Mancava qualche giorno a Natale ma, quella sera, l’aria era tiepida. Sopra i tetti di plexiglas delle serre ricolme di fiori e piante d’ogni genere, in mezzo alle campagne un po’ brulle della riviera ionica, il cielo era stellato.
Luci sparse sulle colline, una calma irreale: dal buio sbucarono almeno in quattro, con le armi in pugno, le facce nascoste da cappucci di lana, quelli usati dai pastori, quando portano le greggi in alta montagna.
Vincenzo Medici, ultrasessantenne ancora vigoroso, venne strappato dal suo tavolo di lavoro e portato via, come una bestia.
Sui giornali il titolo, scontato: “L’anonima sequestri ha colpito ancora”.
La moglie Giovanna, quella sera del 21 dicembre 1989, l’aspettava per cena. Una coppia non più verde, ma ancora unita come il primo giorno, un rapporto mai turbato dall’unica ombra sul loro destino, quella di non potere avere figli.
Un vuoto colmato da affettuosissimi nipoti, dagli interessi culturali comuni: la lettura, i viaggi, la conduzione d’una azienda florida e che ha anche rischiato di morire.
Giovanna è una donna minuta e composta nei suoi gesti. Di tanto in tanto, qualche giornalista le telefona, accade quando, per un motivo o per l’altro, il fenomeno sequestri torna a fare notizia.
E’ accaduto anche quando è esploso il caso dei fondi riservati del Sisde, impiegati per pagare qualche riscatto e non meglio precisati “informatori”.
Sembra che nella Locride ci sia stato, in questi ultimi anni, uno strano movimento: 007 deviati, mafiosi, pentiti della ‘ndrangheta, ambigue figure di avvocati e giornalisti, centinaia di milioni che non si sa che fine abbiano fatto.
Ma questa è una storia ancora da scrivere: quella che è stata scritta è fatta da migliaia di giorni d’angoscia, nella casa piena di luce dalla quale, quel pomeriggio, Vincenzo Medici era uscito.
Ora restano i sospiri e il dignitoso silenzio d’una donna sempre più sola. Col passare dei giorni, dei mesi, degli anni, la villa immersa nel verde è sempre più vuota: Vincenzo Medici era un uomo attivo, che dietro l’aspetto del pacioso agrario di provincia, nascondeva una sensibilità e una cultura notevoli.
Nelle parole di Giovanna ielasi, sposata Medici, non c’è ombra di rancore, soltanto amarezza, eppure, di motivi per scatenare polemiche, anche violente, ne avrebbe.
Suo marito è stato vittima della cosiddetta linea dura dello Stato, che poi tanto dura non era, se si pagavano i banditi ed altri personaggi con i soldi della collettività, come lo stesso prefetto Parisi, messo alle strette durante un’audizione in commissione, fu costretto ad ammettere.
Su queste pagine nere della storia italiana non si è ancora voluto fare luce, ognuno si augura che salti fuori, prima o poi, la verità, quella che una donna disperata chiede di conoscere.
Il diritto di sapere: la moglie di Vincenzo Medici, gli altri familiari, chiedono solo che qualcuno dica loro qualcosa, se l’inchiesta è chiusa, se su questo sequestro dimenticato è calato il sipario dell’archiviazione.
Ogni anno, quando questo triste anniversario ricorre, le persone che a Vincenzo Medici erano care, si chiedono perché non viene loro riconosciuto il diritto di sapere.
Certo, non si fanno illusioni, ma in questi casi, il passare del tempo non lenisce il dolore, i ricordi non s’annebbiano.
Giovanna Medici s’è stancata ormai di fare appelli, ha chiesto umilmente di avere qualche notizia, di poter sapere dove suo marito è stato sepolto dai carnefici della banda.
Il resto non la riguarda. Quando si allontana, e ciò avviene sempre più raramente, dalla grande casa vuota, porta con sé un cellulare. Una telefonata, secondo un fortunato slogan della Sip di qualche tempo fa, allunga la vita. In questo caso, purtroppo, non riesce neppure ad alimentare la speranza.
Di quell’uomo che era l’anima d’una azienda, fonte di lavoro per decine di persone, resta l’immagine sorridente, abbracciato alla nipote prediletta, momenti sereni, senza presagire ciò che sarebbe accaduto una sera di dicembre, con il Natale alle porte, le strade del paese illuminate, un’insolita animazione.
Altre famiglie soffrono, piangono e pregano, mentre nelle case si brinda: è il Natale triste di chi non ha potuto, neppure a caro prezzo, far tornare a casa la “preda” nelle mani dei sequestratori. Nell’Italia che scivola ogni giorno di più, c’è chi crede ancora nel rispetto dei diritti costituzionali, perciò Giovanna Medici rivendica il diritto di sapere. Qualcuno, finalmente, l’ascolterà?.
Luci sparse sulle colline, una calma irreale: dal buio sbucarono almeno in quattro, con le armi in pugno, le facce nascoste da cappucci di lana, quelli usati dai pastori, quando portano le greggi in alta montagna.
Vincenzo Medici, ultrasessantenne ancora vigoroso, venne strappato dal suo tavolo di lavoro e portato via, come una bestia.
Sui giornali il titolo, scontato: “L’anonima sequestri ha colpito ancora”.
La moglie Giovanna, quella sera del 21 dicembre 1989, l’aspettava per cena. Una coppia non più verde, ma ancora unita come il primo giorno, un rapporto mai turbato dall’unica ombra sul loro destino, quella di non potere avere figli.
Un vuoto colmato da affettuosissimi nipoti, dagli interessi culturali comuni: la lettura, i viaggi, la conduzione d’una azienda florida e che ha anche rischiato di morire.
Giovanna è una donna minuta e composta nei suoi gesti. Di tanto in tanto, qualche giornalista le telefona, accade quando, per un motivo o per l’altro, il fenomeno sequestri torna a fare notizia.
E’ accaduto anche quando è esploso il caso dei fondi riservati del Sisde, impiegati per pagare qualche riscatto e non meglio precisati “informatori”.
Sembra che nella Locride ci sia stato, in questi ultimi anni, uno strano movimento: 007 deviati, mafiosi, pentiti della ‘ndrangheta, ambigue figure di avvocati e giornalisti, centinaia di milioni che non si sa che fine abbiano fatto.
Ma questa è una storia ancora da scrivere: quella che è stata scritta è fatta da migliaia di giorni d’angoscia, nella casa piena di luce dalla quale, quel pomeriggio, Vincenzo Medici era uscito.
Ora restano i sospiri e il dignitoso silenzio d’una donna sempre più sola. Col passare dei giorni, dei mesi, degli anni, la villa immersa nel verde è sempre più vuota: Vincenzo Medici era un uomo attivo, che dietro l’aspetto del pacioso agrario di provincia, nascondeva una sensibilità e una cultura notevoli.
Nelle parole di Giovanna ielasi, sposata Medici, non c’è ombra di rancore, soltanto amarezza, eppure, di motivi per scatenare polemiche, anche violente, ne avrebbe.
Suo marito è stato vittima della cosiddetta linea dura dello Stato, che poi tanto dura non era, se si pagavano i banditi ed altri personaggi con i soldi della collettività, come lo stesso prefetto Parisi, messo alle strette durante un’audizione in commissione, fu costretto ad ammettere.
Su queste pagine nere della storia italiana non si è ancora voluto fare luce, ognuno si augura che salti fuori, prima o poi, la verità, quella che una donna disperata chiede di conoscere.
Il diritto di sapere: la moglie di Vincenzo Medici, gli altri familiari, chiedono solo che qualcuno dica loro qualcosa, se l’inchiesta è chiusa, se su questo sequestro dimenticato è calato il sipario dell’archiviazione.
Ogni anno, quando questo triste anniversario ricorre, le persone che a Vincenzo Medici erano care, si chiedono perché non viene loro riconosciuto il diritto di sapere.
Certo, non si fanno illusioni, ma in questi casi, il passare del tempo non lenisce il dolore, i ricordi non s’annebbiano.
Giovanna Medici s’è stancata ormai di fare appelli, ha chiesto umilmente di avere qualche notizia, di poter sapere dove suo marito è stato sepolto dai carnefici della banda.
Il resto non la riguarda. Quando si allontana, e ciò avviene sempre più raramente, dalla grande casa vuota, porta con sé un cellulare. Una telefonata, secondo un fortunato slogan della Sip di qualche tempo fa, allunga la vita. In questo caso, purtroppo, non riesce neppure ad alimentare la speranza.
Di quell’uomo che era l’anima d’una azienda, fonte di lavoro per decine di persone, resta l’immagine sorridente, abbracciato alla nipote prediletta, momenti sereni, senza presagire ciò che sarebbe accaduto una sera di dicembre, con il Natale alle porte, le strade del paese illuminate, un’insolita animazione.
Altre famiglie soffrono, piangono e pregano, mentre nelle case si brinda: è il Natale triste di chi non ha potuto, neppure a caro prezzo, far tornare a casa la “preda” nelle mani dei sequestratori. Nell’Italia che scivola ogni giorno di più, c’è chi crede ancora nel rispetto dei diritti costituzionali, perciò Giovanna Medici rivendica il diritto di sapere. Qualcuno, finalmente, l’ascolterà?.
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