In "tournèe" da una parte all'altra dell'Italia, isole comprese, il giudice Nicola Gratteri promuove adesso il suo secondo libro, scritto anche questo in tandem col giornalista Antonio Nicaso che ricordo corrispondente del mio giornale (assai attivo e capace, già allora) da Caulonia, poi fortunato emigrante in Australia.
Un amico mi pone una (giusta?) osservazione: ma questi giudici, sempre pronti a minacciare l'arresto dei giornalisti che violano il segreto (?) istruttorio o pubblicano le intercettazioni, da dove traggono il "materiale" per i loro saggi abbondantemente pubblicizzati e altrettanto abbondantemente venduti, addirittura consigliati quali testi scolastici, se non da atti giudiziari? Certamente le loro fonti sono privilegiate, non accessibili a malcapitati cronisti che, come accadde una volta a chi scrive, venne minacciato d'arresto dallo stesso Gratteri per aver redatto un servizio, commissionatomi dal mio, per fortuna, ex direttore il quale, a sua volta, mi minacciò di licenziamento, salvo riconoscre, qualche anno dopo, che tutto sommato quello che avevo scritto era vero e che, come qualcuno interessato a...conquistare il mio posto gli aveva fatto credere, non mi ero macchiato di chissà quale malefatta.
Gratteri ha trovato un buon filone, interessante anche dal punto di vista economico (e sì, ci si guadagna anche qualcosa, non è più il tempo del "carmina non dant panem") così come fanno i vari Carofiglio, Lupacchini, Tinti, fino al notissimo autore di Romanzo criminale, che ha incassato diritti milionari.
Giustamente, l'uomo della strada si chiede, posto che la Costituzione assegna a tutti noi, giudici compresi, il diritto d'espressione sotto qualsiasi forma, se sia corretto che magistrati in servizio utilizzino il loro patrimonio professionale per trasformarlo in best seller e passare parecchie giornate in giro per il Paese, quasi fossero cantanti di grido, aiutando gli editori a vendere il loro prodotto. Può sembrare un ragionamento anche volgare, ma è proprio così, i giudici-scrittori sono venditori, quasi porta a porta, dei loro libri che, agli addetti ai lavori, non dicono quasi nulla d'interessante, tanto loro le cose le conoscono, specialmente quelli che senza esporsi alle luci della ribalta ogni giorno "masticano" la mafia. Al fine di non apparire un detrattore del dottor Gratteri (il quale quando m'incontra, è sempre così cordiale) debbo aggiungere che la sua attività di scrittore toglie poco al suo lavoro e non fa parte di quella schiera di suoi colleghi che trascorrono intere giornate in locali alla moda, tra cene e feste danzanti, in compagnia di sculettanti ammiratrici.
Beh, lo ammetto, non mi piacciono i giudici letterati, ma Gratteri lo stimo, al contrario di quegli altri che fanno antimafia da salotto.
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