23/11/08

CIAO "ZIO" ALDO, CI MANCHERAI TANTISSIMO

Quando un collega, ma soprattutto un amico, qual era per me Aldo Sgroy, e per tanti altri della generazione di giornalisti che accanto a lui si sono formati, ci lascia, sentiamo che, inesorabilmente, un’epoca si sta chiudendo.
Aldo, per tutti era lo zio, il maestro per definizione, un uomo che era stato costretto a lasciare la “sua” Messina e trasferirsi a Reggio quando Lodovico Ligato aveva lasciato la redazione reggina di Gazzetta per candidarsi alla Regione, seguendo il sogno di fare politica, che lo accompagnava dagli anni della gioventù.
Eravamo un gruppo di ragazzi col pallino del giornalismo. Io ero da qualche anno alla Tribuna del Mezzogiorno, nella redazione guidata dal vulcanico Ugo Sardella, con un caro collega come Pino Barilà che mi faceva da chioccia.
Aldo decise di trasferirsi quasi immediatamente dall’altro lato dello Stretto e per tanti anni guidò la redazione cittadina del quotidiano messinese distinguendosi per la sobrietà, la capacità di gestire momenti difficili per Reggio, specialmente durante la rivolta per il capoluogo. Zio Aldo fu un punto di riferimento importante per chi veniva da fuori e voleva veramente comprendere lo spirito di una autentica sollevazione di popolo cui si volle ad ogni costo affibbiare l’etichetta fascista.
Ad Aldo devo gratitudine, sia per l’amicizia sincera che in ogni occasione mi dimostrò, che per la possibilità di raccogliere, nell’85 il testimone alla Gazzetta, che lui lasciava per la meritata pensione, dopo aver superato un difficilissimo momento: in un incidente stradale era rimasto gravemente ferito l’adorato figlio minore Salvo, morto dopo una lunga agonia.
Nell’organico si liberò il posto che fui chiamato ad occupare e, dopo tre anni a Messina, addirittura venire a lavorare in quella che era stata la sua redazione. Memorabili i suoi “confronti” dialettici con il povero Malafarina, quando Aldo, sempre col tono del buon padre di famiglia, gli rimproverava le sue lunghe pause tra una sigaretta e l’altra, fumata fuori dal giornale. Le sue giustificazioni erano puerili, ma Aldo fingeva di crederci.
Impegnato come amministratore del nostro istituto di previdenza, era a disposizione dei colleghi per qualsiasi necessità, sempre prodigo di consigli, sempre lontano dalle polemiche e dai litigi che, in ogni categoria, e specialmente in quella dei giornalisti, non mancano.
Aldo carissimo, dopo Gigi, dopo Saverio, dopo Ugo, dopo Paolo, dopo Michelangelo, dopo Enzo, l’elenco dei colleghi fraterni che mi hanno prematuramente abbandonato, ora te ne sei andato anche tu. Che la terra sia lieve e da lassù, se puoi, proteggi chi ti ha voluto bene.

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