26/09/10

REGGIO TV PATRIMONIO DI TUTTA LA CITTA', NON FACCIAMOLA MORIRE!

REGGIO CALABRIA – Reggio TV rischia di chiudere. L’emittente televisiva del direttore-editore, Eduardo Lamberti Castronuovo, rischia, infatti, di subire le conseguenze del collasso finanziario che,  ha portato alla momentanea chiusura dell’Istituto di analisi cliniche “De Blasi”, mettendo a rischio oltre cento posti di lavoro, ai quali andrebbero, quindi, ad aggiundersi i circa cinquanta della televisione, tra giornalisti, tecnici e personale amministrativo.
Tra i giornalisti assunti dalla società editrice “Alfa Gi Produzioni Editoriali” figurano sei contrattualizzati Fieg-Fnsi ed una decina di collaboratori. Lamberti Castronuovo, infatti, non fa mistero che la televisione si regge sui suoi proventi personali derivanti dall’istituto di analisi cliniche. Una situazione finanziaria, quella dell’istituto “De Blasi”, che ha raggiunto livelli insostenibili, al punto da spingere il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, ad attivare un tavolo tecnico. In base a quanto emergerà dopo questa iniziativa, si deciderà il destino dell'istituto e della televisione con sede a Campo calabro.
A tal proposito, è stata ricevuta in Prefettura una delegazione di dipendenti del “De Blasi”, che ha manifestato vive preoccupazioni per il mantenimento dei posti di lavoro a seguito della sospensione dell’attività a causa della mancata definizione di aspetti controversi concernenti i pregressi rapporti finanziari intrattenuti con l’Asp 5 di Reggio Calabria.
Viva preoccupazione viene espressa dal segretario del Sindacato dei Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, componente della Giunta Esecutiva Fnsi, il quale segue con attenzione l’evolversi della situazione che rischia di cancellare un autentico fiore all’occhiello dell’informazione meridionale, che dà lavoro a tanti giovani professionisti e che, va ricordato, è stato costruito senza un centesimo di denaro pubblico, ma esclusivamente con le risorse e la passione del suo direttore-editore, Edoardo Lamberti Castronuovo. Il futuro di Reggio TV è, dunque, inevitabilmente legato alle sorti dell’Istituto di analisi cliniche “De Blasi”. Circa quest’ultimo, in base agli “elementi di chiarimento già acquisiti dall’Asp 5”, il prefetto Varratta ha informato i vertici dell’istituto di aver “interessato il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, che, manifestando disponibilità ed attenzione sulla questione, ha accordato la propria disponibilità a partecipare al tavolo tecnico. L’organismo, che sarà probabilmente attivato dalla Prefettura intorno alla metà della prossima settimana, vedrà la partecipazione delle componenti tecniche del competente assessorato regionale e il commissario straordinario dell’Asp 5. Intanto, il prefetto di Reggio Calabria ha rivolto ad Edoardo Lamberti Castronuovo l’invito “a voler valutare la prosecuzione della regolare attività della struttura sanitaria, allo scopo di evitare disagi all’utenza e rasserenare il clima esistente tra i lavoratori”.
“L’azienda – afferma Lamberti Castronuovo – non ha mai preso in considerazione l’idea di ridurre la forza lavoro di una realtà produttiva che, con gli attuali livelli occupazionali e di professionalità, è riuscita a diventare un’eccellenza nel Mezzogiorno d’Italia. Tuttavia, l’errore del calcolo nel budget e l’ultima circolare del commissario dell’Asp 5, Rosanna Squillacioti, che ha imposto di non accettare più impegnative mediche, hanno determinato uno stravolgimento del bilancio dell’istituto. “In questo momento – ha evidenziato Lamberti-Castronuovo – non possiamo più garantire ai pazienti la qualità delle prestazioni che per trent’anni abbiamo assicurato al “De Blasi”. Ecco perché, piuttosto che licenziare, l’unica soluzione è chiudere la struttura”.
Da parte dei sindacati e, soprattutto, dell’intero personale dell’istituto, è stata avanzata una proposta che consenta, almeno temporaneamente, di assicurare la continuità dei servizi, riducendo per quanto possibile i costi. L’ipotesi, avanzata anche alla luce delle relazioni dei consulenti finanziari e dei revisori contabili, è quella di attivare le procedure per ottenere la cassa integrazione guadagni straordinaria a beneficio della metà dei dipendenti. L’ammortizzatore sociale potrebbe essere applicato con un sistema di rotazione, nel rispetto dello spirito solidaristico che è alla base del ricorso alla cassa integrazione.
I rappresentanti dei lavoratori hanno già espresso un orientamento di massima favorevole in tal senso, riservando durante l’assemblea forti critiche alla posizione assunta dalla Cgil, sindacato che, a detta dei dipendenti, avrebbe “assunto un’incomprensibile posizione pregiudiziale e preconcetta, che nuoce al futuro della struttura e che corre il rischio di aggravare ulteriormente la situazione. Negare l’esistenza di una crisi gravissima, come fa la Cgil – aggiungono i rappresentanti del personale – significa essere incapaci di leggere i bilanci, oppure perseguire fini particolari che non hanno nulla a che vedere con la salvaguardia di oltre cento posti di lavoro".

DAL SITO: GIORNALISTI CALABRIA




























































22/09/10

FINALMENTE C'E' QUALCUNO CHE PONE UN LIMITE ALLE PASSERELLE


Una "vera" manifestazione di giovani contro la mafia
Ho sempre sostenuto, e coloro che amabilmente ormai da due anni seguono, sempre più numerosi (e di questo li ringrazio) il mio blog, lo sanno benissimo, la necessità di porre un limite alle vere e proprie ondate di dichiarazioni, in tutte le salse, non appena si verifica un evento, per lo più delittuoso, che piovono nelle redazioni.
Sono quasi sempre, fatte le dovute eccezioni, gli stessi, politici di professione, responsabili di varie associazioni, prontissimi a spedire, via mail, le loro elucubrazioni, fatte di luoghi comuni e talvolta con linguaggio zoppicante dal punto di vista sintattico-grammaticale.
L'esempio più recente, l'abbiamo avuto dopo le intimidazioni a magistrati e giornalisti: un fiume di commenti, dichiarazioni infuocate, impegni solenni da parte di personaggi pronti a defilarsi quando c'è da impegnarsi in prima persona, concretamente, esponendosi, nel contrasto alla criminalità organizzata.
In occasione dell'attentato dinamitardo all'abitazione del procuratore generale Di Landro, poi, è stato un diluvio, una gara a chi faceva prima a "manifestare" nelle forme più diverse, ma in maniera più o meno stucchevole, una solidarietà che, lo si capiva da lontano, era di facciata. Per non parlare delle fiaccolate o delle marce anti 'ndrangheta, con in prima fila personaggi pronti a manifestare di giorno ed incontrarsi di notte, come coraggiosamente ha fatto rilevare il dottor Lamberti Castronuovo di recente, con i mafiosi.
Ci sono dei veri e propri recordman delle dichiarazioni, quali che siano gli argomenti, tutto fa brodo e pubblicità gratuita: per giustificare la loro....esistenza in vita, hanno bisogno di ritrovarsi, al mattino, sulle pagine dei giornali locali, tutti più o meno prodighi di spazio.
Non posso che accogliere con soddisfazione la scelta fatta da Strill, e dai suoi direttori, Branca e Mortelliti, di dare lo stop alla marea di dichiarazioni che finiscono con lo stancare il lettore già di per sè scontento di come l'informazione, nella nostra città, viene "servita".
In un ambiente provinciale, dove tutti sanno tutto di tutti, non è difficile conoscere i retroscena di certe "campagne" giornalistiche, dell'esaltazione di personaggi sicuramente sopravvalutati, che hanno costruito le loro fortune politiche sfornando quotidianamente dichiarazioni, interviste ( quasi sempre auto) riflessioni.
Finalmente c'è qualcuno che s'è stancato di questo andazzo ed ha deciso di mettere un limite ad un autentico "dichiarazionificio" (ci si perdoni il neologismo!) che affligge i lettori che vorrebbero più notizie serie, più aggressione alle amministrazioni inefficienti, più inchieste sui gravi problemi che affliggono la città e la provincia. Ognuno di noi capisce benissimo quando è il momento di reagire agli attacchi delle cosche, che prendono di mira amministratori, magistrati e cronisti. E ciascuno sceglie come condurre la sua battaglia per la legalità.  

20/09/10

LA CHIUSURA DELL'ISTITUTO DE BLASI UN ALTRO SCHIAFFO ALLA CITTA'


Lamberti con l'ex direttore di Reggio Tv Giusva Branca e Beha
Non ho alcun motivo per assumere la difesa d'ufficio del dottor Eduardo Lamberti Castronuovo, i cui atteggiamenti possono anche non risultare simpatici ai suoi concittadini che, pure, in occasione di competizioni elettorali alle quali ha partecipato senza successo, lo hanno gratificato con migliaia di voti.
Del resto, è noto che ai reggini non piacciono quelli che, nella loro città, riescono ad emergere, a meno che non lo facciano "di ritorno" dopo aver ottenuto successi professionali altrove. Ma questo è un altro discorso, che in un certo senso mi riguarda anche personalmente, anche se me ne sono sempre fatto una ragione.
 Dopo averlo ascoltato oggi dai microfoni di Reggio Tv, l'emittente che Lamberti ha fatto nascere ormai una decina d'anni fa, e che ha finito, checchè se ne dica, con il conquistare la leadership dell'informazione via etere a Reggio, provincia, ed anche fuori regione, non posso fare a meno di elaborare il mio pensiero.
Quello che Lamberti ha lanciato mi è parso un appello sincero, anche se non credo alla resa, non mi sembra nel suo stile: nella voragine senza fondo della sanità calabrese, che, governo dopo governo, ha accumulato debiti spaventosi, rischia di finire l'istituto De Blasi, un centro diagnostico d'eccellenza, e lo dico per esperienza personale, che non ha nulla da invidiare a strutture simili a Roma, che pure conosco, e altrove.
Ma nel baratro rischia di finire anche un altro "gioiello" caro al medico-editore, che vi ha investito risorse personali, senza "aiutini" della classe politica locale, sempre più inquinata e autoreferenziale. Si tratta di Reggio Tv, che da qualche tempo trasmette da una sede di prestigio, nata tra mille difficoltà, presso Campo Calabro. Se la sventurata ipotesi d'una chiusura dell'istituto che Lamberti dirige, e che ne ha fatto un modello d'efficienza e autorevolezza scientifica, dovesse prendere corpo, sarebbe la città a prendersi un altro sonoro ceffone in pieno viso, non bastassero quelli degli ultimi tempi (vedi inchiesta de l'Espresso).
Ai reggini verrebbero preclusi due diritti sanciti dalla Costituzione repubblicana, quello alla salute e quello all'informazione, ultimo presidio d'una libertà che vede i suoi spazi sempre più ristretti.
Così facendo, si farebbe un grosso favore a chi, operando nelle testate quotidiane e televisive, sfrutta le  posizioni di potere, per sistemare figli e compari e ragazze di coscia lunga, per dirla con Giampaolo Pansa.
Ai lavoratori dell'istituto De Blasi la mia solidarietà più sentita, ai colleghi di Reggio Tv l'invito a mobilitarsi con tutte le forze, spegnere le luci in questo momento sarebbe fatale per il pluralismo e la stessa libertà di stampa.
Per quanto mi riguarda, anche stavolta, andrò a fare le mie analisi di routine nella magnifica struttura del dottor Lamberti Castronuovo, con o senza impegnativa, non m'importa. Con la speranza che chi finora ha fatto finta di non sentire, apra finalmente le orecchie e impedisca questa ennesima vergogna. 

17/09/10

QUEL POMERIGGIO D'AUTUNNO IN VIA VENETO, SI', IO MI RICORDO, CARO PIETRO

L'ultima volta che l'ho visto, qualche mese fa a Roma, stava andando a spasso con i suoi amati cani e faceva un pò di fatica nel trattenerli, il male aveva lasciato sul suo viso segni indelebili, ma il sorriso era quello di sempre, gli occhi s'illuminavano quando incontrava un amico e si sedeva accanto a lui su una panchina di Villa Borghese, quello che scherzosamente chiamava il suo nuovo ufficio.
Anche io, da quando vivo nella Capitale, con altri amici emigrati di lusso, come amiamo definirci, ci siamo scelti un luogo per ritrovarci, quasi ogni giorno, nel centro, a pochi passi da Montecitorio. Non mi sono voluto accodare al coro delle rievocazioni e dei necrologi, più o meno sentiti, che hanno inondato giornali e tv dopo la scomparsa di Pietro Calabrese, che avevo conosciuto, ormai tantissimi anni fa, agli esami per diventare giornalisti professionisti, eravamo pochi, in quella sessione autunnale del 1974: avendo i cognomi che cominciavano con la stessa lettera, capitammo vicini, nell'aula allestita nei pressi della stazione Termini.
Ero seduto tra due che sarebbero diventati entrambi direttori del Messaggero, Pietro Calabrese e Mario Pendinelli, ma c'erano anche altri colleghi destinati a brillanti carriere: io e Francesco Faranda arrivavamo dal Sud, praticanti del Giornale di Calabria, il quotidiano attorno al quale si stava formando una nuova classe di giornalisti.
Con Pietro Calabrese scambiammo le impressioni, una volta consegnato il compito, lui ovviamente si buttò sulla politica, io scelsi la cronaca, che mi avrebbe accompagnato per tutta la mia vita professionale.
Il presidente della commissione era un giurista di chiara fama, il calabrese Cesare Ruperto, che sarebbe diventato presidente della Corte Costituzionale, segretario Giuseppe Morello, di origini bagnaresi. Con Calabrese ci ritrovammo agli orali, un magnifico pomeriggio di novembre, lungo via Veneto gli strilloni vendevano il Momento-Sera che annunciava la morte di Vittorio De Sica, allegri per aver superato la prova, andammo a prendere un caffè, assieme ad altri candidati, poi io e Pietro ci accomodammo sulla sedia d'un lustrascarpe (al tempo ce n'erano ancora in attività) con tra le mani il sospirato certificato, da quel momento eravamo professionisti.
Negli anni è capitato pochissime volte d'incontrarci, ma da qualche tempo, da quando aveva preso a pubblicare ogni mese su Prima Comunicazione la sua splendida rubrica, dal titolo "Si, io mi ricordo" era come se tra noi si fosse stabilito un contatto quasi fisico, le affinità elettive esistono, eccome.
Ora che Pietro mi ha fatto la "sorpresa" di andarsene, me lo immagino a passeggio tra le nuvole coi suoi cani, alla ricerca dei tramonti siciliani che tanto lo ispiravano. Sì, io mi ricordo di quel pomeriggio romano, caro Pietro, una delle cose più belle della mia vita.  

14/09/10

QUEL COLPO DI PISTOLA NEL CALDO POMERIGGIO DI LUGLIO, MA PERCHE'?

Il luogo dove Quattrone ha messo in atto il suo gesto disperato
Il rumore del colpo di rivoltella, sparato all'interno di un'auto ferma sotto un ponte della ferrovia, lungo il greto del torrente, tra cumuli di rifiuti e sterpaglie, non lo sentì nessuno, quel torrido pomeriggio del 22 luglio, presso Condofuri.
Paolo Quattrone, il massimo responsabile delle carceri calabresi, aveva deciso di chiudere con la vita lasciando dietro di sè una scia angosciosa di mistero, tanti perchè, anche a distanza di tempo, rimangono senza risposta.
Una morte coperta dal silenzio come se si fosse voluto, in tutta fretta, rimuovere il ricordo, cancellare la figura d'un uomo che pure, per tanti anni, aveva servito lo Stato, con coraggio, senza piegarsi a minacce anche gravi. Nella prigione reggina di via San Pietro, tra i boss della 'ndrangheta abituati a comandare anche là dentro, era riuscito ad imporre il rispetto delle regole, e gliela avevano fatta pagare con la "solita" bomba d'avvertimento, spesso il sistema più efficace per togliersi dai piedi personaggi scomodi.
Finito il momento del dolore, del rimpianto per chi lo aveva avuto amico, tutto è tornato come prima, una grigia cortina d'indifferenza è calata attorno alla sua famiglia.
Sono stati in pochi, quelli che veramente lo amavano e lo stimavano, a prendere posizione, a porre qualche interrogativo, anche l'inchiesta giudiziaria (atto dovuto) non pare abbia imboccato una direzione precisa.
Se Paolo Quattrone è arrivato alla conclusione più estrema, tra angosce e delusioni, ci sarà stato un motivo, possibile che nessuno si sia accorto del suo stato di disagio e abbia sentito il dovere di stargli vicino?. Questo, lo si sa di certo, non è accaduto, l'alto funzionario che aveva sulle sue spalle enormi responsabilità, era stato trattato alla stregua di un qualsiasi malversatore, ce ne sono a iosa in questa nostra terra, e vanno in giro tranquilli.
Quando neppure la Fede riesce a sostenerti, e Paolo Quattrone era un cristiano convinto, significa che il mondo che ti eri costruito in anni e anni di lavoro e sacrifici, comincia ad apparirti diverso, impossibile, ingiusto.
E allora quella pistola nel cassetto resta l'unica soluzione, nel caldo pomeriggio di luglio, senza che qualcuno possa vederti, laggiù nella fiumara assolata.
Chi ne ha pianto la tragica scomparsa continua a chiedersi, come una litania: ma perchè?. Ma sa già che non otterrà forse una risposta. Mai.

08/09/10

DI RIFFE O DI RAFFA LA GIUNTA C'E', TANTO RUMORE PER NULLA

Due mesi di paralisi amministrativa per partorire, dopo un lungo travaglio (ci si perdoni il termine...ginecologico) la giunta Raffa quasi fotocopia di quella che per anni ha amministrato (benissimo, a sentir loro), malissimo, a sentire gli oppositori (pochi per la verità e mal organizzati) una città che mostra ancora intatti segni evidenti di degrado e dell'infiltrazione delle cosche in tutti i settori.
Non ci voleva certo l'inchiesta de l'Espresso per richiamarlo alla nostra memoria, ma in questi giorni travagliati, caratterizzati dalla lotta intestina tra esponenti del partito uscito trionfante dalle ultime amministrative, se n'è avuta la misura esatta.
Raffa sindaco facente funzioni, riuscirà a far....funzionare questa Giunta rivoluzionata nelle attribuzioni del potere più che negli uomini, anche se solo pochi mesi ci separano dalle elezioni?.I dubbi degli osservatori e miei personali sono fondati, anche perchè la gestione della crisi ha mostrato i limiti degli uomini che sono stati messi alla guida dei partiti, ivi compresa l'opposizione che non riesce neppure a decidersi se fare quadrato attorno all'indomito Massimo Canale, al momento unico aspirante a succedere a Scopelliti.
Il finiano Gatto è stato accontentato dandogli la poltrona assessorile, sfilata da sotto il sedere a Suraci e alla Freno. Non essendoci un euro nelle casse comunali, se i dati forniti da l'Espresso sono veri, non si può certo pensare a grandi eventi, per cui un assessore al ramo è diventato inutile.
La campagna elettorale è già in corso, qualcuno, come l'amico Guido Leone, è già uscito allo scoperto, scegliendo l'Udc, lui che viene da una lunghissima milizia democristiana e che ha già tentato in passato l'avventura elettorale. Ma saranno capaci i partiti di scegliere la strada d'un reale rinnovamento, puntando su energie fresche, giovani validi, esponenti dell'associazionismo e della cooperazione, lasciando dietro la porta i mestieranti della politica, pronti a cambiare bandiera appena il vento cambia?. Me lo auguro di cuore.
Intanto, per qualche giorno, grazie alla nostra Patrona che ci regala momenti di riflessione e di preghiera, godiamoci la tregua tra i "lupi" della politica che, dalle loro lussuose case nel centro di Roma, pretendono di dettare legge, ancora una volta di trattarci come coloni.

05/09/10

PIOVE FANGO SULLA CITTA' MA NON E' SOLO COLPA DELLA PIOGGIA

Piove fango sulla città, dalle colonne di un autorevole settimanale emblema di quella sinistra che Montanelli definiva radical chic, montagne di fango si formano in tutti i quartieri dopo un'ora di pioggia violentissima, un vero uragano, ma quello che succede dopo è un film già visto tante volte. L'incuria, la mancanza d'una rete di smaltimento delle acque burocraticamente definite meteoriche, l'assenza di manutenzione, lavori lasciati a metà, buche non coperte da anni, ed è il disastro.
Ma ai reggini è bastato avere le feste, le sfilate di veline e tronisti, le costosissime mostre allestite dall'assessoressa sempre sorridente (ma riusciremo veramente a liberarcene?) la politica fatta da pochi, sempre gli stessi, non importa se il partito è un altro.
Fango dall'Espresso, un servizio scritto da un reggino di nascita, figlio d'un collega col quale ho condiviso la nascita del Giornale di Calabria, ormai 38 anni fa, un articolo choc, è stato definito, per chi non conosce le vicende reggine, credo che il giovane collega, peraltro esperto di economia, si sia documentato seriamente, come è suo costume. Altrimenti, quelli della Scopelliti band, con tanto di fotografo onnipresente, non dovranno far altro che dare querela al prestigioso settimanale caro al grande editore Caracciolo.
Mi è tornato in mente, in questi giorni, un titolo del Quotidiano della Calabria di qualche anno fa, era un articolo firmato dall'allora direttore del giornale cosentino, Ennio Simeone, anche quella volta si parlava di fango, gettato a piene mani su Reggio, dopo che era stata scoperta una cricca nella sanità della quale, purtroppo, faceva parte anche un rappresentante della mia categoria, al tempo vicinissimo all'attuale governatore, si dividevano il sonno, si diceva. Poi è tutto cambiato, chissà perchè.
Stamattina ho "tradito" la mia parrocchia e sono andato a sentir messa alla chiesa di Sant'Elia, a Condera, il parroco è un amico, un prete moderno, coraggioso, don Nuccio Cannizzaro. Qualche giorno fa hanno dato fuoco all'asilo del quartiere, c'è stata solo qualche timida reazione, soltanto don Nuccio ha tuonato contro chi dovrebbe fare e non fa, anche ieri, all'omelia, ha denunciato senza timori come nessuno, sì proprio nessuno, dei sessanta genitori dei bambini frequentanti l'asilo, si sia fatto vivo, dopo l'attentato. Un silenzio agghiacciante, il povero parroco lasciato solo.
La vita continua in città, mentre ognuno s'arrangia come può, lo vedete nella foto scattata dai colleghi di Meteoweb, e cerca di liberarsi dal fango. Con un pò di buona volontà ci riuscirà, ma dell'altro fango a mezzo stampa chi ci libererà?.

02/09/10

LA RIUNIONE DELLA 'NDRANGHETA A POLSI C'E' STATA? LO SAPREMO FORSE PRESTO

Il santuario di Polsi in una immagine dall'elicottero
La tradizionale riunione dei boss della 'ndrangheta a Polsi, dopo la retata dell'operazione Crimine si è tenuta, si terrà, si sta tenendo in queste ore?. A questo interrogativo non è facile dare una risposta: gli investigatori di polizia, carabinieri, persino gli 007 dei servizi segreti, sono mobilitati da giorni, così come è avvenuto lo scorso anno, "occhi" elettronici controllano i movimenti delle migliaia di persone che, incoraggiate anche da un finale di stagione eccezionale, dal punto di vista meteorologico, rinnovano il loro momento di fede e si recano a pregare davanti alla statua della madonna della montagna.
Anche se decine di capi e gregari sono tuttora ospiti delle patrie galere, compreso il Crimine, quell'Oppedisano ai più pressochè sconosciuto, ci saranno nuovi rappresentanti delle famiglie mafiose del Reggino che, usando maggiore prudenza e cambiando i luoghi d'incontro, non lasceranno che scompaia una usanza perpetuata nei decenni, sin dai tempi in cui il mitico maresciallo dei carabinieri Giuseppe Delfino, detto massaru Peppe, inviava i suoi rapporti scritti a mano su quanto nei giorni della festa, accadeva a Polsi.
L'anno scorso, gli uomini delle forze dell'ordine inviati nel cuore dell'Aspromonte, per seguire i movimenti degli 'ndranghetisti provenienti dai vari centri della provincia, non credettero alle loro orecchie quando gli anziani capibastone, che avevano preso in mano le redini delle cosche, per compiere un generale riassetto, che nessuno, visto il loro carisma, avrebbe osato mettere in discussione, ne parlarono liberamente e fu così che venne fatta luce sulla nuova geografia della 'ndrangheta del Reggino.
Una fatale imprudenza, che ha consentito alla magistratura di mettere assieme le tessere d'un vasto mosaico criminale e far scattare l'operazione che ha riportato alla memoria dei cronisti d'una certa età (e ahimè, anche della mia) l'impresa del questore Carmelo Marzano, mandato nel profondo Sud per dare una "mazzata" a coloro che si erano permessi di tentare il sequestro d'un politico.
Al giovane collega che mi pone la fatidica domanda: ma, secondo te, quest'anno, la riunione di Polsi c'è stata?, rispondo senza esitazione sì. Ne avremo, forse, conferma tra qualche tempo, se i segugi di polizia e carabinieri, avranno "fiutato" le tracce di coloro che hanno rimpiazzato gli "amici" carcerati e che da loro, hanno ricevuto gli ordini. 
Una cosa è certa: a Polsi si sono sempre prese decisioni importanti, bisognerà sapere se stavolta prevarrà la linea diciamo moderata, o la belva ferita reagirà alla maniera forte. Auguriamoci che ciò non accada.