03/04/09

GIORNALISMO, ALLA RICERCA DELLA QUALITA' PERDUTA

Lo ha detto con grande convinzione, l'altro giorno, durante la cerimonia di consegna delle medaglie ai giornalisti con 50 anni d'iscrizione all'Ordine, il presidente del Lazio, Bruno Tucci: "il giornalismo sta perdendo in qualità".
Come dargli torto, basta dare un'occhiata a quello che esce sui giornali, e non soltanto quelli regionali e locali, per constatare come, in questo mestiere, non soltanto mancano i ricambi, ma esiste un problema di fondo legato proprio, amico Tucci, alla gestione degli Ordini regionali.
D'accordo, quello del Lazio, e mi consta personalmente, essendo un iscritto e frequentando ormai da tre anni gli ambienti romani, è piuttosto restrittivo nell'accordare i certificati cosiddetti d'ufficio, che consentono a praticanti cui i giornali con i quali collaborano non li rilasciano, di accedere all'esame di Stato.
Ho un ricordo personale, a questo proposito, avendo fatto parte, quale membro effettivo, d'una commissione che aveva in carico la bella cifra di 752 candidati, una vera e propria valanga che ha richiesto cinque mesi di duro lavoro ai commissari, ivi compresi tre magistrati, con risultati, dal punto di vista della qualità, davvero disarmanti.
Il collega Roberto Guido, eccellente giornalista leccese, ha stampato, per regalarlo agli amici, un volumetto, dal titolo "Fior d'esame" in cui ha raccolto, ma solo una parte, strafalcioni, risposte strampalate, errori vistosissimi, opera di aspiranti giornalisti, la gran parte dei quali, un lavoro non ce l'aveva, e crediamo non ce l'abbia ancora, anche se può esibire il famoso tesserino.
Il risultato di questa politica, se si s'aggiunge il numero di praticanti sfornati dalle scuole autorizzate (e assai costose) è un esercito di disoccupati o, quando va bene, di precari di lunga durata.
Certo, se si è figli di, sorella di, amante di, figlio di giornalista di potere, le cose cambiano, un posto si trova sempre. Ricordo che Paolo Guzzanti, nel periodo in cui è stato mio redattore capo, usava dire, quando doveva dare giudizi su colleghi davvero inadatti alla professione, ma ben protetti dal politico di turno, "tanto c'è sempre la Rai, vedrai che andrà a lavorare (si fa per dire) lì".
E' un mestiere, quello del giornalista, usava dire Enzo Biagi, che non ti consente di bleffare a vita, se i numeri non ce l'hai, non c'è "protettore" che tenga, prima o poi sei scoperto e finisci nella truppa dei frustrati, in quell'angolo che c'è in tutti i giornali, le cosiddette "ruote sgonfie", come le definiva un caro collega messinese.
Se non si dà una stretta, mandando agli esami solo chi ha i titoli, come una volta, per il mestiere del giornalista non c'è futuro. Quanto alla qualità, il buon Bruno Tucci dovrà rassegnarsi, ne troverà sempre meno.

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