16/10/10

ORA C'E' IL RISCHIO CHE I PROFESSIONISTI DELL'ANTIMAFIA RESTINO SENZA LAVORO


Giuseppe Pignatone
In questi giorni stiamo assistendo alle analisi dei cosiddetti mafiologi, di coloro che, proprio grazie a quel cancro che è la 'ndrangheta, hanno costruito le loro fortune professionali, politiche, economiche. Quei professionisti dell'antimafia, così splendidamente etichettati da Sciascia, sempre pronti a schierarsi in prima fila nei cortei e nelle fiaccolate, corrono, a mio avviso, un grosso rischio.
Se continua così, se Giuseppe Pignatone e i suoi uomini continueranno a lavorare come stanno facendo da un pò di tempo a questa parte, coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti,  si ritroveranno senza "lavoro". E sarà dura rinunciare alle passerelle, alle foto sui giornali, alle dichiarazioni a getto continuo. Mancherà loro la materia prima e anche a Reggio, come è avvenuto a Palermo, Napoli e, per non andare tanto lontano, nella vicina Messina, le cosche saranno costrette a mollare la loro presa sul territorio. Tra pentiti e boss che finiscono in manette a getto continuo, l'azione delle forze di polizia avrà lo stesso effetto della medicina nucleare sui tumori, le cellule malate saranno irrimediabilmente distrutte e sul corpo risanato della città potrebbe fiorire una nuova stagione fatta di legalità e di speranza per i giovani.
Sono in tanti, in queste ore, a non dormire sonni tranquilli, a mobilitare gli avvocati, qualche giornalista "amico", per cercare di carpire notizie sui nuovi scenari che si stanno aprendo, sul fronte delle collaborazioni, dopo alcuni anni di "silenzio".
A seguito dell'armistizio tra le cosche in lotta, agli inizi degli anni Novanta, tra i punti a base dell'accordo che mise fine alla mattanza (circa 700 morti in cinque anni) c'era, oltre alla fine dei sequestri di persona e alla decisione presa da un vertice ristretto sugli eventuali omicidi, il proposito di "lasciare in pace" i familiari dei pentiti storici e, anzi, di cercare con loro un rapporto tale da "ammorbidire" processualmente i congiunti che avevano, come si suol dire, saltato il fosso.
Io non parlerei, come sta facendo qualcuno, di ciclone, terremoto, attribuendo alla avviata collaborazione di Antonino Lo Giudice una particolare valenza: quello che certamente potrà emergere, anche grazie alla prima "gola profonda" del clan Tegano, sarà il ritratto della nuova fase aperta con l'avvento al potere degli eredi dei vecchi padrini o morti o carcerati a vita.
Si, la cosiddetta zona grigia tanto cara a Pignatone che ne intravide la permeabilità nel tessuto sociale reggino già dai primi mesi di lavoro a Reggio: poi, come foglie in autunno, boss e gregari sono caduti nella rete, gente di enorme spessore criminale.
Pur senza abbandonarsi ad eccessivi trionfalismi, crediamo che presto uno scossone ci sarà e potrebbe essere quello mortale per le organizzazioni mafiose che, in questi anni, hanno sottomesso politica, imprenditoria, tutti i settori dell'economia locale, al loro predominio. Una crepa s'è aperta, al di là del muro s'intravede una luce.

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