03/09/08

PIANO, MURATORE, CON QUEL PICCONE.......


Non volevo crederci, mi sembrava di aver sbagliato strada. Invece, non era così, la "mia" caserma non c'è più, al suo posto, lungo la via Nazionale, che taglia in due Pellaro, la mia seconda patria, sta sorgendo un moderno palazzo, lo costruisce un amico di gioventù, Pippo Latella, che a forza di sacrifici, ha tirato sù un'azienda tra le più importanti e ha fatto grossi investimenti anche nell'edilizia.
La caserma, costruita dopo il terremoto, è stata la mia casa per sei anni, quando con la famiglia occupavamo l'alloggio di servizio, riservato al comandante, che poi era mio padre. Una porta divideva l'alloggio dall'ufficio del maresciallo che, quando il pranzo era pronto, lo capiva dal leggero tocco di mia madre.
Poi, le camerate per i finanzieri, tutti giovani, più o meno dell'età mia e di mio fratello: con loro dividevamo parecchie ore, giocando a carte o al pallone nell'ampio cortile.
Quanti ricordi, il tempo trascorso seduto sotto l'albero di prugne a preparare gli esami, gli sguardi maliziosi con una ragazza che ora non c'è più, dalla finestra di fronte, le lunghe passeggiate con i soliti amici, le gite parrocchiali, i tornei estivi, le feste a San Giovanni, al Lume, a Bocale, che era l'ultima, alla fine dell'estate, poi ricominciava il tran tran della scuola, in autobus per chi andava a Reggio, in treno fino alla Marittima, e poi il traghetto, per chi andava a Messina.
Primi amori, primi affanni di cuore, prime gioie, primi trafiletti su qualche giornale senza sapere che sarebbe stato il lavoro della mia vita.
I miei genitori mi avrebbero visto volentieri ufficiale delle Fiamme Gialle (l'unica delusione che mi ha dato, diceva mio padre, quando parlava di me) o austero professore di storia. Quando lasciammo Pellaro per trasferirci in città, quasi ogni giorno, appena potevo, tornavo nel "mio" rione cui tuttora mi lega un grande affetto, al punto di avervi costruito, nei primi anni di matrimonio, una accogliente villetta. Ma questo è merito di mia moglie, io non c'ero mai, il lavoro mi portava fuori casa per lunghi periodi, i miei due figli hanno trascorso un'infanzia ed un'adolescenza da ricordare, proprio dove il papà era stato ragazzo felice, negli anni più difficili.
Pellaro, un'oasi di tranquillità, ma in seguito le cose sarebbero cambiate e il ragazzo d'allora, diventato cronista, sarebbe tornato più volte a raccontare storie di violenza e sangue.
Piano, muratore, con quel piccone, cantava Claudio Villa in "casetta de Trastevere", in quell'angolo stava seduta mia madre, a ricamare, proprio sotto la finestra dell'ufficio papà parcheggiava la bicicletta d'ordinanza. Era quello il mezzo che lo Stato metteva a disposizione per le lunghe perlustrazioni, giorno e notte, con qualsiasi tempo.
Quanta vita, quanta storia, tra quelle mura ormai abbattute: Vi prego, muratori, fate piano, mi farete meno male. Faccio una gran fatica a trattenere le lacrime: al mio nipotino, un giorno, racconterò la storia della caserma che non c'è più, dove il nonno ha vissuto anni meravigliosi. Mi raccomando, buttatela giù, ma senza farle troppo male.

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