23/08/10

IL CASO GUARINO, COME UN CRONISTA PUO' FINIRE IN GALERA

gianluigi guarino
La persona che vedete raffigurata nella foto in alto a destra si chiama Gianluigi Guarino, è un giornalista di Caserta. Sorride, anche se in questi giorni ha avuto poche occasioni per farlo: infatti, ha dovuto scontare 43 giorni di carcere per aver commesso reati di natura professionale, un cumulo di condanne per diffamazione, a seguito di querele fatte al giornale che lui dirigeva e che si riferivano anche ad articoli non scritti da lui, che però, secondo la legge sulla stampa, avrebbe dovuto controllare.
L'omesso controllo, infatti, viene punito e a fare il direttore, se non si ha la fortuna di essere "coperti" da assicurazioni e avere un parco avvocati di spicco, si rischia il carcere. Fortunatamente, ciò avviene molto di rado, le aziende editoriali si sono attrezzate e sottopongono determinati articoli o inchieste al parere dei legali, prima della pubblicazione.
Se sei una "firma" popolare, poi, in caso di incidenti di percorso, c'è pronta la mobilitazione dei politici amici. L'Ordine e il sindacato dei giornalisti, per la verità, nel caso del collega Guarino, hanno fatto sentire la loro voce, e se i giudici hanno rivisitato la posizione del giornalista sbattuto in cella, come un qualsiasi delinquente, lo si deve anche a loro.
I più esposti al rischio-querela con annessa richiesta di risarcimento danni sono i cronisti che si occupano di nera e giudiziaria, che devono difendersi, come è capitato a me personalmente, non tanto dalle ire dei capi bastone, ma di quei giudici che non consentono la benchè minima critica al loro operato, anche quando si rendono responsabili di gravi omissioni e reati dei quali, purtroppo, non risponderanno mai.
Da tempo si parla di modifiche alla legge del 1947 sui reati di stampa o a mezzo stampa, come dir si voglia, tutti, in occasioni di convegni, congressi, campagne elettorali, proclamano il diritto costituzionalmente sancito ad esprimere sotto ogni forma idee, opinioni, notizie anche scomode per i potenti.
Ce ne ricordiamo in occasione di episodi qual è quello dell'arresto di Guarino, o a fronte di richieste milionarie da parte di politici che non esitano, pur essendo iscritti all'albo dei giornalisti, ad offendere pubblicamente e minacciare colleghi.
La querela, spesso, è il mezzo per intimidire, bloccare il cronista coraggioso, condizionare la proprietà del giornale: a me è accaduto di essere querelato "in solitudine" senza coinvolgere il direttore responsabile che pure il servizio aveva controllato. Per mia fortuna, sono incappato in magistrati sereni, che non si sono fatti condizionare dalla presenza in aula di colleghi più "famosi", ospiti di salotti e studi televisivi a getto continuo.
Altrimenti, come mi augurò una volta un legale della cosiddetta parte civile, mi avrebbero fatto seguire volentieri la sorte di Guarino.
Al collega casertano, dopo avergli fatto i complimenti per la riacquistata libertà, dico solo di non farsi intimorire dai "signori della querela" e proseguire il suo cammino di onesto e coraggioso giornalista.
  

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