Totò La Tella |
Franco Quattrone |
Gli affezionati lettori del mio blog mi perdoneranno questo lungo...silenzio, anche se hanno potuto seguirmi su Facebook, ma gli impegni romani mi hanno costretto a trascurare quella che ritengo una mia creatura, cui sono estremamente legato.
Tornato a Reggio in occasione della commemorazione dei defunti, e proprio pochi giorni dopo il terremoto che ha investito la città, con lo scioglimento del consiglio comunale, sono stato raggiunto da due tristi notizie, la scomparsa di Antonio La Tella, Totò per gli amici (pochi, quelli che gli erano rimasti fedeli) e di Francesco Quattrone, politico di prima grandezza, fino a qualche anno fa, stroncato dalla malattia che lo angustiava da tempo e che lo costringeva a brevi passeggiate sul Lungomare, con la maschera dell'ossigeno.
La città perde due figure importanti, seppure in campi diversi, ma non troppo. Totò era un personaggio carismatico, dal carattere piuttosto spigoloso, un autodidatta di grande cultura, polemista d'alto livello, catalizzatore della politica locale, capace di creare e distruggere, facendoli cadere come birilli, politici anche nazionali.
Nella redazione de Il Tempo, prima che la chiudessero, quando in Calabria la nascita di nuovi giornali aveva penalizzato il quotidiano romano, che sul piano della tempestività e della distribuzione non era più in grado di competere, si facevano e disfacevano le Giunte, si stringevano alleanze, si decidevano le candidature. Totò era al centro di un sistema che governava (male) Reggio e che nei primi anni Novanta aveva finito con il travolgerlo, quando venne alla luce quella che non esitai a definire, dalle colonne del giornale per il quale al tempo lavoravo, la "Tangentopoli stracciona".
Totò La Tella aveva deciso di vivere in periferia, vedendo pochissime persone, telefonando a qualcuno, mentre vedeva allontanarsi dalla sua persona quel "cerchio magico", tanto per usare un termine di moda, che lo aveva visto protagonista, osannato, addirittura coccolato. In tardissima età si era avvicinato al sindacato dei giornalisti, salvo poi rompere fragorosamente il rapporto che si era creato con Carlo Parisi in particolare.
Una morte solitaria, in un certo senso preannunciata sul blog che aveva aperto e che ci ha regalato, fino a pochi giorni prima del trapasso, i suoi soliti pezzi di costume, freschi, brillanti, come quelli degli anni migliori.
Franco Quattrone ha sofferto molto negli ultimi anni, e non soltanto per la malattia, coinvolto in pesanti inchieste giudiziarie, ha patito l'umiliazione del carcere, lo stress dei processi, e la salute non poteva non risentirne.
Considerato l'astro nascente della Dc reggina, era riuscito a ritagliarsi uno spazio a livello nazionale, legandosi inizialmente alla corrente andreottiana, per poi passare tra gli amici di Enzo Scotti. Leader come Misasi, De Mita, Fanfani, lo apprezzavano, l'elettorato si divise quando comparve sulla scena Lodovico Ligato, destinato ad una tragica fine. E proprio per l'omicidio Ligato, Franco Quattrone fu indagato, incarcerato assieme ad altri big della politica cittadina, Giovanni Palamara, Giuseppe Nicolò, Piero Battaglia, sulla parola di cosiddetti pentiti, il cui "verbo" in quegli anni diede la stura ad inchieste con decine e decine di arresti. Quattrone è uscito indenne sia da quell'accusa terribile, che dalla Tangentopoli, scoppiata dopo le rivelazioni di un giovane sindaco, Agatino Licandro, che aveva svelato i meccanismi di un "modello Reggio" ante litteram, poi risoltosi in una colossale bolla di sapone.
Se ne sono andati due personaggi della Reggio che ha poi seguito altri modelli che non so dove ci porteranno, tra disordine e sporcizia, col vessillo di palazzo San Giorgio ammainato e l'incubo di uno spaventoso dissesto di cui qualcuno dovrà rispondere. La Tella e Quattrone, tutto sommato, rappresentavano un mondo migliore. Che riposino in pace.
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