All’anagrafe era Raffaele, ma da bambino tutti lo chiamavano Lello, nel quartiere di Santa Caterina dove era cresciuto e, sin da giovanissimo, aveva intrapreso l’attività di fotografo, faceva il lavoro di quelli che i titolari di studio chiamavano gli “scattini”, che si guadagnavano da vivere immortalando le coppie di fidanzati alla villa comunale o sul Lungomare e, quando capitava, un matrimonio o un battesimo.
Lello Spinelli, popolarissimo fotoreporter della Gazzetta del Sud, ha allevato generazioni di cronisti, me compreso, anche se per anni, prima di ritrovarci nello stesso giornale, ero stato su altre barricate. Baffetti alla Clark Gable, capelli sempre impomatati, occhiali da professore, passava le sue giornate praticamente in redazione, correndo da una parte all’altra, poi sviluppando in bianco e nero nel rudimentale laboratorio allestito nella sede della Gazzetta, e prima di andare a casa, quando ci andava, perché una partita a carte c’era sempre, provvedeva ad archiviare, meticolosamente, con la sua grafia chiara, i negativi.
Le due sue passioni erano il gioco e le donne, cosa che gli aveva procurato non pochi fastidi in famiglia, una bella famiglia, governata dalla pazientissima moglie che gli ha sempre perdonato, anche in tarda età, le sue scappatelle.
Ma Lello Spinelli, che per anni è stato inseparabile amico di un altro reporter di razza, Umberto Paladino, standogli vicino nei momenti della malattia, aveva continuato a frequentare l’ambiente della stampa locale anche dopo la pensione, quando a sostituirlo era stato chiamato Rosario Cananzi. Aveva accettato, dietro un modesto compenso, che peraltro bruciava appena incassato giocando a tutto quanto era possibile giocare, dal Lotto al Totocalcio, di “presidiare” la sala stampa alle Poste centrali. Negli ultimi tempi aveva scoperto le infernali macchinette mangiasoldi e davanti ad una di queste che gli americani chiamano slot machine,lo avevo visto, qualche mese fa, in una tabaccheria del rione San Brunello, dove ha vissuto per tantissimo tempo.
Avevamo preso l’impegno di sentirci e andare assieme a trovare Umberto Paladino ricoverato in gravi condizioni in ospedale. Non ci sono riuscito e adesso che Lello, con la sua inseparabile Rolleiflex è salito in Cielo, mi resta il rammarico di un incontro mancato, ancora una volta avremmo rievocato episodi del passato, la cronaca da noi vissuta dal di dentro, tra omicidi e sequestri, rivolte di popolo e incontri di calcio.
Chissà, Lello, se capiterà di ritrovarci, ma questo non possiamo deciderlo noi, sono sicuro che ne saresti felice.
Lello Spinelli, popolarissimo fotoreporter della Gazzetta del Sud, ha allevato generazioni di cronisti, me compreso, anche se per anni, prima di ritrovarci nello stesso giornale, ero stato su altre barricate. Baffetti alla Clark Gable, capelli sempre impomatati, occhiali da professore, passava le sue giornate praticamente in redazione, correndo da una parte all’altra, poi sviluppando in bianco e nero nel rudimentale laboratorio allestito nella sede della Gazzetta, e prima di andare a casa, quando ci andava, perché una partita a carte c’era sempre, provvedeva ad archiviare, meticolosamente, con la sua grafia chiara, i negativi.
Le due sue passioni erano il gioco e le donne, cosa che gli aveva procurato non pochi fastidi in famiglia, una bella famiglia, governata dalla pazientissima moglie che gli ha sempre perdonato, anche in tarda età, le sue scappatelle.
Ma Lello Spinelli, che per anni è stato inseparabile amico di un altro reporter di razza, Umberto Paladino, standogli vicino nei momenti della malattia, aveva continuato a frequentare l’ambiente della stampa locale anche dopo la pensione, quando a sostituirlo era stato chiamato Rosario Cananzi. Aveva accettato, dietro un modesto compenso, che peraltro bruciava appena incassato giocando a tutto quanto era possibile giocare, dal Lotto al Totocalcio, di “presidiare” la sala stampa alle Poste centrali. Negli ultimi tempi aveva scoperto le infernali macchinette mangiasoldi e davanti ad una di queste che gli americani chiamano slot machine,lo avevo visto, qualche mese fa, in una tabaccheria del rione San Brunello, dove ha vissuto per tantissimo tempo.
Avevamo preso l’impegno di sentirci e andare assieme a trovare Umberto Paladino ricoverato in gravi condizioni in ospedale. Non ci sono riuscito e adesso che Lello, con la sua inseparabile Rolleiflex è salito in Cielo, mi resta il rammarico di un incontro mancato, ancora una volta avremmo rievocato episodi del passato, la cronaca da noi vissuta dal di dentro, tra omicidi e sequestri, rivolte di popolo e incontri di calcio.
Chissà, Lello, se capiterà di ritrovarci, ma questo non possiamo deciderlo noi, sono sicuro che ne saresti felice.
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