Domenico Alvaro, l'anziano boss di Sinopoli è morto nel suo letto a seguito di una grave malattia che gli aveva evitato l'ultima umiliazione delle manette, giorni fa, quando è scattata la maxi retata dell'inchiesta "Crimine".
E così don Mico, come veniva chiamato, ha chiuso la sua esistenza terrena come altri personaggi della vecchia 'ndrangheta, quali i fratelli Girolamo detto Mommo e Giuseppe Piromalli, alias "mussu stortu" Domenico Libri, alleato storico della famiglia De Stefano, il "barone" Vincenzo Macrì, nipote di zi 'Ntoni, assassinato dalle giovani leve all'inizio della prima guerra di mafia negli anni 70. E, più recentemente, Peppantonio Italiano, capo del locale di Delianuova, Peppino Pesce, incontrastato boss rosarnese, l'elenco potrebbe essere più lungo.
Con la scomparsa dell'ultra ottantenne Alvaro si chiude un'epoca. Lui, era diverso dagli altri veterani della 'ndrangheta finiti nelle maglie della recente operazione dopo una lunga indagine che ha permesso di individuare obiettivi e ripartizione del potere dopo la conclusione del conflitto tra le cosche reggine che ha provocato in cinque anni circa settecento vittime.
Se quella assurda guerra ebbe fine, infatti, lo si deve a don Mico, uomo di pochissime parole e di molti silenzi, che riuscì a mettere attorno a un tavolo i capi delle famiglie in lotta ed a convincere coloro che, fino a poche ore prima, non avevano esitato a seminare sangue e terrore, a mettere da parte ogni rancore e siglare un "armistizio" che ancora regge.
Il suo eccezionale carisma aveva portato in Calabria, quali "testimonial" dell'accordo, pezzi da novanta di Cosa Nostra e della mafia americana, di fronte ai quali i capi cosca tra loro rivali, abbassarono il capo e accettarono le regole. Da un giorno all'altro, si smise di sparare.
Forse, per favorire la pace, ma questo ancora non è stato provato, ci fu anche l'intervento di personaggi della cosiddetta zona grigia, politici, imprenditori, gente non organica alla 'ndrangheta ma ugualmente da essa dipendente.
Ammalato, piegato da anni di carcere, Domenico Alvaro si è visto pian piano privato dei beni, mentre suoi congiunti e gli affiliati ad uno ad uno finivano in prigione. Scampato alle guerre, sapeva che non avrebbe trascorso questi anni di vecchiaia in tranquillità, ma il male se lo è portato via. Un re che, senza aver mai regnato al di fuori del suo paese, ha avuto un prestigio solo a pochissimi riservato: i segreti di quella che una volta era chiamata onorata società se li è portati con lui.
Nella foto, l'attuale capo della 'ndrangheta reggina Domenico Oppedisano
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