
Il caso Marrazzo torna in questi giorni sulle prime pagine dei giornali che, in verità, avevano fatto calare una sorta di cortina del silenzio dopo le misteriosi morti dello spacciatore-confidente Cafasso e del trans Brenda.
Anzi, era iniziata una operazione-recupero dell'immagine dell'ex governatore, fotografato sorridente, con tanto di scorta, assieme ad una delle sue figlie e si era parlato con una certa insistenza del rientro in Rai dopo una lunghissima aspettativa.
In Italia, si sa, attorno a certi personaggi, pur se coinvolti in storie non proprio pulite (meglio ancora se ospiti per qualche tempo delle patrie galere) scatta una specie di "perdonanza" e talvolta c'è chi si avvantaggia di questo status, fino a trarne anche benefici di carriera.
E' successo per altri giornalisti (clamoroso il caso Farina, la spia chiamata in codice Betulla), anche in ambito diciamo nostrano c'è qualche episodio: il ritorno in pista c'è stato e, come se niente fosse accaduto, continuano a pontificare e a fare del moralismo a buon prezzo.
Ora che si parli di Marrazzo inviato in una sede estera, o addirittura come conduttore di un programma su Rai 3, ci sembra eccessivo, il consiglio d'amministrazione e i direttori di rete dovrebbero tenere conto che il personaggio non rappresenta certamente il meglio del giornalismo ed è un esempio negativo soprattutto per i giovani. C'è chi dice che la vita privata non deve essere confusa con quella professionale, ma c'è un limite a tutto. Si vuole continuare a pagare uno stipendio a Marrazzo, con i soldi dei contribuenti, lo facciano pure, ma ci risparmino il suo sguardo strabico e il sorrisetto dai teleschermi.
Nella foto. Marrazzo il giorno del suo secondo matrimonio
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