20/04/10

DA ROMANISTA DICO A FRANCESCO TOTTI: NON FARLO PIU'


Ventimila euro di multa, per uno come Francesco Totti, che guadagna parecchi milioni l'anno, sono una bazzecola.
Il "pollice verso" retaggio degli antichi romani impegnati nel Colosseo a decidere della vita o della morte dei poveri cristiani gettati in pasto alle belve feroci, è stato sanzionato, ma sarebbero stati molti, me compreso, se a Totti fosse stata affibbiata una bella squalifica che gli servisse da lezione per i futuri...derby.
La Roma è la mia squadra del cuore, sin da bambino, e quest'anno lo è ancor di più, anche perchè mi sta ripagando delle delusioni che la Reggina, ha regalato ai suoi tifosi.
Il derby è un'occasione da almeno una volta nella vita e, da quando sono andato a vivere nella Capitale, cerco di non perdermelo, l'atmosfera è diversa, anche rispetto agli altri incontri cosiddetti di cartello.
Non trovo alcun tipo di giustificazione per quanto è accaduto a fine partita, durante i festeggiamenti, con i giocatori, Totti in testa, che hanno offerto uno spettacolo sgradevole, dando un esempio negativo e solo la massiccia presenza delle forze dell'ordine e il buonsenso di molti hanno impedito il verificarsi di incidenti ben più gravi.
Totti la bandiera, il capitano, l'idolo, il simpatico protagonista, finto tonto, come l'ha definito Aldo Grasso sul Corriere della Sera, di spot pubblicitari, ha macchiato la sua immagine con un comportamente assai fuori dalle righe, scatenando le proteste del popolo laziale, che non meritava una simile mortificazione anche se a titolo di sfottò.
Totti è recidivo, si ricorderà infatti la maglietta con la scritta provocatoria di qualche anno fa, e fu anche allora violenta rissa come l'immagine che correda il pezzo testimonia.
Francesco, ti prego, anche a nome di tanti tifosi giallorossi che aspettano il sospirato scudetto, non farlo più anche se, forse, il derby con la Lazio, se continua così, l'altr'anno non ci sarà.

07/04/10

STRAGE DI RAZZA': RESTA IL MISTERO SU CHI FOSSE MISTER X


Il giorno della strage di contrada Razzà, nel fitto d'un agrumeto a qualche chilometro da Taurianova, non ero in Calabria, stavo rientrando assieme a mia moglie e al mio primo figlio dalla Toscana.
Da una stazione di servizio chiamai la redazione del Giornale di Calabria dove lavoravo da qualche anno e, trovandomi nei pressi di Cosenza, interruppi il viaggio di ritorno a Piano Lago, dov'era la sede centrale del giornale, nato nel 1972 per volontà di Giacomo Mancini, il "califfo" socialista uno dei "signori" della politica calabrese.
Anche se dal punto di vista giudiziario la vicenda è da tempo chiusa, con la condanna dei responsabili dell'efferata esecuzione dei due eroici carabinieri Stefano Condello e Vincenzo Caruso (caduti assieme a due appartenenti alla temibile cosca degli Avignone) non è mai stato chiarito il mistero su chi fosse il personaggio al quale i partecipanti al summit mafioso avevano riservato l'unica sedia nella angusta casupola, tutti gli altri sedevano sulle cassette adoperate per la raccolta delle arance.
Il caso tenne desta l'opinione pubblica non soltanto calabrese per mesi e mesi: ad un anno dalla strage, mentre in Assise, a Palmi, veniva celebrato il processo ai responsabili identificati grazie ad un lavoro investigativo coordinato dall'allora giovanissimo sostituto Salvatore Boemi, la Corte ritenne di effettuare, presenti alcuni degli imputati, un sopralluogo nella zona in cui, il pomeriggio del primo aprile, una tiepida giornata di primavera, tre militari del Radiomobile di Taurianova, Caruso, Condello e Pasquale Giacoppo, scampato alla morte perchè rimasto nell'auto di servizio, fecero irruzione nella casetta colonica.
Il militare sfuggito per pura fatalità all'eccidio, rievocò, tra la commozione dei presenti, i terribili momenti della sparatoria, della fuga disordinata dei mafiosi che stavano partecipando ad una riunione che, si disse, sarebbe servita ad "organizzare" la partecipazione delle famiglie ndranghetiste dominanti agli appalti per i lavori pubblici da effettuare nella zona.
Giacoppo, visti i quattro cadaveri, corse in caserma (la radio non funzionava bene e, allora, i cellulari non c'erano) e chiese aiuto: Condello e Caruso avevano le divise strappate, avevano lottato fino allo stremo per disarmare e fare fuoco contro alcuni dei criminali che, per tutta risposta, gli scaricarono contro le armi.
Bisognava "coprire" il misterioso mister X in onore del quale la riunione era stata organizzata. Dopo una serie di accertamenti e dopo la testimonianza d'un benzinaio conosciuto col soprannome di Calimero (il pulcino d'uno slogan pubblicitario in voga al tempo) finì sotto processo il potente direttore dell'Area di Sviluppo Industriale, Renato Montagnese, esponente di spicco della Dc, scagionato dopo una tormentata istruttoria condotta da un magistrato reggino in servizio a Palmi, Augusto Di Marco, scomparso qualche anno fa.
E' rimasta avvolta nel mistero la figura del "presidente" del summit, resta la sentenza dei giudici palmesi raccolta in un prezioso volume curato dal giudice Saverio Mannino con la prefazione di Luigi Malafarina.
L'esempio del sacrificio dei carabinieri medaglie d'oro Caruso e Condello viene offerto a chi intraprende la carriera nell'Arma scegliendo di mettersi al servizio dello Stato senza riserve, senza rinunciare al sacrificio, anche a quello della vita, come fecero i nostri due eroi, un pomeriggio d'aprile nell'aranceto di Razzà.

Nella foto, i funerali di Stato ai carabinieri uccisi a Razzà

06/04/10

A UN ANNO DAL TERREMOTO IL MIRACOLO DI RADIO ROCK CONTINUA


E' passato un anno, ma quella notte non potrò certo dimenticarla: tutta Roma tremò per le scosse che stavano devastando l'Aquila, un terremoto disastroso le cui ferite sono ancora presenti, nonostante la ricostruzione sia partita celermente, come mai nel passato d'una Italia terra ballerina.
Mentre nella antica città abruzzese le case crollavano inghiottendo i morti a decine, nella Capitale, ai piani alti, il sisma venne avvertito al punto da gettare tutti dal letto e, in men che non si dica, strade e piazze si riempirono.
Le notizie, sui canali televisivi, tranne quelli a pagamento, arrivavano col contagocce, ma ci fu un'emittente che, nel silenzio generale, tenne informati quelli che, come me, erano sintonizzati sulle frequenze di Radio Rock.
Che notte, quella notte: i due giovani conduttori improvvisarono una straordinaria diretta, dando voce alle tante persone, specialmente quelle anziane e sole, che chiedevano soltanto di poter parlare con qualcuno, di condividere i momenti d'angoscia, di avere un pò di conforto.
La notte di Radio Rock: ne scrissi su questo blog e fu un diluvio di "visite" e di mail, non me l'aspettavo, il pezzo fu letto e riletto durante le ore successive, capisci, in questi momenti, che questo mestiere, a volte, vale la pena di averlo scelto come compagno di vita, di tutta una vita. Il miracolo di Radio Rock continua ancora.

03/04/10

MARRAZZO DI NUOVO IN TV, UN ESEMPIO NEGATIVO


Il caso Marrazzo torna in questi giorni sulle prime pagine dei giornali che, in verità, avevano fatto calare una sorta di cortina del silenzio dopo le misteriosi morti dello spacciatore-confidente Cafasso e del trans Brenda.
Anzi, era iniziata una operazione-recupero dell'immagine dell'ex governatore, fotografato sorridente, con tanto di scorta, assieme ad una delle sue figlie e si era parlato con una certa insistenza del rientro in Rai dopo una lunghissima aspettativa.
In Italia, si sa, attorno a certi personaggi, pur se coinvolti in storie non proprio pulite (meglio ancora se ospiti per qualche tempo delle patrie galere) scatta una specie di "perdonanza" e talvolta c'è chi si avvantaggia di questo status, fino a trarne anche benefici di carriera.
E' successo per altri giornalisti (clamoroso il caso Farina, la spia chiamata in codice Betulla), anche in ambito diciamo nostrano c'è qualche episodio: il ritorno in pista c'è stato e, come se niente fosse accaduto, continuano a pontificare e a fare del moralismo a buon prezzo.
Ora che si parli di Marrazzo inviato in una sede estera, o addirittura come conduttore di un programma su Rai 3, ci sembra eccessivo, il consiglio d'amministrazione e i direttori di rete dovrebbero tenere conto che il personaggio non rappresenta certamente il meglio del giornalismo ed è un esempio negativo soprattutto per i giovani. C'è chi dice che la vita privata non deve essere confusa con quella professionale, ma c'è un limite a tutto. Si vuole continuare a pagare uno stipendio a Marrazzo, con i soldi dei contribuenti, lo facciano pure, ma ci risparmino il suo sguardo strabico e il sorrisetto dai teleschermi.

Nella foto. Marrazzo il giorno del suo secondo matrimonio