30/04/09

CONTINUA L'ODISSEA DI GIUSEPPE VERBARO, TESTIMONE CORAGGIOSO

I miei affezionati lettori, sempre più numerosi e che non finirò mai di ringraziare per l'affetto e la stima che mi portano, anche dopo aver conclusa la mia esperienza di giornalista, come si suol dire, sul campo, e continuandola via internet, conoscono certamente il caso dei fratelli Giuseppe e Domenico Verbaro.
Per chi non lo sapesse, si tratta dei due panificatori reggini che, qualche anno fa, con le loro dichiarazioni, un autentico atto di coraggio in una città dove regnano sovrane l'omertà e la paura, contribuirono a smascherare l'attività criminale-estorsiva di una temibile cosca che, tuttora, controlla la zona sud.
Dal 2002, i fratelli Verbaro vivono in Toscana, accolti dalla Curia di Prato, dopo che è stato loro revocato il cosiddetto programma di protezione e sono stati privati del sussidio mensile e dell'alloggio che lo Stato assicura a chi decide di collaborare con la giustizia.
I due fratelli, persone incensurate e onesti lavoratori, prima che la loro vita venisse sconvolta da eventi imprevedibili e si ritrovassero abbandonati, dopo aver fatto il loro dovere di cittadini rispettosi delle regole e decisi a liberarsi dal giogo mafioso, manifestano da tempo, con ogni mezzo, perchè venga ripristinato nei loro riguardi quel "trattamento" che lo Stato riserva ai pentiti e ai testimoni di giustizia.
Giuseppe e Domenico, che si trovano in una situazione d'indigenza, costretti in pratica a sopravvivere grazie alla generosità della Curia e di associazioni che si occupano di queste problematiche, non sono criminali, assassini, esponenti di pericolose cosche, che "saltando il fosso", come si dice, diventano collaboratori, spesso usufruendo di particolari benefici che vanno dalla libertà, al cambio d'identità, all'elargizione di somme importanti per il loro reinserimento nella "nuova" vita.
Non tutti lo fanno, spesso alcuni di loro tornano a delinquere, ma non è questo il caso dei due coraggiosi testimoni, i fratelli Verbaro, che non hanno esitato a ripetere nelle aule dei tribunali le accuse nei confronti di coloro che per anni li hanno vessati, fino a costringerli ad abbandonare la loro attività, che garantiva anche alle loro famiglie una vita agiata.
Conosco Giuseppe Verbaro da tanti anni, seguo la sua sconcertante odissea, tra sentenze, ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, interrogazioni parlamentari, appelli ai ministri di turno. In occasione della visita del Papa all'Aquila, Verbaro ha indirizzato una lunga lettera agli organi d'informazione: in essa si coglie il senso di frustrazione, lo sconcerto di fronte a tanta indifferenza da parte di chi di competenza. Giustificato, quindi, il suo atteggiamento che può anche non essere condiviso, trattandosi del Pontefice, ma che certamente comprendiamo.

29/04/09

CARLO E CAMILLA, ROMA LI HA ACCOLTI...ALL'INGLESE


Gente strana questi romani: Nella loro lunga storia, si può dire che ne hanno viste di tutti i colori, da dominatori del mondo alle miserie del basso impero, fino a risorgere come la capitale del mondo, la città che abbraccia tutti, la "mamma" di pasoliniana memoria.
Il principe Carlo d'Inghilterra e la sua consorte Camilla sono stati accolti con indifferenza, diciamo pure senza eccessivi entusiasmi, a parte qualche decina d'inglesi che li aspettavano, l'altro giorno, prima dell'incontro nella sala della Lupa in Campidoglio.
L'erede al trono britannico, rosso in viso ("Aò, a questo glie piace la bottiglia"), il commento di uno spettatore, tra un boccone e l'altro alla pizza farcita con mortadella, una delizia. Camilla, con la sua andatura da....fantino, ha regalato qualche tiepido sorriso e, una volta conclusa la cerimonia, ha preferito ritirarsi invece di beccarsi le folate di vento misto a polvere, al Palatino dove, per l'occasione, sono state aperte le stanze, off limits per i comuni mortali, della restaurata dimora di Augusto imperatore.
Una coppia senza sale e pepe, quella formata dall'ex marito della bellissima Diana, che a Roma, a suo tempo, ricevette tutt'altra accoglienza, e dalla stagionata Camilla, infagottata in un vestito a campana, il tutto "condito" da uno degli orribili cappellini che sono del resto la caratteristica della casa reale.
Scarso entusiasmo, dunque, per questa visita. Un fotoreporter che ha vissuto gli anni della dolce vita e ricorda le "escursioni" romane di re Faruk, della regina Soraya, di Jacquelin Kennedy, armeggia deluso con la sua digitale, solo pochi scatti, niente di gustoso per i lettori, poca roba per i settimanali, la love story tra Carlo e Camilla appartiene alla...preistoria delle cronache rosa.

25/04/09

MONTANELLI, LASCIAMOLO RIPOSARE IN SANTA PACE



Sono contrario, per principio, alle commemorazioni, che il più delle volte diventano una sagra dell'ipocrisia. In questi giorni, in occasione del centenario della nascita di Indro Montanelli, è un fiorire d'iniziative, e non sono mancate le polemiche, anche dai toni piuttosto aspri, dopo la trasmissione Annozero.

All'ineffabile Santoro, tutto preso da un attacco virulento di antiberlusconismo, che certamente gli procurerà seri fastidi al fegato, non è sembrato vero poter approfittare dell'occasione per sporcare, ancora una volta, la figura del premier, additato come colui che avrebbe "oscurato" il grande giornalista toscano, costringendolo a lasciare il Giornale.


Bene ha fatto, con uno dei suoi graffianti editoriali, Vittorio Feltri, a rimettere le cose a posto, ricordando, per quei pochi che non lo sapessero, quanto uomo di destra Montanelli sia sempre stato e che la sinistra, approfittando della rottura con Berlusconi, lo ha utilizzato, ora anche da morto.


Silvio Berlusconi, è bene che si sappia, anche per i non addetti ai lavori, ha investito sul Giornale, fondato sì da Montanelli, ma in brutte acque dopo pochi anni, decine di miliardi, molti dei quali si sarebbero potuti risparmiare, se le nuove tecnologie fossero state accettate da Indro e dal suo staff.


Comunque, e questa è storia, anche dopo la diaspora della Voce, con le dimissioni in massa dal Giornale, che resse benissimo il colpo (il direttore era Feltri) Montanelli fu costretto a chiudere, perchè moltissimi suoi lettori non lo seguivano più, scontenti di questa conversione a sinistra, peraltro ben utilizzata da una sinistra che, da allora, ha cominciato ad infilare errori su errori, con le conseguenze ben note.


Giustamente, come scrive Libero, lo stesso Montanelli, se potesse, li riempirebbe d'improperi alla toscana, e sicuramente non gradirebbe gli sproloqui dei Santoro, dei Travaglio e di tutti coloro che ne hanno "riesumato" politicamente l'immagine.


Io dico soltanto che l'unica cosa da fare, è di andarsi a rileggere qualcuno dei libri scritti da Montanelli, per primo quello che raccoglie i suoi famosi Controcorrente, per poi rivisitare la storia raccontata assieme a Gervaso e Cervi. Lì troverete il "vero" Montanelli, anima inquieta del giornalismo d'altri tempi.


Per il resto, lasciamolo dormire in santa pace il sonno dei giusti.

23/04/09

MATTINATA ROMANA ALL'INSEGNA DELLA BELLEZZA

La primavera romana è splendida, invita alle passeggiate nei parchi, che qui ci sono, e tanti, ti porta a spasso nel centro, nello sfolgorio di luci e colori, coi turisti che, a migliaia, sciamano tra i Fori adesso illuminati.
Le manifestazioni per il Natale di Roma attirano ospiti da ogni parte del mondo, si sente che qualcosa sta cambiando, dopo mesi davvero neri, come mi conferma un amico ristoratore che ha passato un inverno difficile, col locale, specialmente di sera, quasi sempre mezzo vuoto. E la notte romana, la famosa movida?, sembrava scomparsa per sempre.
Anche in giro nel mio quartiere, si fanno piacevoli incontri: c'è la biondissima Anna Falchi che attraversa la strada, avvolta in un vestito a fiori, poi s'infila sull'autobus, anonima tra la folla, solo qualcuno la riconosce, lei sorride.
Al bar, c'è la show girl emergente di mamma Rai, la napoletana Veronica Maya, senza trucco, in tuta e scarpe da ginnastica, va a fare la spesa come una sposina qualunque, è cordiale, insomma non s'è montata la testa, almeno finora.
Passeggia anche, col pancione, Monica Leofreddi, in attesa di fare finalmente la mamma e poi di tornare, spera alla grande, davanti ai riflettori degli studi televisivi. Saluta tutti, nel quartiere della Camilluccia è conosciuta, si ferma all'edicola, l'argomento è la magica Roma, oggi si "rosica" un pò per la vittoria della Lazio.
Il giornalista-divo per eccellenza, Michele Cucuzza, trascina un trolley, chissà dove sta andando, anche lui nella zona, dove ha vissuto a lungo Pippo Baudo, lo conoscono tutti. Bruno Mobrici, coi capelli sempre impomatati, finita la sua mattinata in Rai, se ne torna a casa, nel villaggio dei giornalisti. Fa il pendolare con Torino ed è sempre allegro, beato lui.
Un anziano signore prende il sole sotto gli alberi di piazza Rossi, è Guido Quaranta, famosissima firma de l'Espresso per tanti anni, temuto dai politici, guai a farsi sfuggire una battuta, inesorabilmente sarebbe finita nella sua rubrica, è ancora lucidissimo, un piacere scambiare qualche parola con lui.
Anche nella metropoli, se si vuole, c'è vita di quartiere, le iniziative non mancano, ci sono parecchie associazioni, gli anziani vengono seguiti, la Chiesa ha un ruolo importante. Godiamoci questa mattinata primaverile nelle città eterna, una giornata all'insegna della bellezza. Tutto il resto, conta poco.

19/04/09

DA VELTRUSCONI AD ALEMANNO ROMA STA CAMBIANDO DAVVERO




Cosa è cambiato a Roma negli ultimi due anni? La città eterna sta lentamente mutando il volto, da quando al Campidoglio s'è insediato Alemanno che, per la verità, non mi è mai stato troppo simpatico, avendo una naturale idiosincrasia per la destra post fascista che, lui, al pari di Fini e di altri, incarna egregiamente.



Ma, alla luce di quanto ogni giorno, da uomo della strada, vedo, sia in centro che in periferia, debbo ricredermi sulle doti del genero del camerata Rauti, del quale ricordo un infuocato comizio a Reggio, piazza Italia, nei giorni caldissimi della lotta per il capoluogo "trafugato" dai catanzaresi.
Intanto, la sicurezza: da quando se n'è andato Veltroni, il buonista, il permissivista, il sindaco del facciamo largo a tutti, Roma non è più quel porto franco di clandestini che era fino a pochi mesi fa, quando i reati commessi da questa gente allo sbando erano numerosissimi e, girare di notte in alcune zone era davvero rischioso.
L'illuminazione è stata potenziata ed è iniziata una vera e propria guerra contro la prostituzione stradale che aveva raggiunto un grado d'intollerabilità davvero mostruoso, non era difficile, infatti, al calar della sera, vedere donne seminude e transessuali prestare la loro "opera" senza curarsi nè dell'orario, nè del luogo, nè della presenza di stupefatti cittadini e talvolta di mamme con bambini al seguito.
Anche la zona Termini, tradizionalmente off limits nelle ore notturne, è stata quasi completamente bonificata, l'altra sera, grazie alla collaborazione degli abitanti della zona, che hanno fotografato coi telefonini ed anche filmato dai loro balconi le cosiddette "lucciole", a decine sono state prelevate e molte di loro rimpatriate perchè irregolari.

Da Veltrusconi o "er baracca", come lo chiamavano i romani che non lo sopportavano più, ad Alemanno, con la sua faccia da furbetto, la differenza si vede, eccome. Nei quartieri, poi, è un fiorire d'iniziative, ne cito una per tutte, quella di domenica alla Caffarella, con la festa degli aquiloni. Quello che qualcuno ha definito il parco degli stupri, dopo i recenti episodi, è tornato ad essere uno dei luoghi preferiti dai romani, e non solo da loro, per lo sport, il divertimento dei bambini, la possibilità di trascorrere piacevoli momenti lontano dallo stress e dall'inquinamento della metropoli.
Veltroni pensava all'immagine, ai festival costosissimi, col suo incedere sorridente, all'americana, mentre Roma sprofondava nel degrado. Cambiare era necessario, speriamo si continui così, per farla tornare veramente la città più bella del mondo.

17/04/09

REGGINA, E SE GIOCASSIMO LA CARTA DELLA DISPERAZIONE?

I medici, quando l'ammalato è ormai in condizioni disperate, tentano quella che comunemente viene chiamata la "terapia d'urto", intensificando le cure con massicce dosi di medicinali, e qualche volta funziona.
Facendo un paragone calcistico, si potrebbe pensare di fare la stessa cosa con la Reggina?. Me lo chiedeva, l'altra sera, un concittadino, anche lui romano d'adozione, che, al pari dei tanti altri che la domenica nella Capitale si riuniscono per seguire le imprese (si fa per dire) degli amaranto, da mesi soffre e spera.
Io, un'idea, in proposito, ce l'avrei, anche se a farne le spese sarebbe il buon Orlandi dalla faccia triste. Tenterei, fossi al posto di Foti, cosa che del resto aveva già fatto con la sciagurata parentesi Pillon, la mossa della disperazione, affidando la squadra a un altro tecnico, fosse Carrara, ex Messina, ma di cui si parla bene, o addirittura il vecchio "Maciste" Bolchi.
Perso per perso, una nuova scossetta psicologica, specialmente per quei giocatori che hanno già i contratti fatti con altre squadre, potrebbe sortire un qualche effetto.
Certamente, il presidente factotum, forse ci avrà anche pensato e non escludo che dopo Bergamo, se dovesse andar male (ma io credo che dovrebbe farlo anche in caso di vittoria) qualcosa possa accadere.
Solo l'arida aritmetica tiene vive le speranze di permanenza in serie A, ma bisogna considerare che le altre squadre che con la Reggina lottano per non affogare, giocheranno tutte le carte possibili per salvarsi, non esclusi quegli "accordi", chiamiamoli così, che a fine campionato sono diventati ormai una prassi.
Pazienza, dovremo sorbirci ancora le stucchevoli "riflessioni" del solito super opinionista o le finte critiche dei giornalisti dal doppio e triplo lavoro, tutti fanno finta di niente, come se le responsabilità non fossero anche loro. I tifosi l'hanno capito, per cui al posto loro non sarei più tanto tranquillo.

15/04/09

ANCHE NELLA SPAGNA DI ZAPATERO LA "CRISIS" SI SENTE, ECCOME


Sono tornato in Spagna a distanza di un anno, stavolta non per un pellegrinaggio, ma per una breve vacanza, ed ho trovato le cose cambiate, e di molto.
La parola che si sente e si legge di più, di questi tempi, è crisis, anche nella terra che fu governata dal generalissimo Francisco Franco, l'onda lunga della recessione è arrivata.
Non è stata una Pasqua molto ricca per l'economia spagnola ma, guarda caso, una mano gliela abbiamo data noi italiani: in maggior parte i turisti che hanno scelto, nonostante il tempo non proprio ideale, le città iberiche, sono stati nostri connazionali, con massiccia rappresentanza di romani.
Certamente, i prezzi, rispetto ad un anno fa, sono aumentati, anche se la qualità è sempre ottima: ci sono locali, a parte le tapas, dove si mangia con pochi euro, alla barra, cioè in piedi dietro il bancone, in cui è possibile, con il cosiddetto "menù del dia", avere un pranzo completo, anche di pesce con soli dieci euro.
Zapatero è in difficoltà, le sue immagini che passano da una televisione all'altra (l'informazione in genere m'è sembrata piuttosto aggressiva) lo presentano piuttosto rabbuiato. In questi giorni ha fatto un ampio rimpasto, cambiando ben sei membri del suo Gobierno, affidando la vice presidenza e il dicastero dell'economia e dell'istruzione alle donne, che hanno la maggioranza nel Consiglio dei ministri.
L'anno passato, noi italiani eravamo guardati con aria di sufficienza e, devo riconoscerlo, anch'io avevo mostrato un senso d'invidia, vedendo come questa nazione era cresciuta, ma adesso la frenata, anche qui, nella patria di Goya e Cervantes, del Real Madrid e delle corride, c'è stata, molto brusca.
A proposito del calcio, non mi sono persa la partita del Real, giorno di Pasqua, nel fantastico Bernabeu, in un clima sempre festoso, con gli applausi ad ogni azione degli eroi in casacca bianca. La disciplina della tifoseria è rigorosa, si sente un senso di sicurezza, lo stadio è pieno di intere famigliole che, approfittano, nell'intervallo, per sgranocchiare qualcosa, qui è una usanza.
Poi, alla faccia della crisis, sono stato al Botin, il ristorante più antico del mondo, quello preferito dal grande Heminguay, che si faceva servire lo straordinario porcellino da latte al forno. Il tavolo è quello d'allora, ad occuparlo sono dei turisti romani, al solito caciaroni e che non fanno altro che scattare foto. Dopo tutto, sei sei stato lì, agli amici devi farlo sapere.

07/04/09

IL MIRACOLO DI RADIO ROCK, ECCO PERCHE' VIVRA' IN ETERNO

Sinceramente, non me l'aspettavo. Dopo tanti anni di carriera, momenti esaltanti dal punto di vista professionale, ritenevo di poter dormire tranquillo, come si dice, sugli allori, ora che mi posso godere la meritata, lasciatemelo passare, pensione.
La mia noticina, buttata giù con sentimento, dopo le ore trascorse ad ascoltare Radio Rock, è stata apprezzata da decine e decine di persone che sono "entrate" nel mio blog, e la cosa, non ve lo nascondo, mi ha commosso.
Prima o poi vorrò conoscerli, gli amici di Radio Rock, e potrò parlare con loro anche della mia esperienza radiofonica, essendo stato, nel lontano 1976, quando le emittenti private venivano chiamate "libere", tra i fondatori d'una radio di Reggio Calabria (Touring 104) e per un ventennio anche il direttore.
Ringrazio anche coloro che hanno voluto lasciare dei commenti, li conserverò tra i più graditi ricordi: sappiate, amici di Radio Rock, che dalla indimenticabile notte tra domenica 5 e lunedi 6 aprile del 2009, sono diventato un vostro assiduo ascoltatore. In questa tragica occasione, il cittadino comune, il cosiddetto uomo della strada, s'è accorto di quanto importante sia il ruolo che l'emittenza radiofonica continua a svolgere, nonostante l'incalzare di internet, Facebook e altre diavolerie simili. La radio continuerà a vivere sempre, anche quando i giornali non saranno più in edicola, ma ce li porteremo con noi, su quegli aggeggi complicatissimi che già vedo in mano ai miei figli. Lunga vita a Radio Rock, per me resta la voce d'una notte in cui la natura ha dato all'uomo un avvertimento del quale, nel nostro impegno quotidiano, qualsiasi cosa facciamo, dobbiamo tenere conto. Sperando che, da lassù, qualcuno ci ami.
P.S. Mentre scrivo, un'altra scossa. Penso a quei poveracci dell'Abruzzo e posso solo dire: coraggio!

06/04/09

TERREMOTO A ROMA, IL MIRACOLO DI RADIO ROCK


Pensavo di essere abituato ai terremoti, mi considero in un certo senso un esperto, vivendo quasi tutta la vita tra Calabria e Sicilia ho avuto più volte occasione di sentire la terra tremare, e ogni volta nell'animo tornare antiche paure.
A Roma non m'era mai capitato: quella di ieri notte è stata una esperienza terribile, non tanto per gli attimi di terrore vissuti, col palazzo che dondola per trenta interminabili secondi, le luci che si accendono e si spengono, urla e abbaiare di cani, poi un silenzio agghiacciante. Accendi la tv, cerchi disperatamente qualche notizia, su un canale di Sky, va in onda, ininterrottamente, il Grande Fratello 9, che riprende gli ospiti della casa sulla Tuscolana anche quando sono a letto, comprese le loro performance di natura sessuale.
Ma, oltre a sentire qualche insulsa considerazione delle tre stupide e degli altrettanto scemi partner che le fanno corona, sdraiati sui divani, nulla di nulla. Poi un'idea, la radio, ce n'è una, una sola in tutta la Capitale, che ha due ragazzi che trasmettono in diretta nonostante sia quasi l'alba, uno si chiama MarGus, lei è Loredana.
Radio Rock diventa, col passare dei minuti, il punto di riferimento, l'aggregazione via etere di centinaia di persone, che chiamano, mandano email, messaggi tramite Skype, mentre le altre emittenti, comprese le radio e tv di Stato tacciono.
Commovente la telefonata d'una anziana signora, una delle tante che nella metropoli vivono in solitudine: la radio è stanotte il suo conforto, dallo studio l'incoraggiano, le danno quell'affetto che lei desidera e si tranquillizza, poi richiama per ringraziare. E telefona anche una ragazza per annunciare che, d'ora in poi, vuole fare qualcosa per le persone anziane e sole. Radio Rock, invece di trasmettere, come fanno le altre in queste ore di tragedia, solo e soltanto musica, ha fatto il miracolo. Pian piano, la vita d'ogni giorno riprende, metro e autobus cominciano a circolare, il mondo dei pendolari si mette in movimento, MarGus e Loredana vanno a dormire, non sanno che, anche se solo per una notte, sono stati gli eroi del terremoto di Roma.

03/04/09

GIORNALISMO, ALLA RICERCA DELLA QUALITA' PERDUTA

Lo ha detto con grande convinzione, l'altro giorno, durante la cerimonia di consegna delle medaglie ai giornalisti con 50 anni d'iscrizione all'Ordine, il presidente del Lazio, Bruno Tucci: "il giornalismo sta perdendo in qualità".
Come dargli torto, basta dare un'occhiata a quello che esce sui giornali, e non soltanto quelli regionali e locali, per constatare come, in questo mestiere, non soltanto mancano i ricambi, ma esiste un problema di fondo legato proprio, amico Tucci, alla gestione degli Ordini regionali.
D'accordo, quello del Lazio, e mi consta personalmente, essendo un iscritto e frequentando ormai da tre anni gli ambienti romani, è piuttosto restrittivo nell'accordare i certificati cosiddetti d'ufficio, che consentono a praticanti cui i giornali con i quali collaborano non li rilasciano, di accedere all'esame di Stato.
Ho un ricordo personale, a questo proposito, avendo fatto parte, quale membro effettivo, d'una commissione che aveva in carico la bella cifra di 752 candidati, una vera e propria valanga che ha richiesto cinque mesi di duro lavoro ai commissari, ivi compresi tre magistrati, con risultati, dal punto di vista della qualità, davvero disarmanti.
Il collega Roberto Guido, eccellente giornalista leccese, ha stampato, per regalarlo agli amici, un volumetto, dal titolo "Fior d'esame" in cui ha raccolto, ma solo una parte, strafalcioni, risposte strampalate, errori vistosissimi, opera di aspiranti giornalisti, la gran parte dei quali, un lavoro non ce l'aveva, e crediamo non ce l'abbia ancora, anche se può esibire il famoso tesserino.
Il risultato di questa politica, se si s'aggiunge il numero di praticanti sfornati dalle scuole autorizzate (e assai costose) è un esercito di disoccupati o, quando va bene, di precari di lunga durata.
Certo, se si è figli di, sorella di, amante di, figlio di giornalista di potere, le cose cambiano, un posto si trova sempre. Ricordo che Paolo Guzzanti, nel periodo in cui è stato mio redattore capo, usava dire, quando doveva dare giudizi su colleghi davvero inadatti alla professione, ma ben protetti dal politico di turno, "tanto c'è sempre la Rai, vedrai che andrà a lavorare (si fa per dire) lì".
E' un mestiere, quello del giornalista, usava dire Enzo Biagi, che non ti consente di bleffare a vita, se i numeri non ce l'hai, non c'è "protettore" che tenga, prima o poi sei scoperto e finisci nella truppa dei frustrati, in quell'angolo che c'è in tutti i giornali, le cosiddette "ruote sgonfie", come le definiva un caro collega messinese.
Se non si dà una stretta, mandando agli esami solo chi ha i titoli, come una volta, per il mestiere del giornalista non c'è futuro. Quanto alla qualità, il buon Bruno Tucci dovrà rassegnarsi, ne troverà sempre meno.

02/04/09

SAN FRANCESCO DA PAOLA, IL SANTO PIU' AMATO DAI CALABRESI


Oggi è San Francesco, il mio giorno onomastico, ma non è certamente questa la notizia. Voglio sfruttare l'occasione per ricordare la figura di questo Santo straordinario, cui noi calabresi siamo legati particolarmente.

Lo faccio prendendo spunto da quello che scrive Piero Lazzarin nello splendido volume, giunto già alla terza edizione, nel quale ha raccolto una piccola enciclopedia dei Santi, e che mi è stato regalato da un'affettuosa collega del Messaggero di Sant'Antonio, il mensile più diffuso nel mondo.

I marinai invocano lui, Francesco da Paola, quando il mare grosso minaccia di travolgere le loro imbarcazioni. E a giusta ragione, visto come se la cavò per attraversare lo Stretto di Messina. Un giorno, un fraticello lacero e smagrito, si presentò sulla spiaggia di Catona, vicino a Reggio Calabria, ed aveva chiesto ad alcuni pescatori la carità d'essere portato dall'altro lato.

Quelli, data un'occhiata al cielo, solcato da minacciosi nuvoloni, dissero:" Spiacente, fratello, il mare tra poco sarà un inferno".

Il fraticello, per niente intimorito dagli infausti presagi, stese il mantello sull'acqua, vi salì e, con l'insolita imbarcazione, raggiunse la sponda siciliana. Uno dei tanti miracoli di San Francesco da Paola, che li faceva da vivo, la sua fama oltrepassava i confini dell'Italia.

Basti pensare che che il re di Francia Luigi XI, gravemente malato, chiese al Papa Sisto IV di inviargli un Santo che allontanasse da lui lo spettro della morte. E il buon fraticello, si recò in Francia, liberò strada facendo due città da una terribile epidemia, aiutò il re a purificarsi l'anima e affrontare serenamente il suo destino.

Francesco, nato a Paola, splendido paesino lungo la costa tirrenica cosentina, si fece giovanissimo frate francescano, ma per anni preferì vivere in una grotta nella quale, per caso, fu trovato da alcuni cacciatori. Ben presto, gruppi di giovani si riunirono attorno a lui, e nacque così l'ordine religioso dei Minimi, aveva appena diciannove anni.

Cominciò la sua lotta contro gli oppressori, a difesa dei poveri, mettendosi contro il re di Napoli, Ferrante d'Aragona, che cercò in tutti i modi di piegarlo, arrivando ad offrirgli del denaro, per ridurlo al silenzio. Lo invitò a corte e gli mise in mano un bel gruzzolo di monete d'oro. Francesco ne prese una e la spezzò, facendo uscire sangue. "Questo è il sangue dei poveri- urlò al re- che tu opprimi e che grida vendetta al cospetto di Dio".

San Francesco aveva una fibra fortissima, nonostante la vita di digiuni e penitenze, visse fino a 91 anni. Un uomo prima che un Santo molto amato. Speriamo che si ricordi di dare una mano, da lassù, alla disgraziata terra di Calabria, lui che fu costretto ad andarsene in Francia per sopravvivere.