22/09/08

TOTO' DELFINO, INNOCENTISTA ANCHE DA MORTO


Mi chiama un collega che vive al Nord: sai, ho saputo che è morto Totò Delfino. La notizia mi addolora perchè sono stato amico di Antonio Delfino, uomo di cultura, polemista di rango, anche se ultimamente, perchè certe vicende familiari lo avevano toccato particolarmente, in lui prevaleva una certa faziosità.
Tutti gli inviati che scendevano al Sud per le loro inchieste, da Giorgio Bocca a Vittorio Feltri, a Roberto Ciuni, a Giampaolo Rossetti (mi ricordo questi per averli personalmente accompagnati a Bovalino dove Totò abitava) trovavano in lui un punto di riferimento importante e preziosi consigli per cercare di "capire" la Calabria. Non sempre ci riusciva, come non ci sono riuscito io tante volte.
Non lo vedevo da mesi, salvo un breve incontro nell'ufficio del compianto editore Giuseppe Falzea, e lo avevo trovato stranito, forse perchè la sordità lo affliggeva più del solito. Inevitabilmente, il discorso cadde sulla vicenda del fratello, il generale dell'Arma coinvolto nel sequestro Soffiantini e condannato per essersi appropriato di denaro. In quel periodo erano uscite fuori alcune intercettazioni tra l'alto ufficiale e un ambiguo cronista, al quale si era rivolto perchè facesse da tramite con un importante uomo politico, insomma chiedeva un qualche aiuto per venir fuori dal "pasticciaccio" nel quale s'era cacciato. E il giornalista, che pure di sequestri e di riscatti una qualche esperienza ce l'ha, per quanto ne sappiamo non fece nulla, lui che di Totò era stato allievo. Ma queste sono miserie umane: adesso che Totò Delfino (conservo ancora un suo bigliettino scritto in greco, dopo che lo avevo...sfidato ad una sorta di certame letterario) è lassù certamente troverà la maniera di rompere le scatole anche a San Pietro e riuscirà a convincerlo che i suoi peccati non sono punibili. Inguaribile innocentista, anche da morto.

1 commento:

Francesco D. Caridi ha detto...

Povero Totò, resistette alle maldicenze, alle invidie, alle generalizzazioni altrui, ma non al male che lo aggredì fisicamente. E forse, proprio per una delle maldicenze più estreme inizialmente addirittura presa per indizio dal solito tetragono "funzionario di giustizia" che aprì un fascicolo, s'insinuò nel suo corpo la tossina maligna, lentamente progredendo fino a sconfiggerlo.
Totò, uomo libero, ironico e romantico, che della nostra Calabria orrendamente descritta perfino da scrivani calabresi diede invece, quando poté sui giornali del Nord, un'immagine di luce e di mito, e anche spassionata e scettica, mai disperata, mai banale, mai ossequiosa verso la verità "ufficiale", tenendo sempre fede al motto della povera gente: "Auta il tuo popolo, che esso abbia torto o ragione".
Francesco D. Caridi