate aspiranti miss, ricevute con tutti gli onori dall'ineffabile presidente del consiglio regionale, di una radio nazionale il cui "impegno" per rendere allegre le notti sul Lungomare, sarebbe costato centinaia di migliaia di euro.
Increduli, amici e colleghi della Capitale mi chiedono se quanto vanno leggendo su testate importanti (esempi, il Corriere della Sera e Il Fatto) corrisponda al vero,  se la gestione del governatore più amato d'Italia sia improntata davvero ad un becero clientelismo, da far impallidire il più nostalgico dei demo-socialisti degli anni della prima repubblica.
Dalla reazione dello stesso governatore, sempre accompagnato dal fotografo personale e da uno stuolo di addetti stampa, irritato da quanto pubblicato su un periodico diretto da un suo ex grande amico, debbo capire che forse le critiche non sono del tutto infondate. Ci sarà pure una stampa deviata (ed io in proposito potrei fornire indicazioni più precise, ma mi guardo bene dal farlo, ci saranno altri che lo faranno per dovere d'ufficio) ma siamo in presenza di una gestione di risorse pubbliche "deviate" che allarma l'opinione pubblica.
Non è facile, al governatorissimo ed al suo staff, tenere a bada giornalisti "forestieri", per quelli locali tutto è a posto, figli e amanti sistemati, maxi foto ogni giorno anche se le notizie sono di scarso rilievo, ma il quotidiano è un prodotto che viene "bruciato" in poche ore, e la gente dimentica facilmente. Come il lettore, almeno quello più avveduto, e per fortuna ce ne sono, salta a piè pari quelle interviste a personaggi gabellati per "mostri" della politica e che, nella realtà, senza il loro padrino alle spalle, non avrebbero nemmeno un titoletto nelle cronache.
Un altro anno è passato, Ferragosto in tempo di crisi è alle porte, scordiamoci gli esodi di massa d'un tempo, in Calabria è cambiato pochissimo, quasi nulla, si va avanti tra sfilate di miss, premi e premiucci, sagre d'ogni tipo, mentre nelle strade si spara, il mare è sporco, il lido Bandafalò va in fumo, ogni notte automobili vengono date alle fiamme, piccole vendette consumate spesso per motivi banalissimi.
Ma basta andarsene sul Lungomare, c'è la musica con un dj d'eccezione, aspettando la pioggia di milioni in arrivo. Comunque, a tutti il migliore Ferragosto possibile. 

01/08/11

CHE GRANDE SPETTACOLO DA OFFRIRE AI TURISTI, SE VENISSERO: QUANTE OCCASIONI PERDUTE!

Non faccio certamente un grande sforzo nel dire che la foto di Rosario Cananzi, che potete ammirare a corredo di questa mia modesta riflessione, mentre le città si vanno svuotando, anche se la crisi ha posto fine agli esodi di proporzioni bibliche degli anni passati, è un autentico capolavoro.
Il collega, fotoreporter d'antica scuola, ormai una razza in estinzione, ha colto nella notte, in una girandola di luci, una "fontana" di lava dell'Etna, che in questi giorni ha ripreso la sua attività, mettendo un pò in ansia le popolazioni dei centri che le fanno da corona.
Alle pendici del gigante, come un pastore addormentato accanto al suo gregge, la città di Taormina, il cocuzzolo di Castelmola, le insegne dei grandi alberghi e dei locali aperti fino a tardi. E' finito il tempo delle vacche grasse per gli operatori turistici di questa perla della Sicilia, pur restando una delle mete preferite del turismo estero, risente del calo generale delle presenze.
Nel guardare, sempre più ammirato, questa foto, scattata da Lazzaro, un altro luogo che, fino a qualche anno fa, era un punto d'eccellenza per turisti e villeggianti, penso alle occasioni perdute da Reggio e da altri centri affacciati sullo Jonio, di creare un "ponte" con Taormina nei periodi di più intenso afflusso.
Ci aveva pensato, anni fa, un sindaco illuminato, Italo Saladino, quando governava saggiamente l'amministrazione comunale di Brancaleone: in pochi minuti, dal magnifico lungomare del paese che ebbe come "ospite" involontario Cesare Pavese, con gli aliscafi era possibile raggiungere la spiaggia dorata di Giardini Naxos, visitare il centro storico di Taormina, arrivare fin sull'Etna. Un tour che avrebbe attratto gente da ogni parte, ma è rimasto un sogno, la riviera dei gelsomini offre un quarto delle sue potenzialità.
Intanto, mentre il governatorissimo, con tanto di scorta e fotografo personale, in barba alla politica di risparmio tanto decantata, inaugura costosissime mostre con l'onnipresente e sempre più antipatico Vittorio Sgarbi, Reggio aspetta di vivere la sua estate graziosamente offerta dal Comune, all'insegna di "bancarelle e divertimento", come argutamente osserva uno dei personaggi  della popolare trasmissione "Chisti simu" del duo Auspici-Polimeni.
I reggini, tutto sommato, s'accontentano di poco, purchè sia gratis, e serva a dimenticare il mare sporco, l'immondizia, la penuria d'acqua, le tante vertenze con centinaia di lavoratori da mesi senza stipendio. Un modo di governare che, tutto sommato, ha dato i suoi frutti. Perchè cambiare?.

30/07/11

VILLA TORLONIA, DA CASA DEL DUCE A LUOGO DI RITROVO PER ROMANI E TURISTI

La splendida villa Torlonia che fu la casa del Duce
Ormai non sono molti quelli che ricordano cosa accadde in quei giorni di 68 anni fa, quando il 25 luglio del 1943, il Gran Consiglio votò l'ordine del giorno presentato da Dino Grandi e per Benito Mussolini fu la fine.
Ma ce ne sono ancora di romani che quelle giornate le vissero, nel quartiere Nomentano dove il Duce abitava, nella splendida Villa Torlonia messa a sua disposizione dalla nobile famiglia capitolina per la cifra simbolica di una lira al mese. Raccolgo i ricordi di alcuni anziani della zona nel negozio d'un barbiere, per loro è il tempo della nostalgia, quando parlano sembra vedano scorrere le immagini di quelle ore tristi per il nostro Paese, come in un film.
Mussolini lo vedevano passare ogni giorno, spesso guidava lui stesso una delle tante automobili che formavano il suo parco privato: la via Nomentana non era ancora così larga e non c'erano i tanti palazzoni che col tempo hanno "nascosto" le splendide ville molte delle quali adesso sono sedi diplomatiche, esempi stupendi d'architettura neoclassica.
La curiosità ci porta a fare un giro, in compagnia d'un amico, nel meraviglioso parco che circonda la villa, recuperata dopo anni di degrado e messa a disposizione dei cittadini: il Duce amava cavalcare, e lo facevano anche i figli e gli altri gerarchi, gli ospiti venivano ricevuti nei meravigliosi saloni affrescati o, d'estate nella zona chiamata la limonaia.
Ora di piante ne sono rimaste poche, ma la palazzina ricca di pregevoli vetrate è diventato il luogo d'incontro, specialmente in questi giorni che vedono l'Urbe spopolarsi, per turisti e residenti. Si mangia la pizza all'aperto, ma anche dell'altro, se si vuole, immersi nel verde, in un'atmosfera che richiama gli anni ruggenti del regime fascista e dal colonnato posteriore ci pare, da un momento all'altro, di veder spuntare il Duce, con gli immancabili stivali, seguito da uno stuolo di camicie nere.
Invece, arriva una comitiva di turisti, spaghetti, lasagne e l'immancabile carbonara li attendono, mentre stuoli di uccelletti svolazzano tra i tavoli alla ricerca di qualche briciola.
Quella che per quasi vent'anni fu la residenza del dittatore fascista, in una delle zone di Roma che conserva ancora un certo fascino, è ormai luogo d'incontro, musiche e concerti, mostre e convegni, coppie di sposi che, come fecero Edda Mussolini e Galeazzo Ciano, si fanno fotografare davanti all'ingresso della villa o sotto gli austeri obelischi. La storia non si cancella, villa Torlonia è ancora lì, a conferma di quanto la nobiltà romana sia stata importante per dare alla città un decoro e uno stile che la fanno "regina" nel mondo.
"Annamo a magnà 'na pizza dar Duce", amano dire i giovani che di Mussolini, al massimo, hanno letto qualcosa sui libri di scuola. 

22/07/11

MANDATE UNA CARTOLINA A RICCARDINO, "MAMMA" VIRGINIA SARA' FELICE


La storia che voglio raccontare ai miei sempre più numerosi lettori, che non finirò mai di ringraziare, è quella di Riccardino che non è, come si potrebbe pensare, un bambino come tanti. Si tratta, invece, di un bel bambolotto, di quelli che parlano e muovono gli occhi, insomma.
Tutto nasce dall'incontro tra Gianni Elsner, l'attore, ex deputato radicale, l'animatore di Radiosei, e un rinomato pasticciere di Rieti, Francesco Martinelli che, portando ad Elsner, personaggio notissimo e ancora assai rimpianto nella Capitale, una torta sacher, a lui particolarmente gradita in quanto altoatesino, entrò in amicizia con il conduttore principe della radio romana.
Le visite divennero sempre più frequenti, le torte arrivavano, il rapporto tra il buon Gianni e la famiglia Martinelli si è trasformato in sincera amicizia. Il pasticciere ha una figlia, Virginia, che è una ragazza sensibilissima, ma ha dei problemi. Andando avanti con l'età la ragazza, diventata donna, ha sentito dentro di sè prepotente il desiderio di diventare mamma, come del resto natura vuole. A questo punto, è entrato in scena Riccardino, il pupazzo che vedete effigiato qui sopra: lui è diventato il "figlio" di Virginia che lo cura, lo veste, gli dà persino le medicine, insomma, fa la mamma a tempo pieno.
A Gianni Elsner venne in mente qualcosa di straordinario: per fare ancora più felice Virginia che "crede" Riccardino un suo bambino, ha cominciato a spedire all'indirizzo di casa Martinelli (Via Sandro Pertini 327, 02100 Rieti) qualche cartolina, non solo da Roma, ma dovunque lui si recasse, in vacanza o per seguire l'amata Lazio.
Poi, la valanga: a centinaia gli ascoltatori di Radiosei, in particolare della seguitissima trasmissione "Te lo faccio vedere chi sono io", cominciarono ad inviare da ogni parte le cartoline indirizzate a Riccardino, e gli addetti all'ufficio postale di Rieti furono ben felici di sobbarcarsi ad una razione supplementare di lavoro.
Anche adesso che Elsner non c'è più, Riccardino continua a ricevere le cartoline e Virginia è felice, dimentica i suoi problemi e vive la straordinaria avventura di mamma tutta particolare. Una storia che commuove e ci fa riscoprire i buoni sentimenti, nel momento in cui la cronaca ci offre ogni giorno terribili notizie che riguardano proprio i bambini, e non quelli giocattolo. Una cartolina a Riccardino la manderò anch'io 

17/07/11

INTERVISTA SENZA RETICENZE DEL PREFETTO VARRATTA A NEWZ.IT:MEDITATE GENTE, MEDITATE....

Il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta
Debbo confessare che, quando il prefetto Luigi Varratta, proveniente da Crotone, venne destinato alla sede di Reggio Calabria per sostituire Francesco Musolino pensai che il ministero avesse scelto uno dei tanti "passacarte" ministeriali per guidare uno degli avamposti governativi più difficili del Paese, un posto dove puoi esaltarti e fare il salto nella carriera, oppure "bruciarti" irrimediabilmente.
Seguendolo, anche se da lontano, in questi mesi d'attività, mi sono convinto che Reggio ha avuto fortuna: nel palazzo che s'affaccia su piazza Italia è arrivato un inquilino di tutto riguardo, un prefetto che sta dimostrando, giorno per giorno, di essere all'altezza dei suoi più illustri predecessori.
La conferma l'ho avuta leggendo la magnifica intervista che Luigi Varratta ha rilasciato al quotidiano on line Newz.it, per la penna (anzi, la tastiera) del direttore Fabio Papalia, giovane cronista con il "fiuto" della notizia, come s'usava una volta, un giornalista che potrebbe benissimo occupare altri palcoscenici ma, non essendo figlio di, marito di, seguace del mammasantissima politico di turno o legato a determinati "giri", deve accontentarsi di qualche scoop come appunto considero questa intervista che consiglio ai miei lettori di non perdere, ne vale la pena.
Varratta ha detto cose che da un prefetto non avevamo mai ascoltate,  anche in momenti di gravi emergenze, come ai tempi della Tangentopoli reggina e degli omicidi eccellenti. Il prefetto, coi baffi sempre curati e il look impeccabile, ha lanciato segnali importanti, con un linguaggio diretto, senza la necessità d'interpretarne i contenuti.
Particolarmente sferzante Varratta è stato con i politici e gli imprenditori. Solo un amministratore locale, dopo aver subito un'intimidazione, ha denunciato e fatto arrestare i responsabili, ma è rimasto un episodio isolato. Gli imprenditori?. C'è qui la copertura totale a usura ed estorsione. Il prefetto è convinto che il problema di Reggio e della sua provincia non sia "solo" la 'ndrangheta, occorre lavorare sulla testa di chi occupa posti di responsabilità, a tutti i livelli, nessuno escluso. Se non cambiano la testa loro, come si pretende che la cambino i cittadini?.
Non voglio togliere il piacere a chi ancora non lo ha fatto, di leggere l'intervista di Papalia. E mi va solo di aggiungere: meditate gente, meditate......

06/07/11

DELITTI E PESTAGGI A ROMA, TORNA L'OMBRA INQUIETANTE DELLA BANDA DELLA MAGLIANA

Il luogo dell'omicidio di Flavio Simmi
C'è la Roma della movida notturna, canti e musica in strada, locali pieni, c'è la Roma dei turisti che accorrono da ogni parte del mondo, c'è la Roma dell'arte, delle mostre più prestigiose, c'è la Roma della politica e del Governo, c'è la Roma della moda, dei negozi di lusso, ma c'è anche, purtroppo, la Roma violenta di pasoliniana memoria.
Un episodio, che per la sua gravità si commenta da solo, ha scosso in particolar modo l'opinione pubblica, l'aggressione selvaggia nei confronti del musicista Alberto Bonanni, che lotta ancora tra la vita e la morte in un letto d'ospedale, Dio solo sa se ce la farà.
M'è capitato d'ascoltare, su Radiosei, emittente laziale, sportivamente parlando ma che io, pur essendo romanista, seguo volentieri, sin da quando a "governarla" era un personaggio che è rimasto nel cuore dei romani, Gianni Elsner, una intervista al comandante dei vigili romani di Roma capitale (così vengono chiamati adesso quelli che un tempo erano noti come i pizzardoni).
Sono stati i vigili urbani, appunto, i primi ad intervenire ed a raccogliere dal selciato, agonizzante, Bonanni, percosso anche con un casco da motociclista: gli uomini del comandante Giuliani hanno raccolto le prime testimonianze, fornendo alla polizia ed al magistrato che segue il caso elementi importanti, tali da consentire l'identificazione degli aggressori.
"C'è sempre qualcosa che non va nelle famiglie di certi giovani -ha commentato Giuliani al microfono di Federico Ghilardi- e soprattutto c'è la mancanza delle più elementari forme d'educazione".
Agghiaccianti le modalità dell'omicidio di Flavio Simmi, figlio del titolare d'un noto e ben frequentato ristorante romano, a due passi dal ministero della Giustizia: chi ha ordinato l'esecuzione ha voluto che fosse "spettacolare", alla presenza della giovane compagna, impegnata in politica. Simmi non aveva tenuto in considerazione l'avvertimento che aveva ricevuto tempo addietro, quando gli avevano sparato alle gambe. C'è chi ha voluto accostare il delitto a precedenti rapporti, che peraltro non hanno avuto riscontri giudiziari, tra il padre della vittima e gli uomini della famigerata banda della Magliana che ha insaguinato per anni le strade di Roma.
 I giornali, nelle cronache locali, hanno manifestato preoccupazione per la recrudescenza di atti criminosi e per la presenza, ormai certificata dai continui sequestri di beni, di cosche della 'ndrangheta che ormai da tempo hanno deciso di investire all'ombra del Cupolone ingenti capitali. Locali di prestigio, noti anche all'estero, come il Cafè de Paris tempo addietro, e il ritrovo Chigi, ieri, erano finiti nelle mani dei prestanome di mafiosi calabresi.
Roma rifiuta l'etichetta di città in mano alle mafie, perchè così non è, ma occorre vigilare, il sindaco Alemanno ha chiesto aiuto al ministro leghista Maroni cui la Roma ladrona di bossiana memoria non va troppo a genio. Ma ci penserà la società civile a reagire, ne siamo certi.

29/06/11

NOZZE REALI A MONACO, L'AMBASCIATORE MORABITO FA GLI AUGURI A NOME DELL'ITALIA

Il Principe Alberto e la futura consorte

  ''Una 'favola bella', che si ripete a Monaco dopo 50 anni dal matrimonio del principe Ranieri e Grace Kelly e che fa realizzare in questa splendida Citta'-Stato cosmopolita e moderna un avvenimento di portata storica che unisce insieme cattolicesimo e mondanità, romanticismo e glamour, emozioni e raffinata eleganza''.
Così l'ambasciatore d'Italia nel Principato di Monaco, il reggino Antonio Morabito, in una dichiarazione raccolta dall'ANSA commenta le nozze, che saranno celebrate con rito civile e  religioso, l'1 e 2 luglio, tra il principe Alberto II di Monaco, 53 anni, e Charlene Wittstock, 33 anni, sudafricana, ex campionessa di nuoto.
''L'Italia - tiene a sottolineare l'ambasciatore - partecipa con grande gioia'' a quello che definisce ''l'evento degli eventi''.
E, fa notare Morabito, ‘’ Alberto II è un principe regnante che celebra il suo matrimonio 'di Stato' accompagnato dal suo popolo, con le tante delegazioni di Paesi amici che giungono da ogni parte del mondo.
Si tratta indubbiamente anche di un evento di immensa portata mediatica che farà diventare, nei giorni della festa, il Principato di Monaco il centro dell'attenzione di milioni di persone sparse nel globo, di tv e stampa mondiali, con tutti i riti che la pubblicita' delle celebrazioni del matrimonio portera' ''.
A questa festa, sottolinea ancora l'ambasciatore italiano ''si aggiunge una nota gradevole, il principe Alberto è amatissimo dal suo popolo, è carismatico, ha saputo incarnare il carisma del sovrano con la modernità del suo governare, dirigendo il Principato con saggezza sulla strada del rinnovamento, della trasparenza, dell'attenzione ai grandi temi globali, umanitari, della tutela dell'ambiente, della salute, della salvaguardia dei mari, della promozione della cultura e dello sport sano ed etico, tematiche che fanno del Principato un centro ed uno ''spazio globale''. Mademoiselle Charlene, prosegue Morabito ''è dotata di una bellezza, grazia ed eleganza straordinarie, condivide con il suo principe amore ed ideali. E questo rende la festa ancor piu' una festa di popolo. L'Italia, da Paese amico e vicino, partecipa con immensa gioia ed ammirazione a questo matrimonio principesco, in particolare con la sua comunità residente, che da sempre costituisce parte integrante ed attiva del Paese e condivide questo momento particolarmente felice''.
  L'ambasciatore Morabito tiene infine a esprimere alla coppia di sposi i suoi ''auguri di felicità, prosperità, salute, benessere personale, nello spirito della continuità dinastica e dei valori della stabilità del Principato, che resta nel mondo attuale un esempio di efficienza, di buon governo e di armonia tra i popoli''..

27/06/11

AL FESTIVAL DI ROVERETO LA REGGIO DELLA BELLE EPOQUE DI GAETANO LABATE

Il caffè Spinelli, luogo di ritrovo dei reggini
Ancora un importante riconoscimento per il regista e documentarista reggino Gaetano Labate che, anche quest'anno, sarà presente al festival nazionale che si terrà in ottobre a Rovereto con i suoi recenti lavori: la ricostruzione del terribile terremoto che nel dicembre del 1908 rase al suolo le città di Reggio e Messina e numerosi centri dell'entroterra sulle due sponde, e il documentario sul periodo reggino della Belle Epoque.
Alla importante rassegna Labate è stato ufficialmente invitato, del resto nel centro del Trentino è già noto per avervi presentato il documentario sulla storia di Reggio Calabria dalla fondazione ai giorni nostri.
L'ultima fatica, solo in ordine di tempo, in collaborazione con Luisa Bellissimo, è appunto il ritratto per immagini d'epoca e preziosi, rarissimi, filmati, di come la città di Reggio Calabria visse gli anni che, in Francia, vennero definiti come quelli dell'epoca d'oro per le arti, la cultura, la musica, appunto la Belle Epoque.
Ne ho già parlato sul mio blog, ma giova ricordare, non soltanto per gli appassionati di storia, e per coloro che amano rivivere il passato della città definita "bella e gentile" in un memorabile volume del duo Barbaro-Laganà, che nel documentario di Gaetano Labate vengono rivisitati anni in cui Reggio era nel pieno del suo splendore in tutti i campi e, anche se non molti lo sanno, aveva una produzione giornalistica di tutto rispetto.
Labate ha fatto una meticolosa ricerca, a partire dal 1898 fino al 1908, delle pubblicazioni che in quegli anni videro la luce, cogliendo aspetti d'una modernità che lascia stupefatti. Reggio viveva intensamente l'arte, gli spettacoli teatrali, quelli musicali, era un fervore d'iniziative. I reggini ebbero modo di conoscere i nomi più importanti del teatro e del cosiddetto avanspettacolo.
Reggio nella Belle Epoque è un documentario che tutti dovrebbero vedere e che certamente a livello nazionale otterrà quel riconoscimento che assolutamente merita.

16/06/11

PREMIO MARGUTTA, ENNESIMO SUCCESSO DI UNA GRANDE INVENZIONE DEL REGGINO GIOVANNI MORABITO

Corrado Calabrò, premiato in Via Margutta
Anche quest'anno è stata una grande serata, l'ennesimo successo per il reggino Giovanni Morabito, gallerista in via Margutta a Roma, dove si è svolta la cerimonia di premiazione di "ModArt", giunta alla quattordicesima edizione.
A ricevere il prestigioso riconoscimento personaggi dello spettacolo, dell'arte, della cultura, del giornalismo, delle professioni: nelle loro mani una originale scultura opera dell'artista reggina Angela Pellicanò che ha voluto rappresentare il mito profondamente legato all'origine dell'antichissima via. Quest'anno, la giuria, di cui è presidente onorario Gabriele Salvatores, ha incoronato personaggio dell'anno il numero uno degli showman: Fiorello che però, impegnato a teatro, non è potuto intervenire ed ha ricevuto il premio al Sistina, qualche giorno prima.
La vivace serata, condotta da Chiara Giuria e Dario Salvatori, ha presentato al pubblico una "carrellata" di personaggi gratificati da un premio che porta il nome della strada degli artisti, via Margutta, nota in tutto il mondo. Per la sezione televisiva premiato Antonio Ricci, il papà di Striscia la notizia, che ha mandato a ritirare il premio uno degli inviati storici del programma, Jimmy Ghione.
 Al reggino Corrado Calabrò, presidente dell'Agcom, il premio per la poesia, mentre alla criminologa Roberta Bruzzone quello per essere stata una delle rivelazioni televisive dell'anno. Per la fiction riconoscimento alla bionda attrice Euridice Axen, Simona Marchini, che indossava un vestito color ruggine, premiata per l'arte, Vladimir Luxuria, in tubino blu, premiata per la sua attività letteraria, Thomas Trabacchi e Francesco Venditti per il cinema.
Un omaggio per la sua lunga carriera di jazzista a Lino Patruno, mentre per il settore moda gli applausi sono stati riservati alla stilista Eleonora Altamore, che ha portato in passerella dieci top model: la statuetta le è stata consegnata dalla sempre frizzante contessa Patrizia de Blank.
ModArt ha portato all'attenzione del numeroso pubblico la performance "Simulacri" firmata dall'artista Vincenzo Ceccato assieme alla danzatrice Stefania Bucci, e "L'ottico", di Angela Pellicanò, in partenza per la Biennale di Venezia. "Via Margutta, ha dichiarato Giovanni Morabito ai giornalisti presenti, è il luogo ideale per un rilancio globale dell'arte e riportare l'attenzione su uno dei luoghi più significativi di Roma".
Morabito, cui mi lega un antico rapporto d'amicizia, titolare della galleria Monogramma, è riuscito a fare del Premio Margutta e delle serate di ModArt, un appuntamento principe per la Capitale dove certamente le manifestazioni importanti non mancano, ed a portare sul palco nelle passate edizioni i vari Pippo Baudo, Pupi Avati, Renato Balestra, Vittoria Belvedere, Carlo Verdone, Michele Placido, Mara Venier.

11/06/11

BANDAFALO' DI NUOVO SOTTO SEQUESTRO, MA A CHI DANNO FASTIDIO?

Le strutture del lido Bandafalò sotto sequestro
Stavolta, per i ragazzi del lido Bandafalò, a Porticello, suggestivo scorcio marino sullo Stretto di Messina, tra Scilla e Villa San Giovanni, sarà dura. La notizia del nuovo sequestro della struttura turistica, senza fini di lucro, è giunta inattesa: si pensava, infatti, che dopo le vicissitudini dello scorso anno, stavolta non ci sarebbero stati problemi.
Invece, la Procura della repubblica ha mobilitato due sostitute, le dottoresse Ombra e Cama, e l'atto di sequestro cautelare è stato anche controfirmato, nientemeno che dal super procuratore Pignatone. Nemmeno si trattasse di uno dei tanti beni di provenienza mafiosa, sedie, tavoli e ombrelloni,  materiale in parte riciclato o oggetto di donazioni, il modesto locale adibito a posto ristoro e i servizi, tutto è stato "circondato" dal nastro di plastica con la scritta Guardia Costiera.
La spiaggia era stata già ripulita dal gruppo di giovani che, ormai da anni, si dedica ad una meritoria opera di assistenza e sostegno alle popolazioni di una nazione africana, riuscendo anche a contribuire alla realizzazione di un ospedale.
L'inchiesta condotta dalla Procura, stando alle prime notizie riportate dalla stampa locale, coinvolge l'amministrazione comunale di Villa San Giovanni che vede indagati sindaco e Giunta in carica da circa un anno, per cui si ha ragione di ritenere che la vicenda non possa concludersi in tempi brevi. Adesso, a quelli di Bandafalò, che incontrano il consenso della gente comune, non resta che mobilitarsi, nelle forme civili, per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica su questa che ha tutta l'aria d'una autentica persecuzione.
C'è chi si chiede. a chi danno fastidio, i promotori di Bandafalò? Quali gravi reati sarebbero stati commessi dagli amministratori villesi, certamente in buona fede nel consentire la prosecuzione d'una attività turistico-balneare che ha scopi altamente sociali?
Le decisioni della magistratura vanno rispettate, ma ci sono tempi e modi per opporvisi, c'è chi si farà carico di sostenere le ragioni di quel gruppo di giovani che, attorno a Bandafalò, nel periodo estivo, riescono ad aggregare anche coloro i quali, non avendo i mezzi per pagarsi costosissimi lidi privati, proprio sulla spiaggia di Porticello trovano gratuitamente ospitalità. Seguiremo con attenzione il caso.

08/06/11

EDOARDO MOLLICA, AMICO TROPPO TARDI INCONTRATO E TROPPO PRESTO PERDUTO

Edoardo Mollica
Ad un mese dalla prematura scomparsa del professor Edoardo Mollica, continuano le manifestazioni di cordoglio, con ogni mezzo, che giungono sia alla famiglia che alla facoltà di architettura. E' grande, infatti, il vuoto lasciato dal docente, dall'uomo di cultura, dallo studioso appassionato, lui che non avendo figli, aveva in pratica "adottato" un gruppo di giovani, accompagnandoli, dopo la laurea, nel difficile percorso della ricerca di un lavoro, sia in campo universitario, che altrove.
Edoardo ha lasciato molti "orfani" che, dopo essersi guardati in faccia, smarriti, hanno ripreso il cammino, continuando nel loro lavoro, così come il loro prof. avrebbe voluto. Mollica, dietro la sua naturale bonomia, nascondeva un carattere forte, un modo di porsi nell'attività di docente del tutto rigoroso.
In tanti si chiedono se la morte, assurda e tragica, sia stata quella che il professor Mollica avrebbe "preferito", proprio sul campo, accanto ai suoi allievi ai quali, come al solito, aveva dispensato le sue inimitabili "gocce" di saggezza, l'immancabile pipa in bocca. Tra i tanti amici che ancora non si sono rassegnati a non averlo più accanto, si cerca il modo per onorarne la memoria, ancora non sappiamo come. C'è chi pensa ad iniziative culturali, chi a una Fondazione, chi a un premio per studenti meritevoli.
Certamente, Edoardo Mollica non sarà dimenticato, il suo ricordo è vivo e presente. Da parte mia, preferisco farlo con una poesia incisa su una lapide in un cimitero inglese che reca come titolo "In memoria d'un amico perduto troppo presto".

Sto in piedi ai bordi della spiaggia.
Un veliero passa nella brezza del mattino
e parte verso l'oceano.
E' là la bellezza, è là la vita.
Lo guardo fino a che scompare all'orizzonte.
Qualcuno di fianco a me dice "E' partito".
Partito verso dove,
partito dalla mia vista.
I suoi alberi sono sempre alti,
il suo scafo ha sempre la forza di portare
il suo carico umano.
La sua scomparsa totale
dalla mia vista è in me,
non in Lui.
E, giusto nel momento in cui
qualcuno vicino dice:"è partito"
ce ne sono altri che
lo vedono apparire all'orizzonte
e puntare verso di loro
esclamando con gioia :"Eccolo".
Questa è la morte

Arrivederci amico troppo tardi incontrato e troppo presto perduto. Mi piace pensare così, e forse me l'hai trasmesso tu questo senso della vita che questa poesia riassume.

02/06/11

FESTA DELLA REPUBBLICA SENTITA ANCHE DAI GIOVANI, UNA PIACEVOLE SORPRESA


La prima pagina del Corriere dopo i risultati del referendum
Sinceramente, non me l'aspettavo di vedere tanti giovani partecipare alle manifestazioni per i 65 anni dalla nascita della repubblica. Questi ragazzi spesso etichettati come fannulloni, viziati, ignoranti, questa festa l'hanno sentita,eccome.
Debbo dire che, a Reggio, dove sono tornato dopo lunga assenza, per trascorrervi il "ponte" legato appunto al 2 Giugno, ho trovato la città insolitamente popolata, anche per via dell'incontro di calcio Reggina-Novara, che ci fa respirare il tanto desiderato profumo di serie A.
Mi sono tornate alla memoria immagini sbiadite della mia infanzia: mio padre, militare di carriera, che aveva giurato fedeltà al re, non lo tradì neppure nel segreto dell'urna, salvo poi accettare le nuove regole e servire lo Stato repubblicano fino all'ultimo momento d'una lunghissima carriera. Quel giorno del referendum mi portò con sè al seggio, non l'ho mai dimenticato, all'età di quattro anni mi aveva fatto indossare la divisa di "figlio della lupa", del resto si abitava in caserma.
Qualche anno dopo, quando ero già all'università, mia madre fece sparire le foto "compromettenti", era il periodo in cui si dava la caccia al fascista e io non lo ero certamente. Un'altra immagine è legata alla prima sfilata cui mio padre partecipava, con un reparto di finanzieri in alta uniforme: mi piazzai lungo il marciapiede di Corso Trieste, allora vivevo a Cosenza, quando le "fiamme gialle" passarono, feci appena in tempo a scorgere papà, che impugnava la sciabola, lo sguardo fisso.
Nelle caserme, in occasione dell'anniversario della repubblica, ai militari veniva dato il compito di svolgere un tema sull'argomento, che illustrasse il significato di questa ricorrenza tanto importante per la storia del nostro Paese.
Alcuni di loro avevano la licenza elementare, altri studiavano per prendere quella media: io correvo in soccorso, li aiutavo nello svolgimento, in cambio mi veniva prestata, senza che mio padre lo sapesse, una delle biciclette d'ordinanza: sì, perchè in quegli anni i mezzi erano pochi, le perlustrazioni, anche di svariati chilometri, alla ricerca dei contrabbandieri, si facevano a piedi. In città, quelli del Nucleo di polizia tributaria, terrore dei commercianti, si muovevano sulle bici verniciate di verde. Nel cortile del comando spiccava la scritta del motto coniato per la Guardia di Finanza da Gabriele D'Annunzio: "Nec recisa recedit".
In quei ragazzi che hanno partecipato alle sfilate, che ne hanno parlato nelle scuole, hanno indossato cappellini e coccarde col tricolore, mi sono un pò rivisto. Io e quelli della mia generazione abbiamo creduto e crediamo ancora nei valori scaturiti dal sacrificio di chi ha combattuto la guerra di liberazione dal nazifascismo.
Anche il presidente Napolitano l'ha riconosciuto: nel mondo l'Italia non è quel Paese barzelletta come qualcuno ha cercato di sostenere, nell'ambito d'una lotta politica fatta di colpi bassi e di voltagabbana in servizio permanente effettivo. Ai giovani dico: portate con orgoglio il "titolo" di italiani, discendenti di coloro che hanno creduto, fino all'estremo sacrificio, nei sacri principi della libertà, dell'uguaglianza, della democrazia.

22/05/11

GIAMPAOLO PANSA, QUANTA CARTA STRACCIA NEL MONDO DELL'INFORMAZIONE

Sto leggendo con il consueto interesse, pur non avendo in questo periodo molto tempo a disposizione, causa nuovi impegni con l'Ordine nazionale dei giornalisti, l'ultimo libro di Giampaolo Pansa, intitolato "Carta straccia", che vuol essere un altro viaggio nel mondo dell'informazione del nostro Paese.
Giornalista controverso, ha fatto parlare molto di sè, negli ultimi anni, dopo la pubblicazione de "Il sangue dei vinti" e "I gendarmi della memoria", con i quali ha voluto fare una revisione critica, a tratti emozionante, probabilmente discutibile, se vista da una particolare angolazione, dei fatti sanguinosi che accaddero dopo la caduta del fascismo.
Il mio ricordo di Giampaolo Pansa, che comunque ammiro per la sua "qualità" di abile raccontatore della politica e dei suoi personaggi, è legato in particolare al periodo in cui Reggio Calabria era "occupata" dagli inviati dei maggiori giornali nazionali ed esteri impegnati a seguire l'evolversi dei moti popolari passati alla storia come la rivolta per il capoluogo.
I reggini, vittime di un autentico sopruso da parte dei politici cosentini e catanzaresi, che avevano a livello nazionale ruoli più importanti di quelli reggini, si erano ribellati ed erano scesi in piazza, avendo come riferimento ideologico e non solo Ciccio Franco, esponente missino, assai amato dalla gente.
Pansa, così come suoi altri colleghi, chi per ordini editoriali, chi per convinzione politica, etichettarono da subito la sommossa reggina come di marca fascista, eversiva, non mancando, coi loro reportage, di additare personaggi che erano mossi soltanto da amore verso la loro città, come delinquenti comuni.
Da reggino non dovrei amare molto Pansa, anzi, ma come collega e come scrittore ho verso di lui una certa attrazione, sia per lo stile, che per il narrato: le sue cronache politiche, pur se qualche volta "condite" da troppa fantasia, restano esempi di giornalismo da indicare a chi vuol fare questo mestiere.
Debbo dire, senza infingimenti, che questo suo ultimo lavoro "Carta straccia" non mi ha convinto, direi anche che mi ha piuttosto deluso.
Non ho trovato quello che mi aspettavo, avendo nella memoria precedenti esperienze dello scrittore monferrino, quali Carte False e Comprati e Venduti. Stavolta Pansa l'ha buttata troppo sul personale e, per i lettori comuni, quelli che non sono dentro le cose dell'editoria, il libro non risulta di facile comprensione.
Giampaolo Pansa, per quanto riguarda la sua posizione sui fatti di Reggio, l'ho perdonato, anche perchè lui ha fatto pubblica ammissione di colpa in diverse occasioni, affermando di aver sbagliato valutazione su quella autentica pagina di storia italiana.
Altra osservazione che mi sento di fare è che Giampaolo s'è fermato a Roma, non è sceso più verso il Sud, esplorando un mondo, quello dell'informazione meridionale, che gli avrebbe riservato materiale ben più interessante.
La carta straccia che passa per le mani dei malcapitati lettori campani, calabresi e siciliani, è tantissima, quanti sono i perversi legami tra l'ambiente giornalistico e la politica. Gli potremmo fornire, e non solo io, moltissimi elementi di studio. Se avrò occasione d'incontrarlo, spero di poterglielo dire "de visu". Intanto, noi sudisti, continuiamo a stracciare la carta, tutti i giorni.

11/05/11

L'OMAGGIO DELLA GENTE AD UNA PERSONALITA' DEL MONDO ACCADEMICO NON SOLO REGGINO

I funerali a San Salvatore
La foto, scattata dal collega Rosario Cananzi, che me l'ha amichevolmente girata, dimostra quanto sia stato l'affetto della gente ai funerali di Edoardo Mollica, una delle personalità più in vista del mondo accademico reggino, e non solo, scomparso prematuramente mentre era con i suoi allievi di Architettura, mentre faceva quello che, da tanti anni, era il suo mestiere: impartire il sapere scientifico, ma dare anche lezioni di vita.
La Chiesa di San Salvatore, nel quartiere di Tremulini, a pochi passi dalla Mediterranea, era stracolma, ma le presenze non si limitavano a quelle dei colleghi docenti, degli amici rotariani, degli ex allievi, ma c'era anche la gente comune che Edoardo magari non l'aveva mai conosciuto, ma che è rimasta colpita da questa morte assurda e improvvisa.
Chissà cosa avrebbe pensato Edoardo, se ciò fosse possibile, nel vedere tanti amici raccolti attorno alla bara, semplice, come era lui nella vita: lo immagino con l'inseparabile pipa e il sorriso appena accennato, quel sorriso col quale mi accoglieva quando andavo a trovarlo nel suo ufficio al Pau, sulla finestra aveva messo una piccola pianta di fico d'India.
Sorrideva, Edoardo, quando gli raccontavo della diffidenza del mio ex editore, il cavaliere del lavoro Uberto Bonino, fondatore di "Gazzetta del Sud" nei confronti dei fumatori di pipa. "Hanno un vantaggio, prima di darti la risposta, possono pensarci, mentre portano la pipa in bocca". Bonino era uomo d'affari, sapeva valutare in un attimo chi gli stava di fronte, ha lasciato un'eredità che i successori hanno dimostrato di non saper gestire come avrebbe voluto e chissà come sarà dispiaciuto, lassù, nel regno dei giusti.
Ora tocca a quel gruppo di giovani studiosi che Edoardo Mollica aveva formato, portarne avanti le iniziative, proseguire il cammino, non lasciare inaridire una preziosa sorgente. Ci mancherai.

10/05/11

ADDIO A EDOARDO MOLLICA, REGGIO PERDE UNO DEI PADRI DI ARCHITETTURA

Il prof. Edoardo Mollica
La telefonata che non avrei mai voluto ricevere mi arriva nel pieno d'una assolata mattinata romana, in centro sciamano comitive multicolori di turisti, da qualche parte c'è il "solito" corteo di qualcuno che protesta, quando c'è da prendersela col Governo si viene a Roma.
A darmi la notizia della scomparsa di Edoardo Mollica è il collega Enzo Laganà che, pur vivendo a Bologna, si tiene informato sulle vicende della sua città. Sono incredulo, chiamo Corrado Mollica cugino prediletto del povero Edoardo, poi uno dei suoi allievi, mio omonimo, li conosco quasi tutti, abbiamo lavorato, alla fine degli anni Novanta, al progetto Cerere, per il recupero dei centri storici calabresi, una delle tante "creature" di Edoardo Mollica.
La nostra amicizia risale (sì, uso il presente, perchè non sono ancora rassegnato alla sua morte) agli anni in cui, giovanissimo, Edoardo arrivò da Roma al seguito di quella colonia di docenti guidata da Antonio Quistelli, il "padre" della facoltà di architettura, nata per volontà di un magistrato illuminato, amico della città, Franco Pontorieri.
Allora, Edoardo Mollica, appartenente ad una ottima famiglia della provincia ionica, era il più giovane componente il comitato centrale del partito socialista italiano dell'era Craxi, in via del Corso era di casa. Tornato nella sua terra, assieme ai vari Enzo Bentivoglio, Simonetta Valtieri, Mario Giovinazzo, si mise al lavoro con entusiasmo, la cittadella universitaria non era ancora stata costruita, la facoltà era ospitata in angusti locali dove c'è la Procura Generale, a due passi dal castello aragonese.
Negli anni, il nostro rapporto si è sempre mantenuto affettuoso, anche se le occasioni d'incontro erano poche. Un giorno, a Scilla, dove lui s'era trasferito nella casetta sugli scogli di Chianalea, davanti a una granita di caffè, mi parlò del Consorzio Cerere, che aveva fatto nascere e mi "ordinò" di lavorare con lui ed un gruppo entusiasta di docenti, ricercatori, neo architetti, studenti, (cito soltanto Mimmo Massimo e Mariangela Musolino) la sede venne trovata nell'edificio di piazza del Popolo che ospita il Tar e che, in epoca fascista, era la casa del federale.
Sono tanti i ricordi che si affollano nella mente, il caffè di prima mattina, la passeggiata sul lungomare di Scilla, in barca a pescare i caponi, i pranzi da "Pippo", la Pasqua trascorsa assieme a Roma, i progetti, come quello, il più recente, nel quale ha voluto assolutamente coinvolgermi, della rivista "Laborest", di cui sono direttore.
E adesso? E' la domanda che mi hanno fatto i suoi "ragazzi", alcuni dei quali sono cresciuti dentro il Dipartimento Pau, c'è chi è dottore di ricerca, chi professore associato, ognuno ha messo a frutto i preziosi insegnamenti d'un grande maestro qual è stato Edoardo Mollica. Adesso il modo migliore per onorarne la memoria è continuare sulla strada da lui tracciata, lui che è caduto sul campo, impegnato, ancora una volta, a trasmettere, oltre al sapere scientifico, i valori umani. Perdo un grande amico, la città perde una illustre personalità del mondo accademico. Dico soltanto: ciao Edoardo.

09/05/11

VOTATE PER CHI VOLETE MA, PER FAVORE, SCEGLIETE PERSONE PER BENE

Aggiungi Palazzo San Giorgio attende i nuovi inquilini
La campagna elettorale nella mia città l'ho vissuta intensamente tantissime volte, causa la mia, ahimè lunga, carriera di giornalista. I ricordi sono ancora vivi, a partire dagli anni in cui dominava la Dc, la balena bianca descritta dalla penna incomparabile di Giampaolo Pansa che, armato di binocolo, ne seguiva i congressi, le riunioni, pronto a spiare i labiali, cogliere le smorfie del viso, ed erano cronache tutte da leggere.
Stavolta, tranne qualche rapido scorcio via internet sui quotidiani locali, ho preferito vivere nella Capitale i giorni memorabili della beatificazione di Papa Woijtila, le partite all'Olimpico degli amati giallorossi, il concertone del Primo Maggio, le tante manifestazioni culturali.
Come mi sono apparse squallide le "furbate" di qualche candidato a vita, dal linguaggio che definire da trombone di Pretura è un elogio: pur di aggirare la par condicio, complice il cronista amico, ci si inventa qualsiasi cosa, anche rispolverando questioni annose che il verboso e spesso incomprensibile politico sa benissimo non poter essere risolte.
A dare uno sguardo alle liste, c'è da mettersi le mani nei capelli, per chi ancora ce li ha, una accozzaglia di personaggi che, se non ci fosse il voto popolare che talvolta fa giustizia, si impadronirebbero volentieri delle leve del potere, al fine di manovrarle a loro piacimento.
Certamente, non sarò io a fare di tutta l'erba un fascio: per fortuna, tra i candidati ci sono persone che ancora credono nei valori della politica, quella vera, che a Reggio Calabria, nell'era di "padron Scopelliti" e della sua corte di craxiana memoria, è ormai un lontano ricordo.
Per quello che può valere la mia modesta opinione, a mente completamente serena e ormai lontana da una realtà che da tempo non mi appartiene più, dico ai lettori, grazie a Dio sempre più numerosi del mio blog, di votare scegliendo persone pulite, gente che non abbia "amici" tra i mafiosi, che non faccia il politico di professione, che non occupi poltrone da decenni e, se le molla, le cede al figlio, al "compare", all'amante di turno.
So benissimo che, ancora una volta, non sarà così, e ci ritroveremo con le solite facce, i soliti voltagabbana, quelli pronti a saltare da un partito all'altro, purchè ci sia qualcosa da mangiare. Lo dico con chiarezza: dovessi votare (non sono più residente, quindi non potrò farlo) per Comune e Provincia sceglierei i candidati di Patto Cristiano Esteso, il movimento fondato da una persona che mi è stata cara, Gilberto Perri, e che ha tra i continuatori del suo progetto Massimo Ripepi, al quale consiglio soltanto di non lasciarsi attrarre dalle chimere e di mantenere quell'autonomia che è la vera forza.
Votando così, perdonatemi lo slogan, mi metterei l'anima in Pa.ce.
Chiunque occuperà i palazzi di piazza Italia non avrà un compito facile e non me la sento di deplorare chi di andare alle urne non ne vuol sapere, si è arreso da tempo alla malapolitica.

06/05/11

ALFABETO MUTO, NEL CAST AL TEATRO STUDIO KEIROS ANCHE LA REGGINA MARY FOTIA

Il regista Stefano Maria Palmitessa
Il teatro studio Keiros, nella zona di piazza Bologna, ospita in questi giorni uno spettacolo sul quale si è acceso l'interesse di importanti critici. Per la regia di Stefano Maria Palmitessa, va in scena "Alfabeto muto", scritto dal trio Francesca e Natale Barreca, e Pino Tossici, con due recite giornaliere (ore 18,30 e ore 21) che stanno incontrando il favore del pubblico.
Con Massimiliano Calabrese, Monica Maffei, Pino Tossici, Giulia Tuzzi, recita una attrice reggina, Mary Fotia, che alterna al palcoscenico il suo impegno lavorativo nel settore dell'abbigliamento per l'importante catena di negozi Fabio D in varie zone della Capitale.
Ad assistere nella regia Palmitessa, c'è Giulia Tuzzi, mentre delle scenografie si occupa Silvano Martorana, le musiche sono di Silverio Scramoncin, il trucco locandina è affidato a Rosy Alai, le coreografie sono a cura di Mara Palmitessa.
Una famiglia a-normale, come tante altre, è la protagonista di questo progetto teatrale ad alto livello emozionale. Al suo interno, come spiega la locandina che presenta lo spettacolo, troviamo, deformati dall'ottica di ciascuno dei personaggi, dettagli e minuzie delle vita quotidiana, quella vera.
Il disagio esistenziale di un nucleo allo sbando, conseguenza della perdita della madre, di cui nessuno osa chiarirci la natura, dove la violenza e l'ipocrisia sottolineano eventi e destini che rivelano le diverse facce dell'animo umano.
Ma anche un succulento "equivoco" attraverso il quale, ricorrendo a un dialogo ruvido e tempestoso, si evidenzia il lato tragicominco della famiglia italiana. Una forte e cruda metafora della società nella quale viviamo, fitta di una marea di continui cambiamenti imprevisti e davanti alla quale non possiamo chiudere gli occhi.
La regia di Palmitessa, che vanta uno straordinario pedigree, è accorta ma non invasiva, così almeno racconta chi lo spettacolo l'ha già visto, convincenti gli attori tra i quali, ricordo ai miei lettori calabresi, c'è Mary Fotia, originaria di Reggio Calabria, alla quale io e mia moglie siamo legati  da sincera amicizia.

29/04/11

UN LIBRO RACCONTERA' LE GESTA DI SANTILLO, QUESTORE-SCERIFFO IN DOPPIOPETTO


Uno scorcio dell'Aspromonte dove si tenne il summit di Montalto
Due giovani colleghi di Sky, Paolo Volterra e Max Giannantoni, ci stanno lavorando da tempo: presto dovrebbero mandare alle stampe un libro nel quale raccontano la vita e le gesta di un poliziotto dal nome illustre, Emilio Santillo, mitico questore di Reggio Calabria, che legò il suo nome alla "gestione" della rivolta scoppiata nella città calabrese dopo l'assegnazione del "pennacchio" di capoluogo a Catanzaro.
La notizia, che mi è stata data dai diretti interessati, non può che avermi fatto enorme piacere, avendo vissuto, in prima persona, da cronista ancora alle prime armi in una città di frontiera, quella che, senza troppa enfasi, potremmo definire l'epopea di Santillo.
Quando venne destinato a Reggio Calabria, Emilio Santillo, vaga somiglianza all'attore americano Clark Gable, veniva da Roma dove si era distinto per alcune brillanti operazioni contro la mala capitolina ed aveva dimostrato il suo valore anche in occasione di manifestazioni di piazza, come a Porta San Paolo. Questa esperienza gli sarebbe stata utile a Reggio quando, ai primi giorni di luglio del 1970, la città reagì a quello che riteneva un sopruso, l'assegnazione del titolo di capoluogo di regione a Catanzaro. Le prime elezioni regionali si erano svolte da un mese e la piazza venne infiammata da un discorso tenuto dal sindaco democristiano Piero Battaglia, circondato dai rappresentanti della classe politica reggina, alcuni dei quali in seguito si sarebbero dissociati dalla protesta, scegliendo di obbedire agli ordini dei partiti.
Per due anni la città fu in mano ai rivoltosi, che avevano scelto come loro guida un sindacalista della Cisnal, il missino Francesco "Ciccio" Franco che con la sua oratoria riusciva a mobilitare i "boia chi molla".
Santillo, che da Roma riceveva disposizioni severe, reprimere ad ogni costo questi moti popolari, mentre il Governo cercava una soluzione, diresse la questura senza perdere mai la testa, neppure quando i dimostranti assaltarono il grigio edificio di via dei Correttori, a due passi da piazza Duomo. Se qualcuno avesse sparato un solo colpo, sarebbe stata una strage.
Santillo era già assurto agli onori delle cronache nell'autunno di un anno e mezzo prima, quando, dopo un mancato comizio del principe Junio Valerio Borghese, l'eroe della Decima Mas, qualcuno lanciò bombe a mano contro un'auto della polizia.
In quella stessa notte, un manipolo di poliziotti e carabinieri, risaliva i tornanti dell'Aspromonte, diretti a Montalto, presso Gambarie dove, stando ad una "soffiata" ricevuta dallo stesso Santillo, i rappresentanti delle famiglie mafiose di tutta la provincia avrebbero tenuto un summit.
Quando gli uomini di Santillo arrivarono, nel fuggi fuggi generale, sparando in aria, ne catturarono parecchi, altri vennero identificati grazie alle targhe delle auto abbandonate sul posto. Manette ai polsi anche al "presidente" del summit, un anziano capobastone, Giuseppe Zappia, assiso su un "trono" fatti con i sassi.
E fu in questa occasione che Santillo, anche se non ha mai voluto ammetterlo, "inventò" la storia degli incappucciati di Montalto, i misteriosi personaggi, forse politici, che avevano partecipato all'Appalachin calabrese e che erano stati fatti fuggire. Per giorni e giorni la stampa nazionale stette, come si dice, sul pezzo, Santillo offriva sigari e cognac, il mistero degli incappucciati rimase tale, gli inviati andarono via, lui fece un balzo nella carriera, diventando il capo dell'Antiterrorismo.
Ai due giovani colleghi, che mi hanno chiesto una testimonianza personale per il loro lavoro, sarò ben lieto di offrire il mio modesto contributo per ricordare la figura di un grande uomo di legge che ho avuto l'onore di conoscere.

21/04/11

RANDOLFO PACCIARDI, UN PROTAGONISTA DEL '900 TROPPO SPESSO DIMENTICATO

RANDOLFO PACCIARDI
"Randolfo Pacciardi, un protagonista del Novecento": questo il tema d'un convegno organizzato dalla Camera dei deputati, a vent'anni dalla scomparsa di un uomo politico, combattente per la libertà, repubblicano per scelta di vita, in occasione della donazione da parte della famiglia dell'archivio privato.
Sala della lupa di Montecitorio, un luogo che "odora" di storia: qui, nell'estate del 1924, i deputati cosiddetti "aventiniani" si riunirono per protestare contro il fascismo, dopo il delitto Matteotti. E sempre in quest'aula austera la sera del 10 giugno del 1946 vennero letti i risultati del referendum tra monarchia e repubblica, si apriva una nuova era per il nostro Paese. 
Pacciardi, ha ricordato il presidente della Camera, Gianfranco Fini, fu un anticipatore della seconda repubblica, idealizzò l'elezione diretta del capo dello Stato e auspicò un modello che sarebbe da riproporre.
L'evento, cui ha preso parte un folto pubblico, esponenti politici, storici, giornalisti, familiari di Pacciardi, è servito da presentazione al volume che verrà stampato dalla Camera nel quale verranno raccolte le relazioni dei partecipanti al convegno.
Il presidente emerito della repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, ha affidato ai suoi ricordi personali il ritratto di Randolfo Pacciardi deputato di grande spessore, dal carattere forte, incapace di odiare gli avversari politici, note le sue battute fulminanti come quando, rivolgendosi al parlamentare comunista sardo Lussu, che gli ricordava un gesto d'amore nei confronti dello stesso Pacciardi, durante una battaglia nella guerra civile spagnola, così lo apostrofò: "  so che mi ami, e io ricambio il tuo amore, ma sono altrettanto certo che se il tuo partito ti ordinasse di uccidermi, tu lo faresti".
Antonio De Martini, per anni collaboratore di Pacciardi, ha presentato un filmato nel quale sono raccolte preziose testimonianze dei cinque anni di governo e settantatre all'opposizione che ne traccia la figura di ministro, esponente del Pri lamalfiano, diplomatico, militare, giornalista.
Il generale Franco Angioni ha ancora presente, a distanza di anni, la visita che Randolfo Pacciardi, ministro della difesa, aveva fatto agli allievi della scuola militare della Nunziatella nell'immediato dopoguerra. Angioni era lì, sedicenne, schierato con gli altri. Come uomo di governo, ha ricordato, Pacciardi diede un notevole contributo alla riorganizzazione del nostro esercito.
Un intervento appassionato quello del giornalista calabrese Paolo Palma, ex deputato, storico, profondo conoscitore e biografo pacciardiano, il quale ha voluto far risaltare aspetti particolare della vicenda umana e politica di un uomo che, anche nella clandestinità, seppe essere leader. Fu lui che consegnò a Sandro Pertini il passaporto falso che gli consentì d'emigrare. Pacciardi è stato l'uomo della svolta centrista, fondatore di vari giornali, insomma, l'ultimo dei mazziniani.
La chiusura del convegno è toccata al costituzionalista Giorgio Rebuffa, il quale ha voluto dare la sua motivazione "tecnica" del perchè, come rilevato provocatoriamente dal presidente Fini, Pacciardi non è diventato il De Gaulle italiano. Un uomo col suo carattere, con la sua indipendenza di pensiero, non poteva essere che quello che è stato, certamente meriterebbe maggiore considerazione da parte degli storici della politica. Finora, infatti, attorno a Pacciardi, uno dei padri della repubblica, è stato sovente stesa una cortina di silenzio.

12/04/11

ADDIO AD OTTAVIO TERRANOVA, SIGNORE DEL CALCIO D'ALTRI TEMPI


La Villese in serie C, Terranova e il primo da destra accosciato
A Villa, dove si era trasferito per giocare a calcio, vi aveva trovato moglie e lì è rimasto fino all'ultimo: Ottavio Terranova è stata una delle figure più note del calcio dilettantistico calabrese, un allenatore che in comune con altri grandi mister come Nils Liedholm e Tommaso Maestrelli aveva la classe di nascita, il 1922. La notizia della sua scomparsa ha destato grande commozione non soltanto in coloro i quali, ed io per primo, hanno avuto la fortuna di conoscerlo e di apprezzarne le grandi doti umane, un gentiluomo d'altri tempi, un padre affettuoso, quando aveva perso la sua compagna d'una vita s'era lasciato andare, usciva di casa soltanto nelle feste per andare da una delle figlie, che ha sposato un suo ex calciatore, Mimmo Cannizzaro, classe pura, di questi tempi avrebbe potuto giocare in serie A.
Gli è stato vicino fino all'ultimo il figlio maschio, Pino, che per lui era ancora Pinuccio, lo ricordo bimbetto giocare per casa nella villetta sulla via Nazionale dove tanti pomeriggi avevo passato con Ottavio: giornalista alle prime armi, seguivo il calcio minore, una gavetta che consiglierei a chi vuol fare questo mestiere. Il mister, fuori dal campo, amava leggere, era un ottimo rilegatore di libri, collezionava giornali sportivi, in casa una eccezionale biblioteca.
Più volte, incontrando Pino, al solito affettuosissimo, mi ero riproposto d'organizzare un incontro con Ottavio, anche se vederlo ormai ridotto ad una vita vegetativa, lui che curava il corpo ed era d'una eleganza naturale, ero certo che mi avrebbe fatto male. Non c'è stata la possibilità, Ottavio me lo perdonerà, la mia preghiera va ad aggiungersi a quelle della sua famiglia, di quanti, a Villa e dove era andato nel suo girovagare per i campi infuocati dei campionati dilettanti, lo ricordano per il suo stile, la correttezza, sapeva educare i giovani a diventare prima di tutto uomini.
Apparteneva ad una generazione di calciatori che andavano in campo non per lo stipendio, i guadagni erano magri, lui aveva avuto la fortuna di ottenere all'Arsenale di Messina un posto di lavoro: la serie C vedeva di fronte la Reggina, la squadra messinese che giocava sul sabbioso terreno dell'arsenale militare, e la Villese dove avrebbe concluso la carriera di calciatore iniziando quella di allenatore.
Avendo un fisico straordinario, aveva potuto, più che cinquantenne, scendere in campo come battitore libero (un ruolo ormai dimenticato) dando dei punti a giocatori ventenni, sempre con educazione, mai fuori dalle righe. Caro Ottavio, non so se l'Immenso ci consentirà quell'incontro che non sono riuscito ad organizzare, io ci credo: mi accoglierai col solito sorriso e la vigorosa stretta di mano. Un amico come te mi mancherà, moltissimo.