29/06/10
L'ULTIMO TRAGICO VOLO DEL "GUERRIERO" TARICONE
La tragica fine del “guerriero” Taricone ha colpito particolarmente l’opinione pubblica. A Roma la ricorrenza dei Santi Pietro e Paolo viene festeggiata solennemente, la città è deserta, tutta a disposizione dei turisti d’ogni nazionalità che sciamano lungo le vie della città eterna.
Di Pietro Taricone si parla un po’ dovunque, il sentimento di commozione tra le gente che affolla i pochi locali aperti è sincero, il personaggio, venuto alla ribalta giusto dieci anni fa, nella prima edizione del Grande Fratello, era risultato subito simpatico, per la sua genuinità, per certi discorsi a sfondo sociale che erano sembrati inconsueti.
Poi, la love story con la bagnina bresciana Cristina Plevani, finita, come quasi tutte quelle nate tra le mura super spiate della casa. Pietro aveva mostrato a tutti che non era solo muscoli e sbruffoneria, dopo un periodo passato a far serate in discoteca, guadagnando somme notevoli (lui stesso, in una intervista, ammise di aver dilapidato un miliardo delle defunte lire) si mise a studiare, voleva diventare attore, e ci è riuscito.
Accolto dai critici con una comprensibile diffidenza, Taricone, che aveva anche smesso di correre dietro alle gonnelle, intrecciando una stabile relazione con una giovane e brava attrice, la Smutniak, che lo ha reso padre d’una bimba, si è imposto sia sul piccolo schermo, con alcune fortunate fiction, che al cinema.
La sua natura di “guerriero”, un soprannome che gli si attagliava, lo portava a cercare emozioni forti, e le trovava lanciandosi col paracadute, un’esperienza che soltanto chi non l’ha provata può ritenere estrema, e basta.
Non è così: lanciarsi nel vuoto da migliaia di metri, rivivendo quello che fu il sogno di Icaro, rappresenta qualcosa di straordinario, una prova non soltanto di coraggio, l’eterna sfida dell’uomo alle insidie della natura.
Le ali di Pietro Taricone si sono spezzate al suolo, ha cercato, come un airone ferito di riprendere il volo, senza riuscirci, prima di cedere al sonno senza risveglio ha rivolto lo sguardo al cielo azzurrissimo, poi solo il buio. Non tocca a noi andare alla ricerca delle responsabilità, altri dovranno farlo, ammesso che serva a qualcosa. La morte del “guerriero” casertano serva da monito a quei giovani che si misurano in uno sport tanto affascinante quanto pericoloso come il paracadutismo, appeso a quell’ombrello di seta ogni errore può essere fatale.
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