29/12/08

VITALONE, LE MENZOGNE POSSONO ESSERE MORTALI

Ho conosciuto Claudio Vitalone, magistrato romano di origine calabrese, qualche anno fa in occasione d’una serata conviviale. A presentarmelo fu un suo cugino, Bruno Vitalone, di Palizzi, un tipo un po’ guascone ma simpatico, amante della bella vita, che solo in età matura s’era deciso ad abbandonare le velleità giornalistiche per andare a lavorare, grazie alle sue entrature democristiane, in un ministero.
Bruno era solito passare dal giornale, portava spesso qualche notizia proveniente dal sottobosco politico, allora il gossip non trovava spazio, i cosiddetti retroscenisti non esistevano, l’informazione era abbastanza paludata, il mio giornale, poi, era decisamente schierato dalla parte di chi in quel momento governava.
Claudio Vitalone era già allora un magistrato abbastanza noto nella Capitale, ed ancor di più lo era il fratello Vilfredo, avvocato, coinvolto anche lui, come sarebbe accaduto anni dopo al germano togato, in qualche pasticcio giudiziario.
La sua notorietà era dovuta al fatto di essere nella ristretta cerchia degli amici di Giulio Andreotti, degli abituali frequentatori dell’ufficio privato del Divo, a San Lorenzo in Lucina, assieme ai vari Franco Evangelisti (il famoso “a ‘Fra, che te serve?” immortalato da Paolo Guzzanti in una memorabile intervista su Repubblica) Giuseppe Ciarrapico, vari cardinali, manager di Stato.
E grazie ad Andreotti, Claudio Vitalone, uno dei tanti “emigrati di lusso” a Roma, era approdato alla politica, a palazzo Madama, prima che una donna già appartenente alla famigerata banda della Magliana lo coinvolgesse nella brutta storia dell’omicidio di Mino Pecorelli. Vitalone era uscito da questa vicenda, ma ne era rimasto segnato nel fisico e, a soli 72 anni, la morte gli ha presentato il conto.
Personaggio discusso, che sapeva comunque muoversi con abilità in quel palazzaccio di Roma chiamato il porto delle nebbie, ma chi lo conosceva bene non esita a lodarne le qualità umane, di persona sempre pronta a dare una mano a chi avesse bisogno, specialmente se era della sua terra, la Calabria che non ha mai smesso d’amare.
Accuse incredibili, mesi e anni trascorsi nelle aule di giustizia, ma dall’altra parte, a difendersi, osservato dalla gabbia da quei mafiosi che spesso aveva fatto condannare. Nella bella autobiografia di Giulio Andreotti scritta da Massimo Franco, c’è una foto di Claudio Vitalone, a Perugia, seduto assieme ad Andreotti, mentre accanto passa, ammanettato, il boss Pippo Calò che li guarda di sottecchi, quasi non volesse farsi notare dalle guardie.
Saranno in tanti, adesso che Claudio Vitalone è morto, a dimenticare quanto di malvagio gli avevano rovesciato addosso, nel momento della bufera, ma è la vita. Quando arriva la fine, tutto si annulla e risolve, per sempre.

1 commento:

Roberto Di Napoli ha detto...

Egregio Dottore, mi è piaciuto molto il suo post.Ho conosciuto Claudio Vitalone quando ero piccolo e ricordo la sua passione per la pesca e la sua famiglia molto unita. Ho scritto anche io un post con considerazioni simili a quanto da Lei correttamente osservato. Vivo e lavoro a Roma occupandomi di tutela delle vittime di estorsione ed usura bancaria. Ho conosciuto anche io, purtroppo, nella mia famiglia, cosa sia la malagiustizia e la casta di cui pochi osano parlare, ossia, quella dei giudici. Mi farebbe molto piacere se visitasse il mio blog "per la difesa dei diritti civili" di cui mi permetto di indicarLe l'indirizzo www.robertodinapoli.it (potrà leggere qui le vicende paradossali e le sofferenze patite) oltre al link del post su Vitalone ("E'morta un'altra vittima dei "processi facili" e della malagiustizia) http://www.robertodinapoli.splinder.com/post/19446053/Morta+un%27altra+vittima+dei+%22pr
Con l'auspicio di poterLa un giorno incontrare e conoscere personalmente, Le auguro un Felice Anno Nuovo e Le porgo cordiali saluti
Roberto Di Napoli