Non sappiamo ancora, e speriamo di saperlo presto, se mandanti ed esecutori materiali dell'omicidio del giudice di Cassazione Antonino Scopelliti saranno scoperti e, possibilmente, assicurati alla giustizia, dopo tanti anni dall'atroce fatto di sangue che tanto turbò l'opinione pubblica ma che troppo presto fu archiviato.
Una cosa, però, la sappiamo: c'è del nuovo, da qualche tempo, in Procura dove, anche dopo la partenza di Giuseppe Pignatone, nulla è cambiato sul piano dell'impegno e dove, come si suol dire, le carte "camminano" senza fermarsi per lunghe soste in polverosi armadi.
Sono i giorni, questi, del ricordo e del rimpianto, ma sono anche quelli che vedono salire in cattedra i soliti commentatori che fanno del moralismo un tanto al chilo, come era solito dire Enzo Biagi. Non fare calare la coltre di silenzio su un delitto eccellente che chiuse i terribili anni della guerra di mafia, è cosa buona e giusta e bene fanno la figlia del magistrato ucciso, che mi auguro non abbia velleità politiche, come altri congiunti di morti per mafia o terrorismo, e i ragazzi di Ammazzateci tutti, scuotendo le coscienze dei cittadini.
Condivido pienamente la decisione di tener lontani dalle manifestazioni pubbliche i politici, che volentieri avrebbero approfittato con il Ferragosto incombente e le cronache dei giornali piuttosto anemiche per ottenere spazi e, possibilmente, qualche sorridente immagine.
Ci saremmo trovati davanti la solita passerella (qualcuno ci sta provando ugualmente) di personaggi che, stando ai si dice, ai sussurri, alle mezze verità, qualche scheletruccio negli armadi, per via di parentele, amicizie e baci in pubblico ce l'avrebbero.
Questo scorcio d'estate ci ha per fortuna risparmiato le "esibizioni" di un noto magistrato collezionista di presenze a convegni, dibattiti, incontri, premi d'igni genere, evidentemente ha altro cui pensare, i nodi, nella vita come nel mestiere di ognuno di noi, prima o poi vengono al pettine.
Quello che assolutamente non riesco a digerire è la presenza asfissiante di autentici professionisti di quell'antimafia a pagamento che lo stesso Nino Scopelliti, il cui pensiero ho avuto la fortuna di poter conoscere in varie occasioni, certamente avrebbe condannato, se quella scarica di pallettoni non lo avesse fulminato a pochi passi da casa, nella terra che tanto amava.
E' l'antimafia da salotto, che produce notorietà e anche guadagni e costruisce carriere che altrimenti non sarebbero mai decollate, è questo un pericolo serio per la società che rischia di confondere l'impegno vero nella lotta alle cosche, anche a rischio della vita, con desolanti spettacoli di piazza con pubblico non pagante.
Scopelliti è morto per lo Stato, finora siamo in debito con lui e con tutti coloro che lo amarono e lo stimarono, vorremmo conoscere la verità, quella vera, anche per togliere un pò d'acqua alla vasca delle ovvietà in cui nuotano i professionisti dell'antimafia. Sciascia non aveva inventato nulla.
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