Il luogo dove Quattrone ha messo in atto il suo gesto disperato |
Il rumore del colpo di rivoltella, sparato all'interno di un'auto ferma sotto un ponte della ferrovia, lungo il greto del torrente, tra cumuli di rifiuti e sterpaglie, non lo sentì nessuno, quel torrido pomeriggio del 22 luglio, presso Condofuri.
Paolo Quattrone, il massimo responsabile delle carceri calabresi, aveva deciso di chiudere con la vita lasciando dietro di sè una scia angosciosa di mistero, tanti perchè, anche a distanza di tempo, rimangono senza risposta.
Una morte coperta dal silenzio come se si fosse voluto, in tutta fretta, rimuovere il ricordo, cancellare la figura d'un uomo che pure, per tanti anni, aveva servito lo Stato, con coraggio, senza piegarsi a minacce anche gravi. Nella prigione reggina di via San Pietro, tra i boss della 'ndrangheta abituati a comandare anche là dentro, era riuscito ad imporre il rispetto delle regole, e gliela avevano fatta pagare con la "solita" bomba d'avvertimento, spesso il sistema più efficace per togliersi dai piedi personaggi scomodi.
Finito il momento del dolore, del rimpianto per chi lo aveva avuto amico, tutto è tornato come prima, una grigia cortina d'indifferenza è calata attorno alla sua famiglia.
Sono stati in pochi, quelli che veramente lo amavano e lo stimavano, a prendere posizione, a porre qualche interrogativo, anche l'inchiesta giudiziaria (atto dovuto) non pare abbia imboccato una direzione precisa.
Se Paolo Quattrone è arrivato alla conclusione più estrema, tra angosce e delusioni, ci sarà stato un motivo, possibile che nessuno si sia accorto del suo stato di disagio e abbia sentito il dovere di stargli vicino?. Questo, lo si sa di certo, non è accaduto, l'alto funzionario che aveva sulle sue spalle enormi responsabilità, era stato trattato alla stregua di un qualsiasi malversatore, ce ne sono a iosa in questa nostra terra, e vanno in giro tranquilli.
Quando neppure la Fede riesce a sostenerti, e Paolo Quattrone era un cristiano convinto, significa che il mondo che ti eri costruito in anni e anni di lavoro e sacrifici, comincia ad apparirti diverso, impossibile, ingiusto.
E allora quella pistola nel cassetto resta l'unica soluzione, nel caldo pomeriggio di luglio, senza che qualcuno possa vederti, laggiù nella fiumara assolata.
Chi ne ha pianto la tragica scomparsa continua a chiedersi, come una litania: ma perchè?. Ma sa già che non otterrà forse una risposta. Mai.
Nessun commento:
Posta un commento