Era una giornata d'inizio primavera, proprio come oggi, in via Fani, nel quartiere della Camilluccia, all'incrocio con la ripida via Stresa, dove c'è la bacheca con le foto dei cinque poveri agenti di polizia e carabinieri trucidati durante l'azione d'un commando delle Brigate Rosse che sequestrò, trentun anni fa, il presidente della Dc, Aldo Moro, uno dei "cavalli di razza" del partito.
Quel giorno io non ero qui, ma a centinaia di chilometri di distanza, nella "mia" Reggio, nella redazione del Giornale di Calabria da qualche anno nelle edicole, l'unico giornale fatto da calabresi per i calabresi, una autentica palestra per noi giovani professionisti.
Il mio secondo figlio compiva due anni, a casa m'aspettavano per un pranzo "allargato" a parenti ed amici, ma non potei essere presente: appena la notizia dell'agguato si diffuse, ognuno di noi pensò al lavoro e, ricordo, tornai molto tardi, quando i bambini erano già a letto e per cena mi toccò una fetta di torta.
Oggi, invece, sono qui, mischiato tra la piccola folla che assiste al rito della commemorazione, c'è Gianfranco Fini, sempre più ingessato nei suoi abiti presidenziali, con le sue camicie a collo alto, c'è anche Franceschini, accolto con un mormorio che sa tanto di fastidio, alla gente credo non piaccia molto, e per la verità anche a me.
Ma oggi è il momento del ricordo struggente di chi, per servire lo Stato, ha pagato con la vita. Quasi tutto, all'incrocio tra via Fani con via Stresa, è rimasto come allora, c'è la siepe dietro la quale i brigatisti travestiti da aviatori si nascosero, c'è il chioschetto del venditore di fiori, c'è qualcuno che, quella mattina, sentì il crepitare dei mitra e, quando s'affacciò, vide solo un'auto partire sgommando e, per terra, il corpo senza vita della guardia di Ps Iozzino. Poi, minuti di terribile silenzio, fino all'arrivo delle prime auto di polizia e carabinieri, i giornalisti e i fotografi, Paolo Frajese descrisse, ansimando, quegli attimi agghiaccianti, la sua cronaca ormai fa parte della storia.
La cerimonia non dura molto, le autorità, con le loro vetture blindate, scortatissime, vanno via, e ce ne andiamo anche noi, abitanti della zona, ci salutiamo anche se non ci conosciamo, e c'interroghiamo con lo sguardo, senza avere il coraggio di dirlo: ma Moro, poteva essere salvato?.
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