“E’ dunque una spaventosa voragine di morte, aperta nell’estremo lembo d’Italia: le rovine si accumulano con i cadaveri innumerabilmente. Non si osa più fare un’ipotesi sull’enormità del massacro, nel terrore che l’ipotesi più nera debba domani, fra un’ora, con il primo telegramma essere superata dalla realtà. Come una luce sinistra di verità si leva sulla tenebra della nostra ignoranza inorridita. La mente non osa più di fermarsi alla visione atrocissima”.
Con questa prosa un tantino contorta l’anonimo cronista del Corriere della Sera, qualche giorno dopo il terremoto che, all’alba del 28 dicembre 1908, rase al suolo le città di Reggio e Messina, e numerosi centri delle due province, su entrambe le sponde, descrive la terribile catastrofe che aveva seminato terrore e morte.
Più di centomila, tra siciliani e calabresi, rimasero sotto le macerie, e molti di loro non sono stati mai trovati, così come quelle migliaia spazzate via dall’onda di maremoto. In questi giorni, tra una commemorazione, qualche servizio di maniera, “speciali” confezionati ad hoc, vede la luce l’ultima produzione del regista reggino Gaetano Labate, già autore di pregevoli documentari sulla storia della sua città e su argomenti di archeologia il cui valore è stato riconosciuto da giurie specializzate.
Terremoto, è il titolo del dvd che Labate ha pubblicato e che tanto successo sta riscuotendo anche al di là dei confini di Sicilia e Calabria. La ricostruzione di quel dramma, i cui segni, purtroppo, sono ancora visibili, specialmente a Messina, è affidata ad un meticoloso lavoro di ricerca sia iconografica che filmografica, il tutto condito dal commento di una “voce” impareggiabile, quella di Riccardo Mei.
Labate, come al solito, non è rimasto insensibile al “grido di dolore” che si è levato in questi mesi, nell’anno del centenario, ed ha regalato a messinesi e reggini, ma anche agli abitanti di quei paesi che in trenta secondi hanno visto sparire ogni cosa, come inghiottita da un gigantesco vortice partito dal centro della terra, momenti di grande emozioni tra immagini saltellanti e urla disperate.
Il lavoro di Gaetano Labate induce a delle riflessioni, specialmente da parte di chi pensa alla faraonica idea del ponte sullo Stretto che, se allora ci fosse stato, sarebbe stato spazzato via come un castello fatto con le carte da gioco. Certamente, il sisma adesso non provocherebbe i danni materiali di allora, le costruzioni sono ben altra cosa, ma al maremoto, che ora chiameremmo tsunami, ci pensate?-
A cento anni da quei terribili giorni, risentire le testimonianze di chi si salvò, perdendo il resto della famiglia, come Gaetano Salvemini, rende palpabile l’angoscia e, quasi sembra di respirare la polvere che si levò dopo il tremendo scossone della terra.
Grazie a Tanino Labate, amico affettuoso, per avermi riservato il privilegio di vedere in anteprima il suo lavoro. Queste mie modeste riflessioni sono espressione di gratitudine per un figlio di Reggio che ci fa onore.
Con questa prosa un tantino contorta l’anonimo cronista del Corriere della Sera, qualche giorno dopo il terremoto che, all’alba del 28 dicembre 1908, rase al suolo le città di Reggio e Messina, e numerosi centri delle due province, su entrambe le sponde, descrive la terribile catastrofe che aveva seminato terrore e morte.
Più di centomila, tra siciliani e calabresi, rimasero sotto le macerie, e molti di loro non sono stati mai trovati, così come quelle migliaia spazzate via dall’onda di maremoto. In questi giorni, tra una commemorazione, qualche servizio di maniera, “speciali” confezionati ad hoc, vede la luce l’ultima produzione del regista reggino Gaetano Labate, già autore di pregevoli documentari sulla storia della sua città e su argomenti di archeologia il cui valore è stato riconosciuto da giurie specializzate.
Terremoto, è il titolo del dvd che Labate ha pubblicato e che tanto successo sta riscuotendo anche al di là dei confini di Sicilia e Calabria. La ricostruzione di quel dramma, i cui segni, purtroppo, sono ancora visibili, specialmente a Messina, è affidata ad un meticoloso lavoro di ricerca sia iconografica che filmografica, il tutto condito dal commento di una “voce” impareggiabile, quella di Riccardo Mei.
Labate, come al solito, non è rimasto insensibile al “grido di dolore” che si è levato in questi mesi, nell’anno del centenario, ed ha regalato a messinesi e reggini, ma anche agli abitanti di quei paesi che in trenta secondi hanno visto sparire ogni cosa, come inghiottita da un gigantesco vortice partito dal centro della terra, momenti di grande emozioni tra immagini saltellanti e urla disperate.
Il lavoro di Gaetano Labate induce a delle riflessioni, specialmente da parte di chi pensa alla faraonica idea del ponte sullo Stretto che, se allora ci fosse stato, sarebbe stato spazzato via come un castello fatto con le carte da gioco. Certamente, il sisma adesso non provocherebbe i danni materiali di allora, le costruzioni sono ben altra cosa, ma al maremoto, che ora chiameremmo tsunami, ci pensate?-
A cento anni da quei terribili giorni, risentire le testimonianze di chi si salvò, perdendo il resto della famiglia, come Gaetano Salvemini, rende palpabile l’angoscia e, quasi sembra di respirare la polvere che si levò dopo il tremendo scossone della terra.
Grazie a Tanino Labate, amico affettuoso, per avermi riservato il privilegio di vedere in anteprima il suo lavoro. Queste mie modeste riflessioni sono espressione di gratitudine per un figlio di Reggio che ci fa onore.
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