05/10/10

QUANDO LA LOCANDINA E' INGANNEVOLE, OVVERO, COME TI FREGO IL LETTORE


Un gruppo di arrestati del clan Tegano, tra cui Moio
Non è mio costume criticare il lavoro che fanno i colleghi delle cronache locali, anche perchè, avendolo fatto per tantissimi anni, so benissimo che l'errore può sempre essere in agguato. A volte sono tentato di riportare sul mio blog le autentiche castronerie che quotidianamente appaiono, anche sul giornale che una volta era leader su piazza, ma conoscendo bene i "produttori", preferisco evitarlo, i lettori sanno giudicare da soli e, per fortuna, il mercato offre altre alternative.
Quello di cui oggi voglio parlare, però, non si riferisce a qualcuna delle "perle" linguistico-sintattico-grammaticali che ci vengono offerte senza risparmio, senza parlare della sagra delle ovvietà che si può ammirare (si fa per dire) scorrendo i titoli.
Arrivando stamane in edicola, sempre la solita, quando sono a Reggio, gestita da persone gentili e competenti, sono stato attirato dalla locandina del Quotidiano della Calabria, ormai sempre più "napoletanizzato" con la direzione di Matteo Cosenza. Come si sa, la locandina è detta anche "allodola" e serve ad incuriosire il potenziale acquirente con un argomento interessante. E certamente interessantissimo sarà apparso, a chi segue, per antico vizio, come me, per mera curiosità altri, le cronache giudiziarie, il richiamo ai "verbali" dell'ultimo arrivato nella schiera dei collaboratori di giustizia, tale Roberto Moio, nipote acquisito del boss Giovanni Tegano.
Ma la sorpresa era dietro l'angolo: all'interno c'era, sì, un articolo sulle deposizioni che questo pentito-sprint (dopo nemmeno 24 ore s'è consegnato ai magistrati, la cosa m'insospettisce alquanto) starebbe dettando ai solerti verbalizzatori della Procura. Un articolo che ricostruiva la vicenda di Roberto Moio e del suo "travaglio" nella cella del carcere, fino alla decisione lampo di vuotare il sacco sulle malefatte della famiglia di cui per tanti anni ha fatto parte, c'era.
Nulla di nulla però che facesse riferimento a verbalizzazioni depositate (non sarebbe ancora possibile, del resto, ci sono sei mesi di tempo per raccoglierle) ma soltanto un pezzo, come si suol dire, di maniera, niente di sconvolgente per il lettore, fregato dalla locandina-trappola.
  Sono ben contento d'avere, con il mio euro, contribuito alla diffusione del Quotidiano, nel quale tra l'altro, anche se per breve tempo ho lavorato, ma non posso fare a meno di stigmatizzare l'iniziativa dei colleghi autori dello scoop fasullo. Siamo nel profondo Sud, è vero, ma sono finiti i tempi dei lettori allocchi, cui tutto potevi rifilare. Certe delusioni, alla fine, fanno perdere credibilità nell'informazione della nostra regione che già mostra gravi difetti, spesso prigioniera di lobby e d'una classe politica autoreferenziale e collusa. Colleghi del Quotidiano, non fatelo più, per piacere.

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