Il prof. Edoardo Mollica |
La telefonata che non avrei mai voluto ricevere mi arriva nel pieno d'una assolata mattinata romana, in centro sciamano comitive multicolori di turisti, da qualche parte c'è il "solito" corteo di qualcuno che protesta, quando c'è da prendersela col Governo si viene a Roma.
A darmi la notizia della scomparsa di Edoardo Mollica è il collega Enzo Laganà che, pur vivendo a Bologna, si tiene informato sulle vicende della sua città. Sono incredulo, chiamo Corrado Mollica cugino prediletto del povero Edoardo, poi uno dei suoi allievi, mio omonimo, li conosco quasi tutti, abbiamo lavorato, alla fine degli anni Novanta, al progetto Cerere, per il recupero dei centri storici calabresi, una delle tante "creature" di Edoardo Mollica.
La nostra amicizia risale (sì, uso il presente, perchè non sono ancora rassegnato alla sua morte) agli anni in cui, giovanissimo, Edoardo arrivò da Roma al seguito di quella colonia di docenti guidata da Antonio Quistelli, il "padre" della facoltà di architettura, nata per volontà di un magistrato illuminato, amico della città, Franco Pontorieri.
Allora, Edoardo Mollica, appartenente ad una ottima famiglia della provincia ionica, era il più giovane componente il comitato centrale del partito socialista italiano dell'era Craxi, in via del Corso era di casa. Tornato nella sua terra, assieme ai vari Enzo Bentivoglio, Simonetta Valtieri, Mario Giovinazzo, si mise al lavoro con entusiasmo, la cittadella universitaria non era ancora stata costruita, la facoltà era ospitata in angusti locali dove c'è la Procura Generale, a due passi dal castello aragonese.
Negli anni, il nostro rapporto si è sempre mantenuto affettuoso, anche se le occasioni d'incontro erano poche. Un giorno, a Scilla, dove lui s'era trasferito nella casetta sugli scogli di Chianalea, davanti a una granita di caffè, mi parlò del Consorzio Cerere, che aveva fatto nascere e mi "ordinò" di lavorare con lui ed un gruppo entusiasta di docenti, ricercatori, neo architetti, studenti, (cito soltanto Mimmo Massimo e Mariangela Musolino) la sede venne trovata nell'edificio di piazza del Popolo che ospita il Tar e che, in epoca fascista, era la casa del federale.
Sono tanti i ricordi che si affollano nella mente, il caffè di prima mattina, la passeggiata sul lungomare di Scilla, in barca a pescare i caponi, i pranzi da "Pippo", la Pasqua trascorsa assieme a Roma, i progetti, come quello, il più recente, nel quale ha voluto assolutamente coinvolgermi, della rivista "Laborest", di cui sono direttore.
E adesso? E' la domanda che mi hanno fatto i suoi "ragazzi", alcuni dei quali sono cresciuti dentro il Dipartimento Pau, c'è chi è dottore di ricerca, chi professore associato, ognuno ha messo a frutto i preziosi insegnamenti d'un grande maestro qual è stato Edoardo Mollica. Adesso il modo migliore per onorarne la memoria è continuare sulla strada da lui tracciata, lui che è caduto sul campo, impegnato, ancora una volta, a trasmettere, oltre al sapere scientifico, i valori umani. Perdo un grande amico, la città perde una illustre personalità del mondo accademico. Dico soltanto: ciao Edoardo.
Nessun commento:
Posta un commento