Una delle opere esposte |
Grande
successo, alla galleria Monogramma di via Margutta, de “La pagina dei giochi”:
è questo il titolo della mostra di Angela Pellicanò, che è stata presentata dal
professor Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Roma.
A
distanza di oltre 70 anni, traendo spunto da riviste originali del periodo
compreso tra il 1936 e il 1945, Angela Pellicanò si proietta nella dimensione
di “cronista diligente” interrogandosi sulla memoria quale condanna dell’uomo.
Una
mostra sul significato della coscienza della storia, per liberarsi dal dogma,
dalla dittatura di un miglioramento senza fine per l’umanità schiavizzata in un
ideale di infinita perfettibilità, non solo nelle capacità e conoscenze, ma
anche nella biologia.
“Una
mostra che vede il ritorno dell’artista alla ritrattistica, - ha sottolineato
il professor Emanuele- poiché ella ha voluto interpretare il delicato quanto
profondo argomento del Ventennio traendo suggestione dalla “figure” che hanno
contraddistinto tale periodo storico, soprattutto nella fase delle trattative
diplomatiche pre belliche. Un’esposizione dedicata alla memoria che, come la
stessa Pellicanò afferma, è insieme condanna e pote nza dell’uomo”.
Da
parte sua, la gallerista Valentina Moncada rileva come “Angela Pellicanò innesca un
meccanismo a comparsa di immagini livide, sepolte sotto il peso del tempo, che
affiorano sorprendentemente l’una dopo l’altra, come pezzi sparsi di uno stesso
mosaico nel tragico carosello della storia bellica del secolo scorso. Evocando
sistemi di propaganda politica dei regimi totalitari, Pellicanò si focalizza
sui personaggi che hanno costruito la propria immagine sul culto di se stessi, ponendosi su un piano ideale quasi
fossero icone divine strategicamente studiate”.
Anche
il critico Jasper Wolf ha affermato che “al pari di quanto teorizzato da Walter
Benjamin, Angela Pellicanò dà valore
alla storia non postulando un ordine di tempo. Nella sua indagine sovverte le
categorie temporali del passato e del presente, compenetrandole. Le libera
dalla cronologia, unendole in una constellazione antitassonomica. Non più un tempo che scorra
omogeneo e vuoto, ma un tempo che in ogni istante è possibile di rendere
giustizia a quel che è stato”.